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La letteratura araba in discussione: “L’arco e la farfalla” di Mohammed al-Achaari

Creato il 24 maggio 2013 da Chiarac @claire_com_

Larco-e-la-farfallaLa presenza, al Salone del Libro di Torino, di Mohammed al-Achaari, venuto per presentare il suo romanzo L’arco e la farfalla (traduzione dall’arabo di P. Viviani, a cura di I. Camera D’Afflitto; Fazi Editore, 2012), mi dà modo oggi di provare un piccolo esperimento: presentare il libro a chi non l’ha letto con l’ausilio di Internet, blog e Youtube inclusi (l’esperimento serve anche a me, che sto leggendo il libro!).

Ma prima, una doverosa introduzione all’autore:

Mohammed al-Achaari (1951) è un poeta, scrittore e politico marocchino. Laureatosi in Legge nel 1976, due anni dopo pubblica la sua prima raccolta di poesie. Negli anni Ottanta viene incarcerato per il suo attivismo politico. Dal 2002 al 2007 ricopre il ruolo di Ministro della Cultura. Con L’arco e la farfalla arriva finalista, nel 2011, al premio per la narrativa in lingua araba, che vince in ex aequo con la scrittrice saudita Rajaa Alem.

Di seguito dunque trovate: una recensione critica scritta su Editoriaraba da Giacomo, che si interroga sul valore di un libro in cui emergono molti stereotipi e si sofferma sul modo in cui il romanzo è stato presentato al pubblico italiano (a metà tra primavera araba e terrorismo); e un’analisi più recente e molto approfondita di Rabii sul blog di ALMA, che contestualizza il libro all’interno del percorso professionale e personale di Al-Achaari e sostiene tra le altre cose, che L’arco e la farfalla, essendo il prosieguo di Janub al-Ruh, scritto dall’autore 15 anni prima, possa essere compreso al meglio leggendo il primo.

L’arco e la farfalla” di M. al-Achaari: attualità e stereotipi (G. Longhi, novembre 2012)

L’arco e la farfalla” o l’individuale e il collettivo nell’esperienza di M. al-Achaari (R. El Gamrani, maggio 2013)

Che ne pensate?

Io personalmente trovo molto irritanti le fascette promozionali che avvolgono il libro come un pacchetto regalo e le frasette scritte sul retro di copertina, che ammiccano vogliose ai lettori dagli scaffali delle librerie. Molto spesso sono dannose semplificazioni del testo, che poco o nulla hanno a che vedere con il contenuto. Nel caso in questione, la scritta riportata nel retro, come ci ricorda Giacomo, “strillava” al lettore che il romanzo tratta della primavera araba e del terrorismo, due temi “caldi” già di per sé che, associati ad un romanzo arabo nuovo di zecca, lo rendono un prodotto esplosivo. Non posso non notare che l’accostamento verso il primo dei due termini soffre di un vistoso sbalzo temporale: il libro infatti è stato pubblicato in Libano nel 2010, qualche mese prima dello scoppio delle rivolte in Tunisia ed Egitto. Accostarlo alla primavera araba è secondo me un atto di scorrettezza verso il libro che, mi immagino, risponde alle logiche di marketing a cui non sfuggono le case editrici, grandi e piccole.

Quanto alla questione sollevata da Rabii nel suo intervento, riprendo qui un argomento discusso durante il Salone di Torino da qualcuno più in gamba e competente di me: se un libro è valido, non dovrebbe essere in grado di stare in piedi, da solo e comunque?

Comunque la pensiate, credo che entrambe le opinioni possano darvi un’idea del libro piuttosto precisa, se ancora non lo avete letto.

Avviso ai lettori che non hanno ancora letto il libro: fermatevi qui!

Se invece lo avete letto, potete andare oltre e guardare i video (qui di seguito) della presentazione organizzata all’interno di Lingua Madre durante il Salone torinese.

Consiglio la visione solo a chi ha già letto il libro per un semplicissimo motivo: il moderatore, nella sua lunghissima introduzione, si “scorda” di spiegare il libro al pubblico, e così facendo il suo diventa un intervento mutilato e di difficile comprensione per il lettore medio.

Non discuto dei contenuti espressi da Allam, ma mi permetto di fare una piccola annotazione di natura stilistica: se i contenuti non si sanno veicolare in un modo che sia efficace ed effettivo, il parlare si svuota di senso e diventa autoreferenziale.

Proprio tutto ciò che la letteratura, e la cultura in generale, dovrebbero evitare di fare.

***

Siamo sì o no i perdenti della Storia?”

La soluzione è accettare la complessità della vita”


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