Lo sport solitamente è un cliché piuttosto usato nel mondo del cinema, come lo è la favola dei vari Davide contro Golia, che si tratti di boxer, squadre di football, squadre di baseball, wrestler, ecc… “La leggenda di Bagger Vance” di Robert Redford tenta invece di occuparsi di golf, o presumibilmente cerca di utilizzare il golf come metafora di vita. La pellicola, che nel cast annovera gente come Matt Damon nel ruolo del protagonista Junuh, Will Smith che interpreta il mistico caddie che dà il nome al film, e Charlize Theron nei panni della bella ereditiera Adele, è ambientata negli anni ’20 e racconta di un fantomatico torneo di golf tra i più grandi giocatori d’America. A dirla così però sembrerebbe ciò che non è realmente, ossia un mero film di sport. Sarebbe invece più corretto dire che il film usa il golf come sfondo per parlare del giovane Junuh, passato dalla bellezza di una vita fatta di successo personale, di orgoglio nazionale, di amore e rispetto, alla bruttezza della prima guerra mondiale, ai suoi orrori, ai compagni morti durante gli scontri. E una volta terminata la guerra, Junuh non sarà più lo stesso, non avrà più voglia di vivere, si abbandonerà all’alcol, vivrà senza più speranze, finchè grazie appunto ad Adele e Bagger Vance, non ritroverà il significato della vita stessa. Premesso che non si tratta di un tema totalmente nuovo nel mondo del cinema, si pensi a “The wrestler” di Aronofsky (nella misura in cui il protagonista solo attraverso lo sport si sente vivo), o a “Il campione” di Zeffirelli, la pellicola di Robert Redford riesce comunque ad incidere e soprattutto a trasmettere un messaggio colmo di speranza. Di certo sarà opinabile se paragonata a certe dure realtà, ma in fondo il compito del cinema dev’essere anche quello di far sognare, ed in questo “La leggenda di Bagger Vance” riesce nel suo intento. Junuh è l’eroe nel senso più classico del termine, che non ha forze sovrumane e non vola, ma ha in sè virtù importanti come l’onestà, il coraggio, la voglia di non mollare davanti alle avversità. Junuh è l’eroe che ognuno di noi vorrebbe essere, e diventa così il simbolo della sua cittadina ma anche di tutti gli spettatori ingarbugliati nelle proprie vite, come emblema della rinascita. Il film usa i tee (i supporti che si inseriscono nel terreno) e le palline come rappresentazione dei problemi e delle difficoltà da scacciare via; il campo come metafora di una vita che avrà diversi ostacoli ma che deve essere vissuta al pieno delle proprie facoltà; le mazze come proiezione della rivalsa per scacciare i fallimenti e le delusioni; ed infine “lo swing della vita“, che è la forza interiore di ognuno di noi. Così Robert Redford ci dimostra tutta la sua saggezza e la sua bravura, sfornando davvero un film che lascerà il segno nello spettatore.
Una parentesi a parte merita Bagger Vance, caddie venuto dal nulla e che sparisce nel nulla, quasi fosse un angelo venuto per risollevare le sorti del buon Junuh. Come in “Angels“, commediuola infantile con Danny Glover, anche qui l’illuminazione, o la vittoria, arriva attraverso un aiuto divino, in questo caso “incarnato” in Bagger Vance. Probabilmente anche questa scelta mistica nasconde, neanche troppo velatamente, un messaggio legato alla spiritualità personale onnipresente, anche quando non lo vogliamo e non ce ne accorgiamo. Tuttavia questo misticismo finisce con lo stonare con il messaggio di speranza relegando il film nello scatolone delle leggende (in fondo lo dice anche il titolo) che non vogliono illudere, nè tantomeno trasmettere impossibili messaggi di speranza, ma vogliono solo raccontare due ore di pura fantasia. In questa situazione ambigua, tra il simbolismo sportivo e la spiritualità mistica, il film si gioca le sue carte esaltando la soggettività di chi il film lo sta guardando: esistono tanti punti di vista, tanti messaggi decifrabili e molte interpretazioni che si possono dare, ma di sicuro c’è che “La leggenda di Bagger Vance” non passerà inosservato. E magari qualcuno, appena spenta la tv, inizierà a cercare lo swing della vita, senza arrendersi alle difficoltà.
Voto 7,5/10