Resoconto della conferenza: “La lotta per l’Africa. Il neocolonialismo occidentale in Africa, l’ingerenza di Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia. La nuova politica africana della Repubblica Popolare Cinese“.
Alla presenza di un folto pubblico che ha riempito la sala dell’Hotel Farnese quasi in ogni ordine di posti, si è svolto venerdì 20 aprile il Seminario di “Eurasia – Rivista di Studi Geopolitici” dal titolo: “La lotta per l’Africa. Il neocolonialismo occidentale in Africa, l’ingerenza di Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia. La nuova politica africana della Repubblica Popolare Cinese“.
L’incontro è stato introdotto e moderato dal prof. Claudio Mutti, direttore di “Eurasia”, che ha premesso come gli USA vogliano usufruire entro il 2015 del 25% del petrolio presente in Africa e a questo proposito tentino di disturbare la proficua politica di cooperazione della Cina con numerosi paesi africani.
In questa strategia, tutelata dall’installazione del comando militare statunitense nel Continente africano, l’AFRICOM, rientrano l’addestramento statunitense e francese dei ribelli del Mali, la destabilizzazione della regione dell’Azawad (per ammissione dello stesso Nicolas Sarkozy) e il progetto di installare in Niger una missione di sicurezza con la scusa della lotta al terrorismo e al crimine organizzato. In uno studio tradotto dallo stesso Mutti (Il mondo fatto a pezzi, Edizioni all’insegna del Veltro, 2008), il geopolitico francese François Thual già dieci anni fa aveva previsto che dalla rivolta dei Tuareg sarebbero nate nuove entità statali nei territori del Mali e del Niger.
Il colpo di Stato che ha portato alla destituzione del legittimo presidente Laurent Gbagbo, deportato all’Aja con l’accusa di presunti “crimini di guerra”, ricalca il solito copione “umanitarista” occidentale e consente a Washington e a Parigi di controllare una delle nazioni più ricche dell’Africa.
Molto appassionato l’intervento del giurista ivoriano dr. Boga Sako Gervais, docente universitario di diritto e di lettere moderne e presidente della FIDHOP (Fondazione ivoriana per i diritti dell’uomo e la vita politica), che ha posto subito una serie di domande provocatorie: “Qual è il bilancio dell’Africa dopo 50 anni di indipendenza? E’ reale la sua indipendenza? Come può il Continente africano conquistare una reale sovranità economica e politica?
Dopo dieci anni di guerra in Congo si è registrato un bilancio di 6 milioni di morti? Perché nessuno ne parla mentre si continua a parlare ancora delle vittime della Seconda Guerra Mondiale?
Secondo il dr. Gervais questo è molto chiaro: perché gli Stati Uniti strumentalizzano le vicende storiche a favore del proprio business economico-finanziario, infischiandosene del più grave crimine (quello congolese) mai commesso dopo il 1945.
Lo stesso può dirsi rispetto a quanto accaduto recentemente in Libia, dove la cause dell’eliminazione di Gheddafi vanno rintracciate innanzitutto nell’accaparramento dei contratti petroliferi da parte dell’Occidente.
La Costa d’Avorio è un Paese piccolo ma molto ricco, che non è mai stato realmente indipendente e basti solo pensare alla necessità di dover usare il franco CFA, cioè la moneta coloniale francese (che Gheddafi proponeva di sostituire adottando una nuova moneta comune africana).
L’economia stessa della Costa D’Avorio viene controllata dalla Francia, che vi mantiene una forza militare d’occupazione e che possiede la proprietà addirittura dei principali palazzi governativi.
L’attuale Presidente Alassane Ouattara è stato insediato perché prono ai voleri del Fondo Monetario Internazionale e grazie al finanziamento occidentale dei “ribelli” ivoriani, esattamente come accaduto poi in Libia.
In realtà la Francia ha violato in Costa d’Avorio sia la democrazia che i diritti dell’uomo, favorendo l’uccisione di quasi 10.000 persone, nel silenzio complice della Nazioni Unite e della “Comunità internazionale” che erano al corrente dell’accordo Obama-Sarkozy.
Mentre la NATO bombardava Tripoli, con la scusa di “proteggere i civili”, l’aviazione di Parigi bombardava Abidjan e uccideva i civili ivoriani che si erano posti come scudi umani a difesa del Palazzo presidenziale.
Gli ivoriani sono però stanchi di vedersi depredare le ricchezze del paese e condurranno la loro battaglia per la verità fino in fondo.
Per questa ragione i veri Africani vogliono un esteso partenariato strategico con la Cina, che ha dimostrato di voler cooperare in maniera onesta ed equa con loro, per cercare di liberare l’intero continente africano dalla dominazione economica, geopolitica e militare imposta dall’Occidente.
L’Africa deve prendersi le proprie responsabilità e gestire autonomamente il proprio destino, rigettare la falsa e caritatevole cooperazione occidentale e battersi per una reale indipendenza: non tutti i suoi figli, infatti, accettano gli Ouattara di turno.
Jean Claude Sougnini, presidente del “Collettivo per il Rispetto della Costituzione e delle Istituzioni della Cote D’Ivoire-Italie” sezione del Piemonte, ha rilevato l’assurdità di arrivare ad una guerra per una semplice consultazione elettorale.
Ma in Costa d’Avorio Francia e Stati Uniti hanno sbagliato i loro calcoli, pur approfittando della complicità mediatica che dai tempi dell’olocausto generato dalla tratta degli schiavi ha sempre negato le sofferenze dei popoli africani.
E’ perciò indispensabile coordinarsi con tutte quelle realtà culturali e appartenenti alla società civile che vogliono ristabilire la verità sui fatti e intendono combattere contro gli usurpatori del potere, Sarkozy e Obama innanzitutto.
In Africa mancano purtroppo ancora i servizi sociali di base, quelli sanitari, scolastici … una realtà molto triste sulla quale bisogna fare piena luce attraverso un’opera di controinformazione.
Facendo solo un esempio, durante la crisi della Costa d’Avorio l’inviato italiano della RAI si trovava in Kenya … ecco questo è esattamente ciò che non deve essere accettato.
Tutti i Paesi africani colpiti da guerre e destabilizzazione hanno qualcosa in comune: il petrolio, il gas naturale, l’uranio (per questa ragione il Niger è vitale per la Francia), per cui si favorisce l’installazione al potere di una cricca che in combutta con l’Occidente si accaparra tutte le ricchezze e lascia morire di fame la maggior parte della popolazione.
L’Africa non vuole la carità occidentale ma un aiuto per liberarsi da questo sistema di sfruttamento neocoloniale che non è più accettabile, favorendo un sistema di scambio economico equo ed onesto.
Durante l’intervento di Sougnini è stato proiettato un crudo filmato che documenta le atrocità commesse in Costa d’Avorio negli ultimi mesi, mostrando tuttavia come i giovani siano ancora in strada a manifestare la propria rabbia contro l’Occidente e il Governo collaborazionista imposto dalle armi francesi e statunitensi.
Si tratta di una battaglia per l’affermazione di una vera democrazia, che non è certo quella occidentale, visto che sono proprio i “signori della guerra” a comandare oggi nel paese; una battaglia oltremodo difficile dopo la chiusura dell’Università di Abidjan, avvenuta nell’indifferenza complice dell’Unione Europea e delle altre istituzioni internazionali, che nelle fasi più acute della crisi ivoriana arrivano ad imporre addirittura un embargo sui medicinali …
Tutti gli ivoriani che non accettano il regime di Ouattara vengono perciò inseriti in una lista e corrono il rischio di essere uccisi o imprigionati a causa delle loro denunce.
Alcuni parlamentari europei non conoscono nemmeno la geografia dell’Africa eppure prendono decisioni influenti sulla Costa d’Avorio, contando sull’ignoranza di tanti esponenti politici presenti nelle istituzioni.
Ha perciò concluso il convegno il Prof. Giovanni Armillotta, direttore della rivista “Africana” e redattore di “Eurasia”, sottolineando come gli stretti legami economici tra la Cina e l’Africa costituiscano un’ottima opportunità di sviluppo per entrambe.
Il Forum sino-africano di Pechino tenutosi nel novembre 2006 con la partecipazione di 48 Paesi africani rimane la più grande conferenza interstatale mai organizzata dalla Cina, pur ignorata dai mass media occidentali controllati dagli Stati Uniti evidentemente infastiditi dal suo successo.
Siccome il sistema cinese con l’Africa è vincente senza bisogno di ricorrere a guerre e colpi di Stato, rimane da capire per quale ragione l’Europa non faccia altrettanto ma continui ad insistere con una politica che alterna conflitti e inutile misericordia, pretendendo addirittura di dare lezioni di moralità a Pechino.
La Cina deve puntare ad un partenariato strategico con l’Africa nel rispetto dei reciproci interessi e favorendo un decollo delle relazioni grazie alla cooperazione impostata su basi paritarie.
Le tre principali compagnie petrolifere cinesi hanno da tempo vinto gran parte della competizione con quelle occidentali, al punto che il continente africano fornisce a Pechino circa il 25% del proprio fabbisogno energetico, con punte del 60% del petrolio proveniente dal Sudan (dati 2011).
La secessione del Sudan meridionale, funzionale agli interessi di Stati Uniti ed Israele, costituisce proprio un tentativo di danneggiare la politica estera seria e indipendente della Cina in quell’area.
Il Drago è molto attivo anche nelle missioni di pace delle Nazioni Unite in Africa e la presenza delle sue truppe, spesso ufficiali ad alto addestramento, gli consente di familiarizzare con la cultura e la popolazione locale, di gestire da vicino i propri investimenti economici e di creare le condizioni per un vantaggio reciproco.
Nonostante il fallimento storico dell’Unione Africana, il prof.
Armillotta ricorda però come durante la “gestione” Gheddafi questa sia riuscita a far rispettare due principi fondamentali: l’intangibilità dei confini ereditati dal colonialismo; il diritto all’indipendenza nazionale contro l’ingerenza occidentale.
Questa è una delle tante ragioni dell’aggressione militare condotta dalla NATO contro la Libia nel 2011.
*Di Stefano Vernole, redattore di “Eurasia” – Rivista di Studi Geopolitici
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