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La lezione genovese

Creato il 12 ottobre 2014 da Albertocapece

alluvione Genova“Precipitazioni violente e inattese”. Il sindaco di Genova e tutta la politica locale si difende così, dimenticando che piogge battenti e spesso non prevedibili tempestivamente sono la norma in una città che subisce un alluvione all’anno (leggere per favore il box e la tabella alla fine di questo post). Ma quand’anche fossero state previste cosa avrebbe fatto l’amministrazione? I consiglieri si sarebbero immolati per far contro le acque una barriera? Avrebbero acceso un cero a San Giorgio? Oppure avrebbero detto non uscite e rifugiatevi ai piani più alti perché non possiamo fare nulla visto che per decenni non abbiamo speso che pochi spiccioli per rimediare agli enormi danni fatti dalla libera speculazione in sinergia col regime tangentizio?

Non so, sarebbe bene che il sindaco Doria spiegasse cosa avrebbe potuto fare a parte lanciare sms e twitter per giunta a un’ ora piuttosto tarda. Il fatto è che non c’è proprio nulla da dire di fronte alla cronicizzazione dei mali di Genova come di molte altre parti del Paese e al fatto che sono del tutto scomparse le risorse per favi fronte, a parte l’elemosina dei 70 milioni di cui dispone la Protezione civile per tutto il territorio nazionale. Né c’è da spettarsi molto più di una mancia dallo stato di calamità, anche ammesso che arrivi magari dopo anni e anni. Anzi si rimane di sasso rispetto al blocco dei 35 milioni per mettere mano al Bisagno dovuto a questioni di giustizia amministrativa, la cui urgenza fino a ieri non era avvertita da nessuno. Perché non si è fatto di questi ritardi, una battaglia politica per poi lanciare l’allerta burocrazia solo a disastro avvenuto?

Non c’è davvero nulla da dire e l’ultima alluvione genovese ci mostra assieme al fango e all’impotenza anche un’altra realtà palpabile: non si cambia un sistema ormai 0sssificato dall’interno perché entrare significa in qualche modo essere presi prigionieri o farsi complici.  Non sono certo un fan del nuovo aventinismo grillesco che sostituisce tout court la piazza alla rappresentanza e che francamente pare un espediente per evitare che i cinque stelle si arrivino a dare un’organizzazione politica quanto meno più efficace, ma è anche chiaro che le posizioni antagoniste e persino seriamente riformiste non possono vivere e prosperare nel brodo di cultura apprestato e appestato dal pensiero unico e dalla consociazione dei poteri ad escludendum. Queste forze che sono molte più di quanto non si immagini, hanno bisogno di rimanere per un certo periodo fuori dal gioco per essere nel Paese, riordinare le idee e ricominciare ad avere una forza contrattuale reale e non fittizia.

Sono opinioni, beninteso, ma vedere l’ex vendoliano Doria, uno dei sindaci del nuovo corso affabulare sulla meteorologia di fronte al fango, essere distolto dalla privatizzazione totale dei trasporti cittadini – nonostante quella parziale fosse stata fonte dell’aumento dei biglietti, del taglio di servizi, dei licenziamenti e dulcis in fundo di un buco da 10 milioni dovuto agli stipendi d’oro del management –  solo dalla resistenza ad oltranza degli autoferrotranvieri di Genova, attuata anche contro i sindacati, lascia una certa tristezza e un senso di impotenza anche per l’entrismo amministrativo che politico. Ancor peggiore e disarmante di quello lasciato dalla pioggia.


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