Se mi chiedessero perché mi impegno nella promozione della lettura con i bambini e i ragazzi come prima risposta non darei quella che, credo, molti si aspetterebbero. E cioè quella che ha a che fare con l’apprendimento, la scolarizzazione, la cultura…
Certo, questi sono indubbiamente aspetti importanti, ma ciò che amo ribattere è che mi piace offrire, col mio lavoro, a tanti la possibilità di divenire un lettore perché chi legge ha più risorse. E penso soprattutto alle risorse emotive, a quelle che scaturiscono dalla consapevolezza che una storia, un libro possono tanto. Trasportare, alleviare, mostrare un altrove, venire incontro per similitudine oppure per differenza.
Non so se i libri salvino davvero la vita ma mi piace pensare che chi legge riesca in qualche modo a costruirsi gli strumenti per salvarsela da sé. Fosse anche, semplicemente, perché ha l’occasione di aprire tante finestre quante sono le storie lette e, tramite queste, conoscere meglio se stesso e gli altri.
Leggendo il romanzo di Fulvia Degl’Innocenti – “La libraia” – pubblicato da poche settimane dalle edizioni San Paolo, ho trovato uno specchio per il mio pensiero: il sentire che i libri non curano tramite spiegazioni, istruzioni, consigli, ma curano per contatto intimo e profondo.
“Non tutti i libri sono uguali, non tutti sono buoni. Quelli che conservano un riflesso dell’anima di chi li ha scritti portano con sé un dono…I libri sono fatti di carta, è vero, ma in qualche modo sono vivi.”
La libraia è una donna di mezza età, dimessa, semplice, di poche parole. Gestisce una piccola libreria indipendente, in un centro minore, nella quale dispensa ai suoi clienti sia il conforto di un consiglio letterario, sia quello del calore accogliente di un infuso caldo.
I libri e le erbe, le sue passioni, in merito alle quali pare non avere dubbi, come fosse una strega, un’alchimista che conosce per ciascuno la risposta giusta e la elargisce leggendo brani e offrendo tisane e cartocci di foglie e fiori secchi.
Quando arriva Lia, inviata dai servizi sociali e proveniente da una casa famiglia, la libraia si limita ad offrirle un lavoro da apprendista. Senza giudizi, confidenze o comandi che non sia strettamente attinenti al lavoro.
Lia è una bella e sinuosa ragazza di sedici anni dal passato disastrato. Un padre dileguatosi quando era appena nata – e successivamente ricomparso per un breve e non fortunato periodo – , una madre sbandata rivelatasi incapace di crescerla, varie famiglie affidatarie alle spalle, tutte messe alla prova duramente e poi abbandonate, un percorso scolastico pieno di inciampi e quindi definitivamente abbandonato.
Inizialmente insofferente all’incarico e al soggiorno forzato presso la libraia, Lia smania solo per arrivare ai fatidici diciotto anni ed essere finalmente libera di dedicarsi a quella che crede essere la sua via: i balli in abiti succinti nei locali notturni, prima, la carriera di show girl o ragazza-immagine, poi.
D’altra parte la vita l’ha messa a dura prova. Gli anni vissuti fin lì l’hanno abituata all’abbandono e l’hanno convinta che solo contando sulla sua ben evidente e apprezzata bellezza potrà farsi strada.
Gli eventi l’hanno inoltre resa in apparenza una dura, abile nel trincerarsi dietro sarcasmo e menefreghismo, assuefatta a doversi mostrare sprezzante e sicura, impermeabile a dolori e piaceri, che non siano superficiali.
Quando quindi Lia – dopo parecchi anni e diversi capitoli sulla sua storia – arriva in libreria, è ben decisa a considerare la sua permanenza solo come un passaggio obbligato verso una libertà molto più scintillante e dinamica.
Alla libraia riserva solo pochi sguardi di striscio, appena incuriosita da quella personalità discreta e dalla capacità, indubbiamente sorprendente, di soddisfare le esigenze emotive dei suoi clienti. Di guarirli, parrebbe, solo con un oggetto insignificante di carta, poche parole e una sciocca tisana.
Sono i contrasti e i particolari insoliti, inizialmente, ad incuriosirla: un tatuaggio sulla pelle, che parrebbe così ordinaria, della libraia, l’abitudine di questa di vestire sempre un foulard intorno al collo, a prescindere da temperature e condizioni atmosferiche, un cd di musica heavy metal in auto, la strana confidenza che la donna mostra con personaggi appartenenti a mondi molto diversi dal suo…
Sebbene Lia non voglia ammetterlo, nel suo cuore si apre piano piano una crepa dove l libri, la stessa libraia e i valori e le possibilità di cui essi si fanno portatori cominciano ad entrare.
Una fuga poi, prima della capitolazione: “Insegnami a leggere” chiede infine la ragazza alla donna e da lì anche lei, scettica fino alla fine, scoprirà di avere un dono in grado di farla crescere. Fino ad apprendere l’ingrediente segreto, quello che, figlio della dolorosa vera storia della libraia, saprà insegnarle ad entrare davvero in contatto con l’animo delle persone che a lei, e ai libri, si rivolgono.
Ho molto apprezzato che le vicende di Lia, anche quando paiono giungere alla loro felice conclusione, rivelino invece che un seguito esiste. Che le letture, l’universo racchiuso nelle pagine, non siano considerate un approdo ma un punto di partenza, non siano un luogo in cui atterrare ma un paio d’ali che, una volta vestito, permetta di prendere, più sicuri, il volo.
Un romanzo coinvolgente e limpido, capace di catturare il lettore grazie anche ad uno stile trascinante, leggero ma incisivo, privo di pesantezze e ridondanze.
L’autrice mostra, ancora un volta, la sua capacità di entrare sensibilmente ma efficacemente nell’animo delle sue protagoniste, delle quali sa sempre tratteggiare un ritratto realistico e attento alle sfumature, rispettoso e vivo.
Un libro che non mi limiterei a consigliare solo agli adolescenti o ai giovani adulti ma che indicherei senza età di riferimento preferenziali. Particolarmente benefico per chi ha a cuore la forza salvifica delle storie ed è cosciente, varcando la porta di una libreria, di non accedere ad un luogo che sia solo fisico bensì dell’anima, delle emozioni e della fantasia.
(età consigliata: dai 13 anni)
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