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L'altro giorno a pranzo parlando del più e del meno con la mia capa, tra cui di lingua svedese e ungherese, è saltata fuori una piccola curiosità linguistica molto interessante che ha messo in moto il mio cervello e mi ha fatto venire la voglia di fare una piccola ricerca. Ecco il risultato.
Come mi ha spiegato lei, la parola inglese window ovvero 'finestra' fu recepita dallo svedese, più precisamente è la parola vindöga presa in prestito. 'Vindöga' era la parola per finestra ai tempi dei vichinghi, e letteralmente significa "l'occhio del vento". La cosa curiosa è che adesso gli svedesi non usano più questa parola per dire 'finestra', ma hanno recepito Fenster dal tedesco, trasformandola in fönster. Anche il termine quasi mistico di "occhio del vento" mi ha incuriosito. Annica (la capa) mi ha spiegato che la finestra si chiamava vindöga perché all'epoca non c'era il vetro nelle finestre, ma ci fu solo un buco con due battenti di legno, e quindi quando le aprivi entrava il vento. Ecco il punto di partenza per la ricerchina...
In effetti, la parola inglese window deriva dal norreno, la lingua usata dagli abitanti della Scandinavia in epoca vichinga. La forma originale di vindöga fu vindauga, e fu recepita dagli inglesi nel corso del Duecento. Alcune lingue germaniche poi hanno adottato la parola latina fenestra per indicare la finestra di vetro, e fino al Quattrocento (secondo altre fonti fino al Settecento) pure l'inglese usava parallelamente la parola fenester per la finestra vetrata. La derivazione fenestration tuttora esiste nel linguaggio degli architetti inglesi, e indica la disposizione e il dimensionamento delle finestre su un edificio. Al contrario dello svedese, il danese e il norvegese hanno mantenuto la versione originale norrena, e ancora oggi usano vindue e vindu, rispettivamente.
La parola italiana finestra, invece, chiaramente deriva dal latino fenestra che a sua volta trova la sua radice nel greco 'fan', ovvero splendere, illuminare (confr. fanale, fenomeno, epifania). Insomma, per i mediterranei la finestra è un'apertura che fa entrare la luce, per i nordici è un'apertura che fa entrare il vento... Credo che il motivo della differenza si spieghi da sola.
E allora visto che ci sono non posso non esaminare anche la mia lingua e la sua parola ablak che sta per 'finestra'. Anche in questo caso si tratta di un prestito e non di una parola ugro-finnica (infatti, in finlandese si dice in modo completamente diverso: ikkuna, in estone aken). Come numerose altre parole ungheresi, anche ablak deriva dallo slavo, secondo alcuni dallo sloveno, secondo altri dallo slovacco. In ogni caso da uno dei popoli che sono nostri vicini. Oggi nelle lingue slave del nord (ceco, slovacco e polacco) 'finestra' si dice okno (e anche in russo e in sloveno), mentre in serbo e in croato si dice prozor.
Quanto al significato della parola di origine slava, ci sono diverse interpretazioni. Siccome nello sloveno esiste anche la parola oblok che significa (ancora oggi) 'arco', alcuni pensano che ci sia un collegamento. Altri invece la ricollegano allo slavo antico in cui obl (scritto diversamente, ma non so fare i caratteri cirillici) significa 'rotondo'. Una terza teoria la riconduce a un verbo che significa 'rivestire', 'coprire', e troverebbe la sua spiegazione nel fatto che a quei tempi usarono della vescica di animale come rivestimento delle aperture nelle case. Quindi, ablak si riferisce o alla forma della finestra o al materiale di cui è fatta.
Insomma, è curioso vedere l'origine delle parole e come queste evidenzino aspetti e caratteristiche diverse dello stesso oggetto o concetto o qualunque cosa sia. La lingua è una finestra sulla storia dell'uomo, e la storia della parola 'finestra' ci rivela che per i mediterranei contava la luce, per i nordici l'aria e per gli slavi la forma o il materiale.
Per chiudere in bellezza, una citazione da un famoso giudice americano, Oliver Wendell Holmes che mi è capitato sott'occhio in questi giorni (perché in fondo in fondo sono un giurista):
"Language is the blood of the soul into which thoughts run and out of which they grow."
E una canzone:
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