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La libera circolazione delle pagelle

Creato il 06 luglio 2011 da Frankezze

C'è più gusto ad essere coglioni
Un tempo uno doveva guardarsi dai giudizi della gente. Ma era la sua gente. Vivevi tutta la vita con gli occhi del paese puntati addosso. Poi al momento del funerale si tiravano le somme: bisognava calcolare l’affluenza totale alle esequie, sottrarre i parenti dal totale, sottrarre quelli che ridevano da quelli che piangevano; sottrarre quelli che non avevano nessuna reazione da quelli che si commuovevano o si scompisciavano; valutare il numero delle corone di fiori e dei manifesti; tenere conto se il sacerdote che celebrava la funzione era un appuntato semplice o un generale dei preti (tipo vescovo o cardinale). Tutti questi indicatori indicavano il valore della persona scomparsa. L’obbiettivo di molti era diventare una salma di successo.

Ma c’erano anche altri che i loro successi volevano raggiungere dei successi anche prima della pennichella in bara: erano la più bella, il più virile, la più brava in cucina, il più forte a botte; il più ricco. Del villaggio. Lo sapevano e godevano. Tutto questo è stato sconvolto dagli accordi di Bretton Woods, che oltre a prevedere la libera circolazione dei capitali, hanno stabilito la libera circolazione delle pagelle.

Insomma accade che uno viene dall’altra parte del mondo e ti dà un’insufficienza, ti spiega che non vai bene. Mentre fino ad allora eri andato benissimo, negli indici di gradimento del tuo microcosmo. Arrivano dall’altra parte dell’Atlantico per dirti che il tuo petto villoso non rispetta la convenzione di San Francisco, le tue maniglie dell’amore sforano sui parametri di Maastricht, la fluttuazione eccessiva del tuo umore viola gli accordi di Camp David.

È successo che nel nostro paese sono venuti quelli delle agenzie di rating. Hanno iniziato subito col dire che le tette di Angelina, la balconata più rigogliosa di tutta Ariano Irpino, non rispettavano le quote latte. Poi hanno rivisto da stabile a negativo l’outlook sul culo di Mariella. Quindi con una bilancia hanno soppesato le pallacce di Nonno Gino, immane dotazione che aveva dato vita a 16 figli (di cui 5 illegittimi) e 58 nipoti. In pratica, mezza Ariano. Bene, sono stati capaci di dire che lo scroto di Luigi Vorace sforava le misure standard dell’Upper East Side, fissati da generazioni di Wasp normodotati.

Ci hanno spiegato che solo con una politica di austerity potevamo evitare di essere declassati a Junk, cioè munnezza. Poi hanno proposto, per aiutarci, di vendergli le tette di Angelina, il culo di Mariella, le pallacce di Nonno Gino. E la pizzeria principale del paese. È proprio vero che chi disprezza compra. Non so perché i miei amici greci e portoghesi continuano a dirmi di diffidare di questi pagellieri newyorchesi. Io li trovo severi ma generosi. Pensa che l’altro giorno si sono offerti di sceglierlo loro il sindaco, invece di sprecare ogni volta tempo e carta con quelle noiose elezioni: gli abbiamo detto sì, e loro ci hanno regalato subito i biglietti per la nuova Disneyland che sorgerà al posto dell’Acropoli di Atene.


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