All’inizio del mondo, quando ancora le nubi del caos avvolgevano il globo appena creato, alcune lacrime di Venere cadendo dall’Eden fecondarono la terra fertile, laddove la spuma bianca del mare lambisce la rena baciata dal sole, dove anche l’orgoglioso dio dell’amore lasciò un dì la sua indelebile impronta e un’impertinente brezza cullò per tutta la notte quel misterioso seme nel suo grembo.
I primi timidi raggi d’un giovane sole carezzavano la bianca rena, che come un bimbo protrae le sue braccia verso sua madre, una giovane pianta dai morbidi germogli ancora vellutati, già carichi di una dolce fragranza inondava l’aria d’intorno. Così sfiorando languidamente quelle fragili gemme, si potevano scorgere semi-nascosti dal verde fogliame, dei piccoli frutti dai variegati colori, che già emanavano effluvi delicati.
Profumi che a contatto con l’aria frizzante del mattino generò le tre virtù.La prima a nascere fu la grazia, bellezza e armonia vennero al mondo subito dopo.
Sul calare della notte un’altra creatura venuta da molto lontano, volle riposarsi sotto quella pianta, ma subito fu attratta dai quei dolci profumi e volle cibarsi di quei frutti invitanti, dopo di che, di colpo si addormentò.
Quando le luci dell’alba destarono la creatura, si accorse che dei dolci mutamenti erano avvenuti in lei, così corse a specchiarsi nelle limpide acque del mare che ne riflessero un’immagine divina, e così nacque la leggenda che vuole come sia nata la donna; così da una lacrima di Venere fecondata dalla spuma del mare, saziata dalle virtù, scolpita dalla brezza marina, pettinata dalla pioggia e baciata dagli dei.
Albero dai mille frutti, dai mille sapori e colori, che una tempesta marina colorò di passione e la indorò d’amore, da quel giorno Venere cominciò a camminare anche sulla terra.
L’uomo arrivò per secondo e anch’egli fu soggiogato e attratto da quei frutti, però la donna che benne prima di lui, gli aveva lasciato appesi su quell’albero altri tipi di frutta che non l’attraevano attratta, né per il loro colore, né per l’odore, come la forza, il possesso, l’invidia e l’odio, l’uomo affamato se ne cibò senza curarsi troppo di ciò che metteva in bocca e in quel modo venne maledetto dagli dei.
Cominciò così un periodo di guerre che insanguinarono la terra e che alimentarono i fiumi dell’ira, che intrisero la terra di lacrime, così diverse e amare da quelle versate da Venere.
Ancora oggi quel pianto ancestrale alimenta i mari e le tempeste che scuotono la terra, l’albero di Venere che si trovava sulla bianca rena è ormai secco da tempo immemorabile e lassù da qualche parte nascosti dalle nuvole sempiterne, gli dei ridono del nostro triste destino, mentre seduta in disparte Venere piange le sue calde lacrime, aspettando che la bianca spuma del mare le fecondi ancora una volta…