La lucignoleide

Da Trentinowine

Questua – di Paola Attanasio

Dunque, il gruppo di comando dell’Istituto TRENTO Doc, raccontano le cronache invisibili di questi giorni, è stato riconfermato. Dico la verità: fino a poco fa non avevo alcuna voglia di scrivere alcunché. Un po’ perché la notizia non c’è. Un po’ perché, e lo avrete capito da voi, ormai mi sono scocciato di scrivere e riscrivere sempre le stesse cose. Rischio di passare per Grillo Parlante. E invece preferisco, di gran lunga, il ruolo di Lucignolo.
Però, ieri c’è stato l’intervento di Massarello e oggi quello dell’amico Franco Ziliani. E soprattutto qualcuno, stasera, mi ha rimproverato: “Cosimo, e tu? Non scrivi niente? Ti sei venduto a Palazzo TuttaFrutta?”.
Per questo ho deciso di scrivere due cose. Lo faccio per punti, per essere più chiaro. E per non sprecare parole, con chi delle parole ha già fatto sapere di stracatafottersene.
1) Intanto sono sono sinceramente contento per la riconferma del presidente Zanoni. Sono convinto sia una persona per bene e un manager serio. E soprattutto, da direttore di Cavit, in questi tre anni, ha fatto molto per migliorare e diffondere la reputazione domestica del TRENTO; lo ha fatto immettendo sul mercato locale una buona quantità di Millesimato (Altemasi) di ottima fattura e qualità a prezzi più che vantaggiosi: questo ha scombussolato un po’ gli equilibri, ha fatto soffrire un po’ qualche cooperativona concorrente, ha creato qualche difficoltà sul fronte dei prezzi per i piccoli produttori, ma il risultato finale gli ha dato ragione; oggi il marchio TRENTODOC, in Trentino, è più conosciuto di tre anni fa. E questo, si mettano pure il cuore in pace i bollicinari del marketing nostrano, lo si deve alle aggressive scelte commerciali del consorzio di Ravina, non alle fantasmagorie luccicanti partorite fra palazzo Roccabruna, via Romagnosi e palazzo TuttaFrutta.
Di lui, di monsieur Zanonì, però c’è qualcosa che mi sfugge. E di sicuro dev’essere un mio limite. Non capisco la ragione per la quale si presti a fare da asettico garante di un equilibrio ingessato e marmorizzato, la cui lugubre regia sta altrove. Di sicuro non a palazzo TuttaFrutta.
2) La rinconferma di tutta la squadra, a mio modestissimo parere, è tutt’altro che un buon segno. Se è vero che squadra che vince (?) non si cambia, è anche vero che qualsiasi gruppo dirigente che si rispetti dovrebbe pensare al futuro e alla successione. Ingessare un CdA senza muovere nessuna pedina per sei anni, significa non porsi la questione della classe dirigente del futuro.
3) I numeri conosciuti che riguardano il TRENTO, sono tutt’altro che incoraggianti come recitano le veline e i velinari di regime e di palazzo: lo scorso anno, la produzione – per ammissione dello stesso presidente – si è attestata attorno ai 7 milioni di pezzi. Un milione secco in meno rispetto agli otto milioni di cui si è cianciato per anni.
4) Tanto per cambiare, viene annunciata la prossima conquista dei mercati esteri. Ma i mercati esteri, ammesso che siano disposti a virare dal Prosecco al metodo classico, per chi sono appetibili? Per quante delle 41 aziende aderenti all’istituto, gli States sono una prospettiva verosimilmente interessante e remunerativa? Una? Due? Tre? Oltre 30, delle 41 maison trentodocchiste, infatti, producono meno di 10 mila pezzi. Bastano diecimila – diconsi diecimila – pezzi per immaginare ragionevolmente di poter aggredire il mercato statunitense? Io penso di no.
5) Il nuovo – vecchio gruppo dirigente ha confermato che anche per il futuro il pay off del TRENTO si affiderà alla suggestione delle “Bollicine di Montagna”. Otto anni di marchio collettivo TRENTODOC appiattito su questo svettante proiezione priapistica, hanno portato a meno di niente. Oggi si produce lo stesso numero di bottiglie – forse meno – di quelle che si producevano prima del 2007, prima delle visioni montanare, prima della lessicografia bollicinosa-dolomitica. Prima della paccata di milioni (di euro) investiti dalla promozione pubblica su questo pay off cervellotico di cui è sconosciuta la paternità.
6) Il nuovo – vecchio CdA si è impegnato per qualcosa che assomiglia ad un Osservatorio delle Produzioni. Non è la prima volta. E’ l’ennesima volta. Piccoli e Grandi uomini del Trento su questo punto hanno speso per anni parole e promesse fino a svenarsi. Speriamo, tuttavia, che questa sia quella buona. Speriamo. Senza convinzione. E non perché non voglia credere alla buona fede del presidente Zanoni e dei suoi valenti consiglieri. Ma perché continuano a permanere ragioni oggettive che ne impediscono la realizzazione. Si chiamano velleità di leadership politica di alcune (una) grandi maison. Nei cui confronti tutti, per inspiegabili (almeno a me) ragioni, sembrano devotamente e avvilentemente accondiscendenti.
Basta così. Per oggi, e anche per domani, con il TRENTO DOC ho finito.


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