Mi sono fatta fregare come una pivella dalla copertina di questo libro di Antonio Moresco: La lucina, le libellule Mondadori.
Mi ricordava qualcosa che sta nei miei ricordi, nei miei sogni, e si sa, la madre delle Muse è Mnemosine, la memoria.
La copertina è tratta da un’opera di Giulio Mottinelli Notte d’estate, che purtroppo non sono riuscita a trovare sul web.
Il titolo, poi, faceva pensare a qualcosa di fatato, magico, di quella magia reale, e non folkloristica, che caratterizza tanta letteratura italiana.
Macchè. Arrivata a pagina 38 ho messo una gran croce e ho mollato. Sarà il prossimo libro ad essere destinato al bookcrossing a macchia di leopardo selvaggio. In 38 pagine ho trovato scritta per ben 14 volte la parola “vegetale”, parola che detesto e che mi fa venire in mente il brodo, non certo la natura e il paesaggio.
E che ci sta a fare l’editor se non gli corregge gli errori? Poi dicono “gneee, non mettete avverbi!”.
Sì, vorrei dire io, e tu correggi un libro in cui in pagina sì e una no, c’è scritto “mondo vegetale”!
Piove!Mondo vegetale!
Per arrivare al quid dell’intreccio, ho seguito il consiglio di un’amica, e mi sono letta l’ultima pagina. La storia può anche essere carina, per quanto non originalissima, ma è letteralmente raccontata coi piedi.
Piena di ripetizioni, come che io vi dicessi: “Sto scrivendo dal computer di mia sorella perchè il mio deve essere formattato. Quel pomeriggio ero in camera di mia sorella perchè non potevo usare il mio pc, che doveva essere formattato”.
E che ci sta a fare l’editor se non corregge le ripetizioni? E poi dicono: “gneee, non scrivete ripetizioni!”
E poi ancora descrizioni dei luoghi kitsch e banalizzate fino all’allegoria. In più una lettera scritta a se stesso come una sorta di prefazione. Del tipo “lei non sa chi sono io”.
Signori, questo libro ha anche il bollino SIAE.
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