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La luna rossa

Creato il 12 luglio 2011 da Pierluigimontalbano
La luna rossa
Le credenze popolari sarde legate alla luna rossa
di Tonino Bussu

L’ultima eclissi di Luna era stata nella serata del 3 marzo 2007, mentre la penultima si era verificata nell’ottobre del 2004, ora la stessa occasione si presenta mercoledì 15 giugno. Per gli appassionati basterà uscire fuori dal paese intorno alle nove di sera, appena tramontato il Sole, e si potrà vedere il sorgere della Luna a Est con l’eclissi già in atto. Nei giorni seguenti la luna tarderà un po’ a sorgere e se ne vedrà prima il bagliore. Ai bambini che chiedevano perché la Luna tardasse a sorgere, gli anziani rispondevano ca como est chenande, cando finit de chenare, essit.
E’ risaputo che le eclissi totali di Luna avvengono sempre con la Luna piena e questa sorge a Est, mentre il Sole sta tramontando a Ovest. Dunque il nostro satellite si presenterà nel cielo stellato per gran parte della notte. Anche stavolta il fenomeno durerà varie ore, infatti la Luna sarà già interessata dall’eclissi verso le nove di sera e continuerà a oscurarsi finché, intorno alle dieci e dieci, ci sarà l’eclissi totale e il nostro satellite si presenterà con un colore rossastro; infatti viene chiamata la Luna rossa.
Poi pian piano, grazie ai movimenti di Terra, Luna e Sole, l’eclissi andrà diminuendo e rivedremo sempre più parti di Luna chiara finché, intorno alla mezzanotte, il satellite si ripresenterà nella sua forma usuale, molto splendente, bianca come la neve, con un chiarore abbagliante, soprattutto al telescopio, e continuerà a percorrere il suo itinerario apparente da Est a Ovest, dove tramonterà nelle prime ore del mattino. L’eclissi di Luna si attua quando il nostro satellite attraversa il cono d’ombra causato dalla Terra che si interpone tra il Sole e la Luna stessa. La componente rossa della luce solare verso l’atmosfera terrestre viene rifratta sulla Luna che assume un colore rosastro, mentre la componente blu si disperde nell’atmosfera terrestre.
Questo spettacolo, naturalmente grazie al particolare colore rossastro del satellite, è molto affascinante, sia nei momenti precedenti l’eclissi totale, in quanto si presenta con tonalità di colore diverse, quando l’astro è ancora in penombra, sia nei momenti successivi all’eclissi, quando questa sta per finire del tutto.
Mentre si assiste all’eclissi totale si può ammirare il pianeta Saturno, vicino alla costellazione del Leone, o la bellissima Antares, la più brillante stella doppia della costellazione dello Scorpione. Ma queste stelle e Saturno si possono vedere per poco tempo, in quanto la visione delle costellazioni e degli altri astri è impedita dal forte chiarore della Luna piena, che le oscura. Molte sappiamo sono le credenze popolari sarde legate alla Luna e ai pianeti.
Innanzitutto bisogna premettere che si aveva un religioso rispetto degli astri e un timore diffuso e misterioso avvolgeva la vita delle stelle per il loro creduto influsso sulle vicende umane, terrestri.
E questo timore si manifestava nel proibire ai bambini di contare le stelle, altrimenti, avvertivano i saggi, vi spunteranno i porri, le verruche nelle mani. La Luna era il riferimento principale per i pastori che calcolavano l’epatta, che significava l’età del satellite al primo gennaio.
Secondo i precisi calcoli dell’epatta l’anno iniziava nel mese di marzo, come del resto succedeva anche nel Granducato di Toscana fino alla metà del ‘700: si preparava il calendario quindi partendo dall’annunciazione, ab incarnartione e non dalla nascita di Cristo, ab nativitate, a fine dicembre.
E i pastori calcolavano le varie fasi della Luna e il mese lunare che ‘in bintinove no abarrat e a trinta no arribat, cioè non rimane entro i ventinove giorni, ma non arriva a trenta; infatti il mese lunare è di circa 29 giorni e mezzo. Il calcolo dell’età della Luna era abbastanza complicato e impegnativo, partivano dal giorno stabilito, tenevano conto del numero di mesi trascorsi da marzo, si aggiungeva il numero di giorni che la luna aveva al primo gennaio e si otteneva l’età della Luna in quel determinato giorno.
Se tutte queste somme superavano il numero 30, quest’ultimo veniva sottratto dal conteggio per stabilire l’età della Luna al primo gennaio. Quindi come vedete è abbastanza complicato, ma i pastori, che con questi calcoli avevano dimestichezza, arrivavano al conteggio preciso e riuscivano a stabilire quando cadeva la Pasqua sia dell’anno in corso che di quelli precedenti o successivi.
Ma la conoscenza delle varie fasi della Luna, oltre alle festività, era legato a molte credenze popolari che regolavano la vita contadina e pastorale.
Il taglio della legna si doveva effettuare, per esempio, in Luna vona, cioè in Luna cumpria, Luna piena, in su coro de s’iverru, nel cuore dell’inverno. Così la legna sarebbe rimasta indenne da tarli o muffe.
Ma anche il taglio delle canne per le launeddas dovevano tener conto della Luna in modo che lo strumento musicale fosse perfetto. Di una persona fortunata si diceva che era nata in luna vona, sotto una buona stella, dunque, con la camicia, protetto.
Le patate bisognava piantarle, pastinare, durante la luna crescente, mentre i fagioli durante la luna calante; quando la luna era circondata dalle nuvole, cun sa mandra o cun sa corte, era presagio di nevicate o di piogge prolungate, mentre quando aveva qualche stella (pianeta) vicino, si vociferava con terrore: Oddì ca morit partorza o occhiden a calicunu! (Oddio, vedrete che morirà qualche partoriente o uccideranno qualcuno!). In effetti la morte nel parto era frequente e, purtroppo, anche i delitti.
E le credenze arrivavano a tal punto che di lunedì, giorno della Luna, non si sarebbe dovuto sestare vestire, progettare, ritagliare e confezionare abiti, perché dopo s’irminoricaban, si sarebbero ristretti. Il lessico della lingua sarda esprime con sa Luna cun sos corros a susu o a josso il detto in italiano Gobba a ponente, Luna crescente, Gobba a levante, Luna calante.
Ma la Luna ritorna nei giochi delle bambine durante la panificazione, quando con i ritagli di pasta viene rappresentata la Luna piena o sa mesuluna che poi viene riportata, in legno o in ferro, anche negli archi sopra le porte. Nelle filastrocche infantili la Luna è immaginata come sorella della Terra e così una di queste recitava:
Luna Luna / ghettamind-una / e una mela / e un’aranzu / coche su pranzu / coche sa chena / imbiamichela / cun sorre tua / a bua a bua.
Un’altra filastrocca diceva: Luna Luna / pischedda pruna / pischedda prana / sa ‘e sa rana / sa ‘e sos aneddos / dringhili dringhili sos sonajoleddos.
Mentre in altre realtà, tra le credenze legate alla Luna piena vi è quella del lupo mannaro, in Sardegna, mancando il lupo, si fa riferimento ancora al bue, a su boe mulinu o boe muliache, figura impressionante che nell’immaginario collettivo popolare indica un uomo, un’anima in pena, che si imbova, che mentre dorme, il suo spirito esce dal corpo ed entra in quello di un bue che pare attraversasse i viottoli del paese lanciando terribili e terrificanti muggiti, mentre con le zampe anteriori martellava il selciato, come martello sull’incudine, provocando scintille e fiammate infuocate e un rumore assordante,che ghiacciavano il sangue alle persone.
Questa figura di uomo-bue era solito fermarsi dinanzi a qualche casa ed annunciavi cattivi presagi per chi la abitava. Anche quando i cani o i gatti abbaiavano o miagolavano in modo lamentoso, quasi imitando il pianto delle prefiche, de sas attitadoras, presagivano eventi luttuosi.
E per parlare ancora dei legami tra la figura bovina e il clima possiamo citare su vricu 'e mare o marinu, il vitello marino, che sono i lampeggi che si scorgono all’orizzonte, la sera, e che presagiscono brutto tempo. Questi lampeggi sembrano personificare il vitello marino o foca monaca che saltella all’orizzonte e che prevede un clima di pioggia.
L’eclissi di Luna rappresentava un evento eccezionale anche per i sardi, che non vedevano niente di buono in essa e gli auspici che ne traevano erano sempre infausti. Del resto in altre civiltà l’eclissi rappresenta la divinità risentita perché ferita dai morsi del lupo mannaro o del drago che se la divoravano.

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