La lotta dei popoli arabi per affrancarsi dai loro dittatori, da Israele e dagli USA – Parte 1

Creato il 29 aprile 2012 da Tnepd
Nonostante le tante proteste, la gara del Gran Premio di Formula-1 del Bahrein 2012 è andato in onda domenica 22 aprile. Il mondo del capitalismo sfrenato ha celebrato il suo barbaro rito sacrificando i diritti umani sull’altare del profitto multi-miliardario, del culto sportivo fanatico, della volgare esibizione del potere ai danni di una popolazione oppressa.Non solo: in molti paesi dell’Occidente schiavo dei diktat di USraele, nessun accenno alle violenze contro i cittadini nelle strade del Bahrein è stato fatto dai telecronisti che commentavano la gara. Eh certo: come conciliare la decisione della messa in onda di un evento sportivo con la realtà delle piste che nascondono il sangue dei caduti per la libertà versato ogni singolo giorno dal coraggioso popolo del Bahrein da oltre un anno.Cosa avrebbe potuto raccontare un telecronista? Che mentre va in onda l’evento sportivo per celebrare la potenza del regime i manifestanti vengono picchiati, arrestati, torturati e uccisi – ma … che diamine: the show must go on!? Che da oltre un anno il popolo scende in piazza ogni singolo giorno per chiedere la fine del regime corrotto colluso con l’impero neo-con sionista? Che la popolazione del Bahrein vuole affrancarsi dal giogo dell’Occidente e di Israele? Che i regnanti del Bahrein, gli al-Khalifa, rappresentano un regime fantoccio messo al potere per proteggere gli interessi di USA e Gran Bretagna nell’area del Golfo? Che la “casa reale” degli al-Khalifa è una dinastia di pirati, briganti e assassini – reliquia di un passato feudale medievale di cui i popoli arabi – molto più evoluti dei loro tiranni – vogliono disfarsi? Che il Bahrein è una dittatura wahhabi oscurantista repressiva che brutalizza il popolo e permette ad eserciti STRANIERI del Golfo di sparare sulla popolazione che si ribella all’oppressione? Che le forze dell’ordine e le milizie saudite sul territorio terrorizzano uomini, donne, bambini, medici e infermieri, giornalisti, attivisti per i diritti umani e osservatori stranieri? Che decine e decine di combattenti per la libertà, compresi medici, giornalisti, accademici, intellettuali, magistrati e altri professionisti vengono arrestati e torturati per l’opposizione al regime, poi sottoposti a processi sommari in una corte militare senza assistenza legale e condannati a lunghe pene detentive e in decine di casi anche all’ergastolo? Che il Bahrein, così come Arabia Saudita, Giordania, Yemen, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, sono dittature arabe i cui despoti sono protetti dall’Occidente in cambio del loro silenzio sulla Palestina a salvaguardia dell’egemonia di Israele nella regione? Che nel Bahrein, come nella maggioranza dei regimi arabi, i dittatori al governo hanno l’ordine di reprimere e punire qualunque tentativo del popolo di alzare la testa e sollevare la “questione palestinese”? Che il “sovrano” del Bahrein, al-Khalifa, si vanta dei suoi rapporti ravvicinati con il Mossad, i servizi segreti israeliani? Che nei due giorni che precedevano la gara 600 manifestanti e attivisti sono stati arrestati? Che alla vigilia della gara un giovane combattente per la libertà è stato brutalizzato, torturato, ucciso e gettato sul tetto di un edificio per nasconderlo alla vista dei giornalisti? Che alla stampa estera è stato vietato l’ingresso nel Bahrein per nascondere la brutalità del regime nei giorni della manifestazione sportiva? E che i componenti dell’unica troupe riuscita ad infiltrasi, del Channel 4 britannico, sono stati terrorizzati, malmenati e arrestati per avere filmato scene di protesta fuori dal circuito della gara? Che i mezzi militari usati dai sauditi per invadere il Bahrein sono forniti da USA e Gran Bretagna? Che il gas tossico, i proiettili, le armi da fuoco, le granate, i manganelli usati per reprimere le proteste sono “made in USA”? Che l’Arabia Saudita è l’esecutore della repressione nel Bahrein in collusione con l’Occidente per paura che la rivolta si possa spargere a macchia d’olio nella regione del Golfo Persico? Che i vari dittatori dell’area del Golfo, la più ricca di petrolio nel pianeta, intascano i proventi del petrolio escludendo il popolo dall’accesso alle ricchezze? Che il potere dell’Occidente sull’isola del Bahrein è salvaguardato dalla 5a Flotta della Marina Militare degli Stati Uniti d’America di stanza nel porto di Manama, a pochi metri dal circuito di F1, per reprimere qualsiasi tentativo da parte delle popolazioni del Golfo di conquistare la sovranità dei propri paesi.

“Noi governiamo i governatori”


Ma quanto succede nel Bahrein vale per tutte le altre dittature della regione. Fa eccezione la repubblica islamica dell’Iran, affrancata dall’Impero neo-con sionista con la rivoluzione del 1979 e ora presa di mira da USraele perché rappresenta un esempio “pericoloso” per gli altri popoli del Golfo Persico e del Medio Oriente in generale. Popoli che sono tutti in rivolta, specie in Yemen, Arabia Saudita, Giordania ed Egitto, le cui proteste vengono colpevolmente nascoste agli occhi dell’Occidente. Popoli tutti votati alla causa per la liberazione della regione e in particolare della Palestina. Scendono in piazza ogni singolo giorno, nei vari paesi del Golfo e nei paesi vicini alla Palestina occupata da Israele, ma vengono sistematicamente ignorati dai nostri media. Gridano: Via Israele, Via gli USA dai nostri paesi! Loro sì che sanno esattamente come stanno le cose, chi sono i padroni dei loro regimi – mentre agli occhi degli europei, gli USA vengono rappresentati come “liberatori” e gli israeliani come “vittime indifese”.Le condizioni di sudditanza a cui è soggetto il Bahrein e gli altri regimi nell’area del Golfo, fanno parte delle strategie politiche post-coloniali, il cui concetto veniva al meglio espresso dal britannico Lord Cromer ai tempi in cui l’Egitto era sotto il dominio della corona britannica:
«Noi non governiamo l’Egitto – governiamo i governatori dell’Egitto». 
Con amici come la superpotenza militare USA e i regimi arabi compiacenti, Israele non ha bisogno di sporcarsi le mani fuori “casa” per impedire ai popoli arabi di ribellarsi ai loro despoti e sollevarsi in massa per la liberazione dei fratelli in Palestina. Gli israeliani si limitano a brutalizzare il popolo palestinese ed occuparne il territorio. Come avrebbe potuto un telecronista raccontare le verità del Bahrein, gelosamente custodite dietro gli schermi e le scrivanie dei dirigenti dei media — i “farabutti dei media”, come li chiama Lendman –  sempre pronti a inchinarsi alle direttive dell’impero neo-con sionista che “governa i governatori” di gran parte del pianeta, compresi i governi europei. Dopo la seconda guerra mondiale, l’Italia – come altri paesi dell’Europa occidentale – ha perso la propria sovranità, consegnata di fatto agli USA e sul piano ideologico a Israele. Era l’anniversario della “Liberazione” in Italia qualche giorno fa, ma in realtà il paese è sotto occupazione straniera – militare, economica, politica e – aspetto più difficile da combattere – sotto occupazione ideologica, indotta dai media e dal ministero della “indottrinazione” – tanto per fare rima con il termine improprio “istruzione” – analogamente a quanto succede nel resto dell’Europa.

Succedeva durante la gara


 

Ed è proprio l’autore ebreo americano Stephen Lendman che ha fornito in tre articoli successivi la cronaca più dettagliata degli eventi del Bahrein prima e durante la gara.Scrive Lendman: «Immaginate un film in cui viene raccontata la cronaca di una gara automobilistica mentre intorno alla pista si svolgono scene di terrorismo di stato con sangue nelle strade e il fumo che sia alza dal gas tossico e dalle armi da fuoco degli sgherri del regime sguinzagliati sulla folla che protesta per i propri diritti. «Hollywood non produrrebbe mai un film in cui organizzatori, team e piloti vanno avanti con la gara infischiandosene altamente delle violenze e dei crimini che vengono commessi fuori dal circuito. «Nessuno mai scriverebbe una tale sceneggiatura – nessun produttore la finanzierebbe». Eppure nel mondo reale proprio questo è successo. A supervisionare la “sicurezza” è stato chiamato dal dittatore del Bahrein un uomo di Scotland Yard, l’ex comandante della polizia metropolitana di Londra, Peter Yates – discreditato per le violente repressioni contro i manifestanti di Londra. Alla domanda se la sicurezza nel corso della gara sarebbe stata garantita, Yates rispondeva: «certo che no – ma abbiamo dato l’ordine di sparare a vista su chiunque provi a disturbare il normale svolgimento della corsa». «Non aveva niente di normale la situazione di domenica 22 aprile nel Bahrein. Dichiarava l’attivista Ala’a Shehabi agli infiltrati della stampa britannica: ci sono veicoli blindati all’ingresso di ogni centro abitato. Il governo ha mandato un messaggio forte e chiaro. L’ordine è di sparare su chiunque tenti di uscire.«Sorpreso a parlare con la stampa, Shehabi è stato poi arrestato». Shehabi è un economista, uno studioso, un autore, un attivista e ricercatore per l’Organizzazione per i Diritti Umani “BRAVO” e co-fondatore di “Bahrein Watch”. Come riportato da Josh Halliday del “Guardian”, Jonathan Miller di Channel 4 raccontava: «la polizia ci ha sorpresi a filmare – è stata estremamente aggressiva e ha attaccato violentemente il nostro autista e il Dr. Ala’a Shehabi. Le autorità hanno sequestrato le attrezzature e i computer. Ci hanno negato il permesso di prendere il volo di ritorno». Alla fine comunque l’intera troupe è riuscita a partire. Ma dell’autista non si sa più niente.Sullo svolgimento della gara, Lendman racconta: «L’atmosfera era surreale. La partecipazione del pubblico era ridotta all’osso. Gli spettatori erano pochi. La tribuna normalmente gremita fino all’ultimo posto disponibile era mezza vuota. C’è da stupirsi che qualcuno abbia deciso di assistere alla gara …» … Certo non gli abitanti del Bahrein. Ma sappiamo che un terzo della popolazione del Bahrein consiste di residenti stranieri. Ricordiamo che la capitale Manama è anche sede di un importante Distretto Finanziario internazionale – uno dei più prestigiosi in assoluto, non solo nella regione, ma nel mondo intero. Non sono le condizioni economiche l’oggetto di contestazione degli abitanti del Bahrein, ma le politiche di stampo coloniale che impediscono condizioni di democrazia e sovranità della nazione.

Chi ha vinto? Chi ha perso?

Continua Lendman:«Gli osservatori dicono che fossero più numerosi gli agenti in borghese che gli spettatori. Dicevano anche, che la maggioranza dei team, piloti, meccanici, ingegneri e altro personale avrebbe preferito non partecipare.
«La reputazione della Formula-1 è stata offuscata. Nonostante ci sia stato un vincitore decretato dalla bandiera a scacchi, l’evento non è stato una vittoria ma una parodia.«La strategia mediatica della casa reale al-Khalifa che doveva risollevare l’immagine screditata del regime si è rivelata un fallimento totale. Il pubblico sapeva di assistere ad una farsa» …… eccetto ovviamente per i tifosi incalliti in cerca di facili emozioni generate dalla vista di uno spettacolo pericoloso, o dalla “vittoria” dell’oggetto di culto.«La vera vittoria è stata conseguita dal popolo del Bahrein» – continua Stephen Lendman. «Nonostante il tentativo di escludere la stampa dal circuito presidiato dalle guardie, i media sociali hanno raccontato la verità. Invece di focalizzare l’attenzione sulla gara, hanno fornito il resoconto delle violenze commesse dalla polizia di stato e dalle forze di sicurezza in assetto da sommossa dispiegate con mezzi blindati intorno al circuito.«Hanno raccontato episodi come quello di un gruppo di circa dieci ragazze con biglietti per la gara che dalla loro posizione tra gli spettatori hanno iniziato a manifestare pacificamente, ma sono state arrestate e picchiate e portate in una centrale di polizia nota per le torture ai prigionieri, mentre ai genitori è stato negato il permesso di visitare e assistere le figlie. «Perfino il New York Times [che Lendman attacca ogni giorno nei suoi articoli per la posizione filo-sionista del giornale] ha parlato delle proteste citando le parole di alcuni combattenti per la libertà e menzionando il caso del direttore del Centro per i Diritti Umani del Bahrein, Abdulhadi al-Khawaja, in carcere da oltre un anno per essere uno dei leader della rivolta, condannato all’ergastolo, e da oltre due mesi in regime di sciopero della fame».

Che fine ha fatto il prigioniero? 

Proprio quel giorno, al-Khawaja — ormai allo stremo delle forze — annunciava la decisione di rifiutare perfino l’acqua e chiedeva la presenza del proprio legale per dettare il testamento.E mentre scrivo è arrivata la notizia che da qualche giorno non si hanno più notizie del grande combattente al-Khwaja. Le autorità hanno detto alla moglie che suo marito non si trova più nell’ospedale militare in cui era stato ricoverato perché allo stremo delle forze. Si teme che sia ormai deceduto, dopo oltre due mesi di astensione dal cibo e diversi giorni di rifiuto dell’acqua. La moglie, Khadija al-Mousawi, raccontava ieri all’agenzia francese AFP, che dal lunedì dopo la gara non riceveva più notizie del marito e che le veniva impedito anche di visitare la figlia Zainab, arrestata il sabato prima della gara di F1 per avere organizzato una protesta in favore di suo padre.Abdulhadi al-Khawaja, che ha la doppia cittadinanza danese-bahreini, è stato condannato all’ergastolo nel giugno del 2011 con l’accusa di istigazione alla protesta contro il regime. Lo sciopero della fame è iniziato nella prima metà di febbraio.

Ecclestone e il regime del Bahrein screditati

Scriveva Ian Black sul Guardian di Londra:
… nonostante sia fallito l’intento di fermare la gara, i cittadini del Bahrein «hanno ottenuto una grande vittoria morale contro il loro governo attirando l’attenzione sulle tensioni e repressioni nello stato del Golfo…».
Black ha anche citato un analista dell’Istituto di Ricerca Brookings Doha Center - Shadi Hamid – che dichiarava:
«Per il regime del Bahrein, la gara di F1 si è rivelata un colossale fallimento, terribilmente imbarazzante. Per l’opposizione ha rappresentato la manna dal cielo».
In merito al molto discusso e ormai screditato Bernie Ecclestone, responsabile della decisione di fare svolgere il Gran Premio del Bahrein, commenta Richard Williams del Guardian : «il leader supremo della F1 ha l’abitudine di prendere i soldi senza fare domande. … uno sport la cui coscienza è stata turbata solo dal suo impatto ambientale appare ora come un paria». Commenta Stephen Lendman:  «Ecclestone e il CdA della F1 si sono coperti di vergogna con la decisione di gareggiare nonostante lo spargimento di sangue … hanno trasformato la competizione sportiva in perversione sportiva. … L’avidità del multimiliardario Ecclestone è insaziabile …»Alla polemica contestazione della stampa, Ecclestone rispondeva dicendo : «invece di scaldarvi tanto per il Bahrein, andate a raccontare cosa succede in Siria».Parafrasato, ecco il significato delle parole di Ecclestone: «non è nel Bahrein che dovete cercare un tiranno che brutalizza e uccide il suo popolo, ma in Siria».

La Siria resiste contro Israele

Come sappiamo, la versione fraudolenta sulla Siria che i media vomitano ogni giorno sui nostri schermi e sulla carta stampata è una menzogna di cui TUTTI i governi e le persone bene informate sono consapevoli, senza tuttavia ammetterlo. E’ una menzogna che vuole nascondere le intenzioni dei paesi NATO, decisi ad offrire la Siria come prossima preda alle mire espansioniste di Israele, che da decenni tenta di appropriarsi della Siria dopo avere già rubato le Alture del Golan. «Non fatevi ingannare da quanto raccontano i media sulla Siria – dichiarava alcune settimane fa il co-fondatore di Free Gaza, l’americano Paul Larudee, in visita nel Libano per la Marcia su Gerusalemme. «C’è Israele dietro le violenze della Siria».Sono le gang terroriste finanziate e armate da Israele, USA, Francia, Inghilterra, Arabia Saudita, Turchia, Qatar e altri alleati dell’impero neocon-sionista che seminano morte e distruzione in Siria, mentre il popolo regolarmente manifesta in difesa del proprio leader Assad, che è riuscito finora a respingere l’aggressione predatoria di Israele.Anche in Siria un anno fa iniziavano le proteste, ma non per il rovesciamento del governo, quanto per chiedere legittime riforme – come avviene in ogni nazione di questo pianeta. Ma sappiamo che – analogamente a quanto successo in Libia – Israele e l’Occidente hanno infiltrato le proteste con mercenari stranieri e armato certe sfere dell’opposizione siriana, imputando ad Assad la responsabilità dei massacri – le cui vittime sono in maggioranza i soldati dell’esercito regolare siriano e gli agenti delle forze dell’ordine.Certo non è Assad a dare l’ordine di massacrare i suoi soldati e di fare esplodere ordigni nelle caserme.La Siria sta lottando con le unghie e con i denti per mantenere la propria sovranità e indipendenza dall’onnivoro e vorace impero neo-con sionista che tenta di instaurare anche in Siria un governo fantoccio filo sionista, filo-occidentale.Purtroppo i nostri media forniscono la versione che racconta il canale Al-Jazeera.Già colpevole di avere fornito le falsità mediatiche che hanno legittimato l’intervento in Libia agli occhi del pubblico occidentale, ora Al-Jazeera sta ripetendo lo stesso giochino sporco anche riguardo alla Siria. Ricordiamo che Al-Jazeera è la televisione di stato del Qatar – promotore attivo dell’aggressione al Libano e ora attivamente coinvolto nelle violenze in Siria.Nelle ultime settimane, vari dirigenti dell’emittente, compreso il direttore generale Wadah Kanfar, si sono dimessi, uno dopo l’altro, in aperta contestazione con le strategie mediatiche ingannevoli di Al-Jazeera English, il canale a diffusione internazionale che ai suoi esordi rappresentava una vera e propria rivoluzione nel mondo delle news a diffusione mondiale, ma che ora si è uniformata alle menzogne raccontate dai vari organi di propaganda sionista come CNN, BBC, FOX NEWS, France 24, Deutsche Welle – per citare i canali più noti.Ma a volte ciò che è ovvio non può essere ignorato. Proprio ieri il sito web di Deutsche Welle e il sito della testata turca Today’s Zaman evidenziavano quanto fosse determinata la leadership politica di Israele a sostituire il presidente siriano Assad con un governo disposto al compromesso politico con Tel Aviv e Washington e a tagliare i ponti con il movimento di resistenza libanese Hezbollah. Tuttavia, Israele è considerata un nemico sia dal governo che dall’opposizione della Siria, motivo per cui Tel Avviv non può tentare di influenzare direttamente l’opposizione interna e deve quindi delegare il lavoro sporco agli alleati nella regione e in Washington.L’occupazione israeliana delle Alture del Golan, un terreno molto fertile rubato alla Siria durante la Guerra dei Sei Giorni del 1967, rappresenta una ferita aperta molto dolente per il popolo siriano. Per questo, qualsiasi gruppo di opposizione siriano che entrasse in contatto con agenti israeliani verrebbe percepito come un traditore. Tra l’altro, Israele si trova in una posizione scomoda ora nella regione. Non ha rappresentanze diplomatiche nei paesi confinanti con la Siria: Iraq, Libano e Turchia [in Turchia esiste, ma di recente è stata degradata a un livello inferiore]. E nella confinante Giordania le cose si mettono male per Israele: ogni singolo giorno il popolo manifesta per le riforme chieste da tempo, tra cui, prima sulla lista, l’interruzione dei rapporti diplomatici con Israele. Nel giro di un anno, ovvero dall’inizio della rivolta del popolo giordano, è la quarta volta che il re di Giordania ha dovuto sostituire il primo ministro. Anche l’ultimo premier nominato appena due giorni fa è stato subito contestato dal popolo, sceso in piazza ieri gridando: «Tarawneh, non ti abbiamo eletto – te ne devi andare». La stessa condizione vige in Egitto, dove mesi fa il popolo ha cacciato l’ambasciatore israeliano con tutto il personale diplomatico. Sono poi “rientrati dalla finestra” i diplomatici del regime sionista, ma non hanno ora una sede fissa. Ma di Egitto e Giordania parleremo altrove – specie dell’Egitto che sta conseguendo alcune vittorie importanti nella lotta contro Israele.* * *

Il commento di George Galloway

Non hanno più amici nella regione, USA e Israele – solo alleati di comodo: dittatori corrotti fino al midollo e traditori dei loro popoli.Traditori a tal punto da fare parte della cospirazione contro le nazioni arabe che tentano di resistere all’impero sionista – come hanno fatto Arabia Saudita e Qatar contro la Libia e come fanno ora in Siria.Traditori a tal punto da agire come cani da guardia in favore di Israele contro i fratelli palestinesi – come fanno i despoti di Egitto e Giordania. Non erano re, gli usurpatori di Giordania, Arabia Saudita e Bahrein, prima di essere messi sul trono artificialmente creato dalle potenze coloniali di America e Gran Bretagna per tenere gli arabi sotto scacco, divisi tra loro, ridotti a sentinelle del crimine che si perpetrava ai danni dei palestinesi mentre i sionisti si insediavano nel territorio in ondate immigratorie – molto prima dell’ascesa del nazismo in Germania. «Puoi mettere una corona sulla testa di uno sciacallo – ma lui non sarà mai un re», commentava George Galloway due giorni fa nella sua trasmissione sul canale Press-tv, in cui il famoso politico scozzese dialoga in diretta con gli spettatori che chiamano da tutto il mondo. La puntata commentava gli eventi del Bahrein e la complicità dell’Arabia Saudita nell’opprimere le popolazioni del Golfo, specie in Yemen e Bahrein dove i sauditi sono presenti con carri armati e sparano sulla popolazione inerme che vuole liberarsi dai dittatori, da Washington, da Israele.«Sono segretamente in combutta con Israele e apertamente alleati con gli Stati Uniti d’America nei crimini commessi contro il mondo islamico» – continuava Galloway. «Nessun musulmano, nessun arabo che li guardi in faccia, questi criminali, si sognerebbe mai di chiamarli “re”…»«Prestano il fianco a Israele nelle violenze contro i palestinesi, ma si scagliano contro l’Iran che si impegna in favore dei popoli arabi» – commentava indignata una spettatrice britannica parlando della casa reale saudita.Senza la protezione fornita da Washington, i tiranni arabi non resisterebbero un solo giorno alla furia delle popolazioni.I popoli del mondo – Oriente e Occidente, Sud e Nord – vogliono convivere pacificamente. Presto, coloro  che seminano discordia e inganno e violenza, mettendo gli uni contro gli altri con l’insinuazione che esistano popoli votati alla distruzione di altri, verranno smascherati e sconfitti nel loro perverso intento.

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