La leggenda dell’Ungheria d’oro

Creato il 22 luglio 2012 da Calcioromantico @CalcioRomantico

L’Ungheria d’oro del 1952

Ma chi l’ha detto che a vincere le Olimpiadi sono squadre di poco valore, imbottite di giovani e costruite solo per l’occasione? Certo, fintanto che non c’erano i Mondiali, le nazioni mandavano le nazionali maggiori e non è un caso che gli uruguayani prima di vincere la Coppa Rimet nel 1930 abbiano trionfato nei tornei olimpici del 1924 e del 1928. E se invece scoprissimo che negli anni cinquanta una delle squadre più forti della storia del calcio è passata proprio dalle Olimpiadi prima di tentare l’assalto alla Rimet?

Helsinki 1952. Le Olimpiadi si aprono col leggendario Paavo Nurmi ultimo tedoforo e poi vivono il momento di maggior interesse quando la locomotiva umana, al secolo Emil Zátopek, vince l’oro nella maratona, il terzo dopo quelli in pista sui 5000 m e sui 10000 m. Per nulla scosso dal debutto sulla distanza dei 42.195 metri, il cecoslovacco a fine corsa dichiara di essersi un po’ annoiato.

Le Olimpiadi del calcio vivono invece su una sfida tutta Est tra l’Ungheria e la nazionale jugoslava del portiere Beara e di zio Vujadin Boskov. La squadra ungherese è modellata sulla Honvéd Budapest e allenata da Gusztáv Sebes. I suoi giocatori hanno nomi complessi e ancora sconosciuti come Puskás, Kocsis e Czibor o Bózsik, Lantos e Hidegkuti, ma in campo si trovano a meraviglia e non perdono una partita ufficiale da più di due anni. In finale contro gli slavi vincono 2-0. In gol vanno Puskás e Czibor e per la prima volta una squadra dell’Europa Orientale sale sul gradino più alto alle Olimpiadi.

Puskás segna il terzo gol ungherese

Il mondo si accorge così dell’Aranycsapat, la squadra d’oro. Gli inglesi, che ancora si credono i maestri indiscussi ma che hanno capito che le grandi squadre è meglio affrontarle, lanciano loro la sfida. La partita è in programma il 25 novembre 1953 a Wembley, dove i sudditi di sua maestà non hanno mai perso. La storia racconta che il ct ungherese Sebes, mesi prima della partita, si sia fatto regalare alcuni palloni da Rous, presidente della federcalcio inglese. Il pallone usato a Wembley è infatti diverso da quello a disposizione a Budapest e Sebes lo ha capito una mattina osservando l’allenamento della squadra inglese.
Sarà per questo particolare allenamento col giusto pallone, sarà per l’intercambiabilità dei ruoli dei magiari, sarà per la posizione di Hidegkuti, centravanti arretrato che disorienta tutta la difesa, fatto sta che non c’è partita. Il risultato finale dice 3-6, ma gli ungheresi alzano un po’ il piede nell’ultima mezzora.[1] Un anno dopo la rivincita a Budapest marca ancor maggiormente la differenza: gli inglesi perdono 7-1.

I Mondiali di Svizzera sono alle porte e l’Aranycsapat è pronta a conquistare il mondo, ma una serie di circostanze fortuite e poco chiare negheranno ai magiari la vittoria in quel torneo e la daranno alla Germania Ovest di Fritz Walter. Gli ungheresi non potranno prendersi la rivincita perché l’invasione dei carri sovietici nel 1956 convincerà giocatori simbolo della Honvéd come Puskás, Czibor e Kocsis a non ritornare in Ungheria da una tournée all’estero e a trasferirsi in Spagna alla corte del Real Madrid o del Barcellona. La storia dell’Aranycsapat finisce in quel momento, ma da lì inizia la sua leggenda.

federico

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[1] L’Ungheria a Wembley si schierò così: Grosics; Buzánszky, Lantos; Bozsik, Lóránt, Zakariás; Budai, Kocsis, Hidegkuti, Puskás, Czibor. I gol ungheresi furono messi a segno da Hidegkuti (3), Puskás (2) e Bozsik.
Nella finale olimpica del 1952 la formazione era invece questa: Grosics; Buzánszky, Lantos; Bozsik, Lóránt, Zakariás; Hidegkuti, Kocsis, Palotás, Puskás, Czibor. Quindi, una sola variante: lo spostamento di Hidegkuti al centro aveva consentito a Budai di diventare titolare ai danni di
 Palotás.



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