La libertà di religione in Turchia

Creato il 24 marzo 2012 da Istanbulavrupa

Nei giorni scorsi la United States Commission on International Religious Freedom ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla libertà di religione nel mondo, declassando la Turchia a “country of particular concern” (il livello più basso previsto, insieme a Iran, Sudan, Arabia Saudita e ad altri stati dittatoriali). La collega kemal-leghista, ovviamente, non si è lasciata sfuggire l’occasione per mettere in cattiva luce la Turchia; altrettanto ovviamente si è dimenticata di spiegare che questa commissione ha potere solo consultivo, che il rapporto è stato adottato a maggioranza – 5 a favore, 4 contro – e che ancor prima della sua pubblicazione uno dei 5 a favore ha cambiato idea, che ciò che fa testo è in ogni caso il rapporto del Dipartimento di Stato (quello del 2011 – e Hillary Clinton in persona – hanno elogiato i grandi passi in avanti della Turchia).

Chi si occupa professionalmente di Turchia (ma non ha pregiudizi anti-islamici) non può che definire questo rapporto “una barzelletta”. “While some view the AKP as a moderate party that espouses Islamic religious values within a modern, democratic society, others contend that it has more radical intentions, such as the eventual introduction of Islamic law in Turkey.” Ma visto che l’Akp è al potere da dieci, anni cosa aspetta a introdurre questa fantomatica “legge islamica”? Che poi, le restrizioni alla libertà religiosa in Turchia esistono da sempre e sono la conseguenza dell’ideologia laicista connaturata alla repubblica stessa: ma negli utlimi anni la situazione è sensibilmente migliorata (anche se molto resta da fare), di certo non è peggiorata. E mettere nella stessa categoria la Turchia e l’Arabia saudita è un oltraggio non solo al governo turco, ma anche ai fatti e al buon senso.



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