Passiamo la giovinezza a costruirci un'immagine di noi stessi, degli altri, e spesso l'età adulta arriva perché non sappiamo più liberarcene e diciamo che l'abbiamo interiorizzata. Io che mi ribello a quello che ho costruito, vivo di inizi, di nuovi rivolgimenti. Ucciderei, piuttosto che dire o ammettere di essere un bravo ragazzo.
Oggi ho visto vecchi amici e di nuovo quell'idea che per me il tempo non passa, che chissà cos'ho fatto, che sono sempre lo stesso. Non ho firmato patti di cui pentirmi, se non altro perché non conosco l'arte della contrattazione. Sono sempre lo stesso irrequieto di un tempo. Io, io sempre lo stesso, io che non saprei esserlo due minuti di fila. Io che inizio, che ho sempre iniziato.
Sono sempre all'inizio di un'immagine. E tu, che ci entri dentro e la gualcisci e segni il tempo, lasciami la lentezza del risveglio, la lentezza in cui ben poco importa e tutto ciò che è superfluo è già franato a valle prima che qualche Sisifo lo spinga di nuovo fino a qua su. Ridammi i miei risvegli, lasciami ricominciare dal poco che sono, quando non ricordo altro.
Se un dono di me posso fare, il dono vero, è il dono della lentezza, del sussurro o magari del silenzio. Un brindisi con gli occhi.
