Londra, 8 marzo 1881
Cara cittadina,
Una malattia nervosa che da dieci anni periodicamente mi colpisce mi ha impedito di rispondere prima alla vostra del 18 febbraio. Mi spiace di non potervi dare un esposto succinto, e destinato alla pubblicazione, sul quesito che mi avete fatto l'onore di propormi. Già da mesi ho promesso un lavoro sullo stesso tema al Comitato di Pietroburgo. Spero tuttavia che bastino alcune righe a togliervi ogni dubbio circa il malinteso intorno alla mia sedicente teoria.
Analizzando la genesi della produzione capitalistica io dico: « Al fondo del sistema capitalistico v'è dunque la separazione radicale del produttore dai mezzi di produzione ... La base di tutta questa evoluzione è l'espropriazione dei coltivatori agricoli, dei contadini. Essa non si è finora compiuta in modo radicale che in Inghilterra ... Ma tutti gli altri paesi dell'Europa occidentale percorrono lo stesso movimento » (Il Capitale, edizione francese, p. 315). La « fatalità storica » di questo movimento è dunque espressamente limitata ai paesi dell'Europa occidentale. Il perché di questa limitazione è spiegato nel capitolo XXXII: « La proprietà privata fondata sul lavoro personale ... sarà sostituita dalla proprietà privata capitalistica fondata sullo sfruttamento del lavoro altrui, sul salariato » (op.citata, p. 340).
In questo movimento occidentale, si tratta quindi della trasformazione di una forma di proprietà privata in un'altra forma di proprietà privata. Per i contadini russi, si tratterebbe invece di trasformare in proprietà privata la loro proprietà comune.
Perciò, l'analisi data nel Capitale non fornisce ragioni né pro né contro la vitalità della comune rurale; ma lo studio apposito che ne ho fatto, e di cui ho cercato i materiali nelle fonti originali, mi ha convinto che la comune è il punto di appoggio della rigenerazione sociale in Russia. Tuttavia, perché essa possa funzionare come tale, occorrerebbe prima eliminare le influenze deleterie che l'assalgono da tutte le parti, poi assicurarle condizioni normali di sviluppo organico.
Ho l'onore, cara cittadina, di essere il vostro devotissimo
Karl Marx
Quella che precede, è la risposta, scritta da Marx, alla domanda postagli da Vera Zasulic, anche a nome dei suoi altri compagni, circa « i destini possibili della nostra comune rurale, e sulla teoria secondo la quale tutti i paesi del mondo devono, per legge storica inevitabile, attraversare tutte le fasi della produzione capitalistica », teoria che alcuni gli attribuivano e che poneva i rivoluzionari russi davanti ad un dilemma: « Delle due l'una: o la comune rurale, liberata dal peso delle smisurate esigenze del fisco, dei pagamenti ai signori e di un governo arbitrario, è in grado di evolvere sulla strada socialista (...) o invece è destinata a morire, e allora al socialista, in quanto tale, non resta che abbandonarsi a calcoli più o meno infondati per stabilire in quante decine d'anni la terra del contadino russo finirà nelle mani della borghesia, e in quante centinaia d'anni, forse, il capitalismo raggiungerà in Russia un grado di sviluppo simile a quello dell'Europa occidentale, e quindi egli dovrà svolgere la sua propaganda unicamente fra i lavoratori cittadini che, nel frattempo, si troveranno immersi in una marea di contadini gettati, dalla disgregazione della comune rurale, sul lastrico delle grandi città, in cerca di salario. »
Ma la lettera ha una storia assai curiosa. Innanzitutto, c’è da sottolineare come Marx, in gravi condizioni di salute, prima di rispondere, abbia vergato pagine e pagine di bozze preparatorie alla lettera, prima di compilarla nella sua stesura definitiva, e spedirla. Poi, c'è da aggiungere che la lettera definitiva non venne mai resa pubblica, e invano Rjazanov (che nel 1911 ne aveva trovato copia fra le carte di Lafargue) chiese alla Zasulic e a Plekhanov conferma del suo arrivo a destinazione. Solo nel 1924, quando la lettera venne fuori dall'archivio di Axelrod, si ebbe la prova che la lettera "dimenticata" aveva raggiunto i suoi destinatari.