Vi parlerò della luce fortuna. E di chi la incontra, in un breve istante, fra il ricordo del giorno e la promessa lontana dell'alba. Di chi la scorge, scendere dall'alto come una pioggia leggera, ma ancor più impalpabile e muta; non si posa sulle cose, ma le impregna, cercandogli l'anima. Non illumina, la luce fortuna: chi ne è investito risplende da dentro, oggi, e per molti giorni ancora.
Quando passa, la luce fortuna - perché passa, come una rara nuvola di smeraldo, danzando in un cielo indaco di pioggia e tramonto - quando passa non aspetta: né lo sguardo rapito del poeta, né l'armeggiare disperato dell'artista, che cerca la tela, i colori, le parole, un angolo vuoto di pagina, un ricordo.
Mentre rimane, la luce fortuna, non ti ha scelto, e non sa che sei qui. Perché è anch'essa cieca, bendata come il suo nume: non va in cerca di cuori meritevoli, anime oppresse o progenie d'eroi. Siede nel vento e danza nella bruma, carezza campi di grano al mattino e riccioli dorati di spuma nel chiaro di luna. Riluce obliqua nel ghirigorio di una sola foglia, nel bosco, o nel cristallo di brina sull'umile rovo: ma rifugge la cornice pregiata del maestro intento al suo capolavoro.
Fugge, la luce fortuna, in fretta e in silenzio. Oh, questo è certo: non ti porterà con sé.
Restarai, silenzio nel grande silenzio, pensando che se per un solo istante ne avessi trattenuta fra le dita una minuscola scintilla, avresti potuto cambiare il mondo, nel breve spazio della tua vita, e illuminarlo d'eterno.
E quando ti volterà le spalle, la luce fortuna, gridalo forte: che, per un istante, avesti potuto cambiare il mondo. Ma non lo puoi.