La lingua friulana e il giacobino pentito

Creato il 07 gennaio 2011 da Zfrantziscu
Qualcuno, forse, ricorderà il rumore fatto nell'agosto del 2009 da un articolo di L'Espresso, partito lancia in resta contro il “dialetto” friulano, con contorno di altrui sciocchezze sul sardo e sulle altre lingue tutelate sì dalla Repubblica ma non dai radical chic. Solo in questo blog, le bestialità del settimanale si ebbero un centinaio di commenti. L'articolo aveva come occhiello “Follie federaliste” e per autore Tommaso Cerno, sloveno-friulano. Ebbene – ed è per questo che vale la riesumazione – Cerno ha deciso di tradurre in friulano, per l'occasione nobilitato come lingua, un suo romanzo in italiano. Cerno conosce il friulano ed è coautore, insieme ad un suo zio appassionato di quella lingua, della traduzione. Segnalo l'episodio come un esempio di resipiscenza che potrebbe far da modello a tanti nostri scrittori. Nel testo friulano egli ha visto qualcosa di nuovo, di originale, come ha detto in una intervista, qualcosa che poteva, secondo la sua sensibilità, servire al friulano e al Friuli per guardare avanti. Gli amici friulani che mi hanno segnalato il dietro front del giornalista di L'Espresso forse non saranno contenti di questo mio giudizio benevolo e ne avrebbero il diritto: il suo articolo anti “dialetto”, pubblicato su uno dei settimanali più influenti a sinistra e, per complesso di inferiorità, a destra, è stato apripista in Friuli di una canea contro la tutela della lingua friulana. Questa, secondo la scuola di pensiero di cui il Cerno è epigono, dovrebbe “essere coltivata nell’ambito familiare privato e nelle osterie o al massimo con la pubblicazione di tanto in tanto di un bel romanzo. Per costoro ogni altra iniziativa magari con impegno di risorse pubbliche (come la tabellonistica stradale con le indicazioni anche in friulano) è inutile, uno spreco di risorse, per taluni anche blasfema (Alberto Fabris su Il Messaggero veneto, 4 gennaio). Qualcosa, insomma, che ben conosciamo anche qui da noi. Perdonino gli amici friulani, ma siamo ancora in clima di festa e di predisposizione alla bontà. In fondo, la loro indignazione per le bestialità scritte potrebbe averne redento l'autore. E, chi sa?, mostrato una strada percorribile da altri.

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