Interessante intervento di Mario Draghi al Forum di Davos sull’economia mondiale. Tra le altre cose ha colpito la mia attenzione la seguente dichiarazione: “ C’è stato quello che io chiamo un ‘contagio positivo’ sui mercati finanziari, anche se ancora questo non si trasmette all’economia reale”. Questa dichiarazione a modo di vedere di zeroconsensus illumina totalmente quella che è la logica profonda che muove coloro che sono deputati a gestire l’economia dei paesi occidentali (anche se la frase è di Draghi parrebbe abbastanza evidente come questa impostazione sia condivisa da tutta la classe dirigente occidentale). Dunque, secondo Draghi i miglioramenti (frutto delle operazioni monetarie straordinarie delle banche centrali e delle manovre fiscali dei governi) che si sono verificati nel mercato finanziario dovrebbero trasmettersi, grazie ad un fenomeno (credo poco indagato), chiamato “contagio positivo” all’economia reale ma ancora questo non si è verificato.
Mi domando ma è possibile che i miglioramenti nei mercati finanziari possano trasmettersi all’economia reale? E dunque mi domando: cosa sono i mercati finanziari? E infine, se Draghi ha ragione come mai ancora non c’è stato questo fantomatico “contagio positivo”?
Partiamo dal rispondere alla seconda domanda (che è quella che è alla base del ragionamento del Governatore della BCE): cosa sono i mercati finanziari? I mercati finanziari sono – credo senza ombra di dubbio – dei luoghi (ormai telematici) dove vengono scambiati titoli rappresentativi di quote di capitale di aziende o di beni reali (commodieties) in cambio di una quantità monetaria che ne rappresenta il valore. In sostanza il mercato finanziario è il palcoscenico dove viene rappresenta la realtà. Ma quale sarebbe la realtà? La realtà è data dall’economia reale naturalmente. Dunque il capitale di un azienda quotata (rappresentata) in borsa è data innazitutto dal capitale umano (e dunque dalle donne e dagli uomini che in quella azienda vi lavorano), dalla sua cassa, dal suo buon nome (marchio) sul mercato reale (dove tutti noi scambiamo beni e servizi), dai suoi brevetti, dal suo capitale circolante e dalle sue immobilizzazioni. Naturalmente tutto questo deve essere valutato al netto delle passività (debiti per semplificare), ovvero delle risorse (capitale di terzi) preso a prestito per investire. Ecco, a volte capita che nel mercato finanziario il valore del capitale reale si discosti dalla sua rappresentazione che lì ne viene data. Questo può avvenire per una serie varia di ragioni: a causa di aspettative esagerate sugli utili futuri dell’azienda che viene rappresentata in questo particolare teatro chiamato mercato finanziario, oppure a volte dalla possibilità concessa dalle banche centrale di prendere a prestito soldi in maniera troppo facile (grazie a dei tassi di interesse tenuti artificialmente bassi). Esempio eclatante di questa situazione è sicuamente quella della cosiddetta “bolla internet” degli anni novanta, dove l’eccessiva aspettativa della platea seduta a guardare la rappresentazione teatrale del capitale nel teatro chiamato mercato finanziario, aveva comportato una ipervalutazione dei titoli delle aziende rappresentete: in sostanza prezzi delle azioni troppo alti rispetto agli utili reali. Naturalmente quando nel mercato reale non si è verificato ciò che era stato supposto dalla rappresentazione teatrale semplicemente la rappresentazione si è adeguata: i prezzi delle azioni si sono adeguati alla realtà, crollando. Insomma, il caso della cosiddetta bolla internet sembrerebbe indicare come in realtà sia il reale ad avere la prevalenza sul virtuale (al di là di tutti i trucchi che il regista del teatro – la banca centrale – possa porre in scena per rallentare il momento della verità o se preferite della realtà) e dunque si potrebbe dire che non esiste nessun “contagio positivo” dal virtuale al reale come vorrebbe lasciar intendere il Governatore della BCE. Se fosse la sede adatta (non lo è) potremmo baloccarci a ritornare indietro nella storia dalla crisi del ’29 fino a quella dei bulbi di tulipano per dimostrare come alla fine sia sempre il reale a portar via la scena al virtuale. Da notare che questa strana idea del “contagio positivo” dal virtuale al reale sia già stata tentata da un altro governatore centrale: Alain Greenspan che dopo lo scoppio della bolla internet (e forse anche a causa dell’attentato alle Torri Genelle) tentò la strada di truccare la rappresentazione dei mercati finanziari con tassi bassissimi. Pochi anni dopo, quando finirono gli “effetti speciali”, scoppiò la crisi che ancora oggi stiamo vivendo e che originò proprio dal crollo dei titoli legati ai mutui immobiliari. Insomma il reale anche lì prevalse sul virtuale.
Lascia veramente basiti che ancora oggi possano avere libera cittadinanza visioni che si sono rivelate oniriche. Fa gelare il sangue che queste visioni siano condivise da chi dovrebbe tirarci fuori da questa crisi epocale. Con rispetto parlando, naturalmente.