…ha un nome perfetto per scrivere bestseller…
… questa è la prima cosa cui ogni editore bada, quando si tratta di un autore nuovo. Non si domanda “quello che ha scritto è valido?” o “vale qualcosa quello che ha scritto, una volta fatta piazza pulita di tutti gli aggettivi?” ma “il suo cognome è bello e corto, e il suo nome è un po’ più lungo?”
Quello che non riesco proprio a capire è perché uno deve prima morire per riuscire ad avere un discreto successo. Ci si intenda, non è per tutti così! Ci sono scrittori che meriterebbero l’arrotamento eppure sopravvivono benissimo e con successo…
Il problema sussiste più per gli autori dotati ma meno fortunati. Uno di questi è sicuramente Douglas Adamas (morto nel 2001 per un infarto, a soli 49 anni), autore di Guida Galattica per gli Autostoppisti (la serie radiofonica ed i successivi romanzi da cui è stato tratto un film recentemente). Pur essendo tra i più noti umoristi anglosassoni, tuttavia non è mai riuscito ad oltrepassare pienamente la manica. Sense of humour raffinato ed elegante, a tratti assurdo e sconvolgente, stile troppo lontano probabilmente da quello attualmente frequentato dalla letteratura umoristica italiana (ovviamente escludo, dal deprecabile novero, il sempre geniale Benni). E meno male che non stiamo parlando di films, perché poi avrei dovuto costruire delle difese di tipo campanilistico, tendenti ad escludere dei paragoni con i Vanzina, Boldi (e i suoi insopportabili cipollino) e compagnia brutta.
Eppure sono rimasto particolarmente sorpreso, dopo aver acquistato La Lunga Oscura Pausa Caffè dell’Anima, libro contrassegnato in copertina da una bella dicitura evidenziata in verde: “Inedito”. Sono rimasto preoccupato e perplesso nello scoprire che la prima edizione di questo testo è addirittura del 1988. Forse in Italia sta uscendo un po’ tardino? Ma la cosa non mi meraviglia, se poi penso che ancora inedito in terra italica è un libro del neozelandese (maori per la precisione ) Witi Ihimaera, The Matriarch, del 1986, che a farla breve pone in raffronto le lotte di liberazione neozelandesi con il risorgimento italiano.
Ma torniamo a La lunga oscura pausa caffè dell’anima, seconda puntata della serie dedicata a Dirk Gently, investigatore privato…olistico! Recentemente mi è capitato di avere una discussione da bar tra amci in merito ai vari metodi investigativi, e a come oggi gli inquirenti istituzionali sembrano non seguirli. Mi riferisco al tipico metodo deduttivo alla Sherlock Holmes; quello della mera osservazione (vi dice qualcosa la lettera rubata di Dupin?) che ne è il diretto antecedente; e quello che prende in considerazione gli interventi essenziali del Caso (Durrenmatt). Ecco, partendo dall’assunto che tutti gli eventi siano correlati ed in dipendenza stretta tra loro, Adams propone un nuovo metodo di indagine, cioè il metodo olistico.
Faccio un esempio: per sapere com’è finita la partita di pallamano dello Scicli (A.S.D.Handball Scicli), pur non essendo andati allo stadio, si può cercare la risposta nella craniata in fronte presa contro una porta di casa, mentre si correva in bagno per andare a fare la pupù. In effetti, il discorso è anche supportato in Fisica da dotte teorie. Vi ricordate la storia della farfalla che batte le ali all’altro capo della Terra e di come lo spostamento dell’aria conseguente possa causare un ciclone nella parte opposta? Con tale metodo di inchiesta, Dirk Gently cerca di risolvere i suoi casi.
In questo episodio l’investigatore privato viene coinvolto suo malgrado in un intrigo assurdo che interessa tutta la mitologia norrena. Così veniamo a scoprire che anche nelle più buone famiglie ci sono dei problemi ed il rapporto padre-figlio, tra Odino e Thor, non è certo dei migliori. A quanto pare Odino è un po’ depresso perché non ha più adoratori… sono le conseguenze dei cambi di religione, c’è poco da fare! Così, depresso e demoralizzato da una immortalità così silenziosa, nell’indifferenza della massa umana, cerca di rigenerarsi nel campo della pubblicità. Per far ciò vende l’anima a due loschi individui, i coniugi Draycott. Il momento faustiano non può che rimandarmi ad un racconto del sempre buon vecchio Borges: Deutsches Requiem, (osserva uno scrittore del secolo XVIII che nessuno vuol essere debitore dei suoi contemporanei; io per liberarmi di un’influenza che presentivo opprimente, scrissi un articolo intitolato Abrechnung mit Spengler, nel quale facevo notare che il monumento dove appaiono più chiaramente i tratti che l’autore chiama faustiani non è il composito dramma di Goethe, ma un poema scritto venti secoli fa, il De Rerum Natura), racconto ispirato tra le altre cose dal noto requiem di Brahms e che tratta (sempre tra le altre cose), di come la Germania…no, no, non ve lo dico, ché poi vado fuori tema e sembro pure moralista. In ogni caso è tutto collegato, e non solo olisticamente. Il libro di Douglas è esilarante, caustico e anche amaro
Potevamo avere il mondo intero, volendo. Ma chi ha voglia di possedere il mondo? Pensi quanto disturbo. Non vogliamo nemmeno un’enorme ricchezza, con tutti gli avvocati e gli amministratore con cui bisogna avere a che fare, e lo lasci dire a me che sono un avvocato.
Forse il ritmo del racconto è un po’ altalenante. Non è probabilmente all’altezza di Guida Galattica, ma si fa leggere più che piacevolmente. Soprattutto, quello che il lettore deve avere ben chiaro è che non si tratta dell’ultimo libro di Ale e Franz o di qualcosa di Checco Zalone… qui il senso di letteratura umoristica va a riallacciarsi a quegli autori storici, estremamente colti (come Jerome o come Twain, ad esempio), capaci di nascondere dietro dissacranti figure metaforiche, le loro concezioni metafisiche e ontologiche.
«Essere un dio, Hillow,» continuò Odino «bè, non era una cosa pulita, ascolti quello che sto dicendo? Non c’era mai nessuno che si occupasse delle lenzuola. Che se ne occupasse veramente, dico. Ma ci pensi? In una situazione come la mia? Il Padre degli Dei? Non c’era nessuno, assolutamente nessuno, che entrasse e dicesse: “Signor Odwin … … ho cambiato il suo letto, lei ora ha delle lenzuola pulite”. Proprio nessuno. Si faceva sempre un gran parlare di spaccare, devastare e fare a pezzi. Un gran ciarlare di cose potenti, di cose distrutte, di cose fatte schiave di altre cose, ma ben poca attenzione, me ne rendo conto solo adesso, alla lavanderia…».
Dunque -- lo ripeto -- non si lasci ingannare il lettore, perchè dietro una risata c’è sempre in agguato una riflessione molto seria. Così seria, che occorre deriderla…
E comunque, ora che Douglas Adams è morto tuttu ri calata, no? Via alle celebrazioni postume!!!
Buona lettura e riguardosi saluti
Gaetano Celestre