La leggerezza che uccide

Da Marcofre

Buona parte delle storie sono scritte perché ovviamente succede qualcosa nella via dei protagonisti. Cormac McCarthy spiega che si scrive, si racconta, perché si verifica una tragedia.
“Non è un paese per vecchi” parte dalla semplice idea che dice:

“Se un uomo trova un valigia zeppa di denaro, che cosa accadrà?”.

Più o meno tutti i narratori partono da una domanda del genere, e provano a vedere cosa ne viene fuori.

Tuttavia, non mettono nero su bianco solo un insieme di parole (lo fa anche un dizionario) o di fatti. La letteratura che resta, sfida i secoli perché prende atto di come l’essere umano sia pesante, e negare questa realtà non è un legittimo dovere.

Vuol dire sfuggire alle proprie responsabilità.
Siamo scesi dagli alberi, e questo comporta delle conseguenze. Negarle o sfuggirle non rende migliori, né migliora la situazione, semmai rafforza il senso di mandria al quale tutti siamo chiamati, e quasi tutti rispondiamo a esso con gioia e sollievo.

La narrativa che risponde a questa esigenza di “leggerezza” sempre e comunque, a ogni costo, non svolge alcun serio compito, tranne quello di rendere più accettabile la mediocrità.

“Ma ci vuole un po’ di leggerezza! Di svago!”.

Si capisce. Quando tutto diventa svago, forse c’è qualche problema. Forse, lo svago è solo la valvola di sfogo per rendere sostenibile la mediocrità. Tutti rivoluzionari il sabato sera con un paio di litri di birra in corpo.

Tutti ordinati sulla banchina della metro il lunedì mattina.

Breve parentesi. Dostoevskij viene considerato “un mattone”, ma se si legge con attenzione, in filigrana si scova un’ironia sferzante. Basta dare un’occhiata all’episodio del rinfresco organizzato dalla vedova di Marmeladov, dopo il funerale del marito, per rendersene conto.

Se invece di pretendere leggerezza e svago, si capisse che occorre fare a cazzotti con la realtà, perché se è storta, l’unica maniera di raddrizzarla è riconoscerne almeno in principio la sua vera natura, non sarebbe meglio?

Una storia è un intreccio di carne e sangue, oppure non è una storia. Il punto è che non ci siamo mai perdonati di essere scesi dall’albero. Odiamo le responsabilità che ci siamo presi. Crediamo che l’ideuzza che spinge a considerare l’essere umano una noce vuota da riempire di bei contenuti, sia vincente. Di sicuro, tranquillizza ciascuno di noi.


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