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La Liberazione dalle bubbole

Creato il 29 aprile 2015 da Zamax

Se seguissimo la logica che sovrintende agli alati discorsi che accompagnano la festa sempre più becera del 25 aprile, dovremmo concludere che nell’immediato dopoguerra la vita democratica dell’ex Germania Ovest nacque sotto i peggiori auspici: il paese teutonico non aveva conosciuta nessuna mitica Resistenza, il recente passato nazista costituiva un’eredità ben più pesante di quella mussoliniana, e non c’era in giro nemmeno un partitone comunista che si ponesse come vero baluardo degli autentici valori antifascisti; in più, nel 1954, in piena guerra fredda, la Germania Ovest ebbe anche il cattivo gusto di mettere al bando qualsiasi partito comunista.

Eppure, nonostante questa partenza ad handicap, la Germania Ovest (e poi la Germania riunificata) dal culturame di scelbiana memoria, devoto al culto della Resistenza, è sempre stata indicata alle plebi nostrane come un paese che al contrario del Belpaese aveva fatto esemplarmente i conti con la storia: la democrazia tedesca è compiuta, compiutissima dai tempi di Adenauer. Ammesso, e solo parzialmente concesso, in quanto la democrazia compiuta è una fesseria concettuale, che ciò sia vero, vediamo allora di spiegare le cause dello strano ma fausto accadimento.

La causa fondamentale è che la Germania nazista e i tedeschi persero la guerra senza che nessun crucco abbia mai avuta l’idea balzana di metterlo in dubbio. Foss’anche stato per costrizione, foss’anche stato perché la Cortina di Ferro aveva fatto della Germania Ovest un avamposto amerikano che non poteva sopportare ombre, i tedeschi si ritrovarono uniti nel farsi un serio esame di coscienza, sul disastro militare e sulle vergogne del loro recente passato.

In quello strano paese che è il nostro, invece, niente di tutto questo. Per incredibile che possa sembrare al marziano appena sbarcato sulla penisola, se da noi c’è ancora un qualche generale consenso sul fatto che l’Italia abbia persa la guerra, ciò non vale per tutti gli italiani come popolo. Noi siamo il solo paese che festeggia giulivo una guerra persa, perché in fondo, grazie ai partigiani, quella guerra l’abbiamo moralmente vinta. L’ha vinta, cioè, l’Italia partigiana nel senso antropologico del termine. Ma ciò significa necessariamente che ci sono anche gli italiani che la guerra l’hanno persa veramente, moralmente cioè, e che continuano a perderla dopo settant’anni non allineandosi al verbo resistenziale, decennio dopo decennio sempre più gravido d’implicazioni pedagogico-istituzionali.

Ciò spiega perché l’Italia dell’era repubblicana sia stata caratterizzata fin dalla sua nascita da una specie di guerra civile a bassa intensità che si può risolvere veramente solo in due maniere: o con la democrazia compiuta, cioè con la conversione di tutti gli italiani al verbo resistenziale e le sue sopramenzionate implicazioni, che un sinedrio di sacerdoti del culto costituzionale saprà sempre aggiornare alla bisogna; progetto politico che peraltro, a ben vedere, alla loro maniera un po’ manesca, cioè all’originaria maniera rivoluzionaria, era anche quello delle Brigate Rosse, secondo le quali la Resistenza era stata tradita; oppure con l’abbandono del sogno cretino, illiberale, messianico ed infantile della democrazia compiuta, e con la smitizzazione della Resistenza.

Ma davvero la Resistenza ci ha data quella libertà che noi oggi prendiamo per scontata, come recitano in questi giorni alcuni commossi spot televisivi? No, non è vero. Se non ci fosse stata la Resistenza gli Anglo-americani avrebbero risalita e liberata l’Italia lo stesso. Ma davvero la Resistenza ha significato per l’Italia quel riscatto morale che ha cambiato tutto e che ha posate le fondamenta democratiche della repubblica? No, in Germania si sono arrangiati tranquillamente senza il portentoso riscatto morale resistenziale. Inoltre, una parte importante del mondo partigiano tifava per l’Italia Democratica nel vecchio senso tedesco-orientale, al cui confronto anche il fascismo puzzava di liberalismo. Ma non ci fu almeno una guerra civile, e chi in questa guerra fratricida stava dalla parte giusta e chi stava dalla parte sbagliata? Una vera guerra civile nemmeno per sogno, per il semplice fatto che guerra civile è una parola davvero troppo grossa per un paese allo sbando e un popolo che aspettava passivo che la nottata passasse e che gli anglo-americani arrivassero alle Alpi senza dover pagare troppo dazio alle operazioni militari: in questo quadro le azioni dei partigiani e della RSI facevano solo da contorno al dramma principale, e se certamente i partigiani erano dalla parte giusta, è anche vero che tanti non lo erano affatto per motivi nobili e disinteressati, come comprovarono le molte infamie dell’immediato dopoguerra, e che tanti furono i voltagabbana, specie tra i capetti più zelanti.

Si dice sovente che il 25 aprile dovrebbe unire tutti gli italiani: lo dicono i fanatici della Resistenza e della Costituzione dei miracoli; ma lo dicono anche coloro che vorrebbero la festa libera da ogni spirito settario. Ma è un’illusione: il 25 aprile può sopravvivere solo se serve per dividere l’Italia Migliore dall’Italia Peggiore. Se lo si svuota di questa sua funzione appare per quel che è: ridicolo, e spudorato.


Filed under: Italia Tagged: 25 Aprile, Liberazione

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