In Francia le chiamano bavures policières mortelles. In questo sito altermondialista d’Oltralpe si può leggere, ad esempio, che «diciotto decessi che vedono coinvolti dei poliziotti sono stati registrati nel 2012». Tutti i paesi civili conoscono ogni anno i loro casi Davide Bifolco. E spesso sono fattacci che succedono, prevedibilmente, dentro zone di frontiera; e che altrettanto spesso innescano piccoli o meno piccoli tumulti di popolo. L’Italia quindi non è un’eccezione. La particolarità italiana è un’altra. La gente che protesta qui da noi non se la prende tanto coi poliziotti, o con una municipalità, o con un certo atteggiamento giudicato discriminatorio nei suoi confronti; no, da noi i manifestanti se la prendono con lo stato; che in bocca al popolo, naturalmente nemico delle astrazioni, è una parola che suona falsa e libresca. E questo è il frutto di una narrazione, per dirla con Nichi Vendola, o di un indottrinamento politico, per dirla col sottoscritto, che nacque insieme a quell’Italia repubblicana che una mezza Italia antifascista accettò con grandi riserve mentali, considerandola in cuor suo come un interregno che sarebbe finito solo al momento del trionfo di quella democrazia compiuta che avrebbe spazzato via una volta per tutte un potere corrotto e percorso da pulsioni autoritarie. Generazioni di italiani, ormai, sono cresciute nella convinzione, ridicolissima, e perfino metafisica, come ben si addice ad una setta religiosa, che all’origine della democrazia italiana ci sia una qualche tara genetica o un qualche segreto oscuro: tutto un popolo proclive a vedere negli incidenti un manifestarsi – rivelatore – di una natura maligna o, se volete, di un corpo malato. Naturalmente questa fumosa demagogia prêt-à-porter, nota per avere sempre in bocca inflazionate espressioni come strage di stato oppure omicidio di stato, ha servito benissimo gli scopi di chi in realtà non è mai stato interessato a sapere la verità, nel timore che questa verità fosse troppo prosaica e magari assai poco lusinghiera nei propri stessi confronti.
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