Il santuario della Madonna del Canneto a Gallipoli
Il 2 luglio, al tramonto, nel seno del Canneto di Gallipoli si celebrerà la festa della Madonna del Canneto, l’antico porto peschereccio, e una statua in vetroresina realizzata dall’artista Tiziano Scarpina, sarà calata sul fondo per poi farla emergere come un’apparizione miracolosa. Si ripeterà l’antico leggenderaio miracolo avvenuto molti secoli fa in quello che allora era un aquitrinio paludoso. Augusto Benemeglio ha realizzato per noi questo reportage sulla singolare festa gallipolina(n.d.r.).
Un attimo d’eternità
- Sui gradini del Canneto
Sui gradini del Santuario rosa della Madonna del Canneto, insieme ai pescatori intenti a riparare le reti, o a costruire quelle splendide nasse, lavorate a fil di canna da vecchi dalle dita di ragno, maestri pazienti, lucidi e perfetti sotto un cielo viola d’una giornata gonfia di nuvole di metà giugno e amorini paffuti, stanno in attesa della trionfante sposa. Nasse, dicevamo, nasse meravigliose, uniche, così grandi da parere “lo scheletro di un mappamondo gigantesco, e così leggere come una bolla di sapone“, leggere come un guscio d’uovo, ma di una perfezione geometrica, in cui si celebra il trionfo degli intrecci. Ma ecco che all’esterno della Chiesa vedo una nuova statua della Madonna, che richiama alla mente lontani echi michelangioleschi, una statua col volto di una fanciulla gallipolina, alta come una colonna di luce, che ha ai suoi piedi la chiesa del Canneto, a lei dedicata fin dal XII secolo, quando fu per la prima volta edificata e, poi, nel corso dei secoli, mille volte distrutta e riedificata fino a quello splendore barocco che si vede oggi, con le sue architetture, le sue cornici, i suoi stucchi, i suoi quadri, una sorta di grande arca marina che ha odore di rosa quotidiana, che fa musica ad ogni tramonto e si muove nell’aria e nel tempo, si muove perpetuamente nella sua immobilità di carparo, pietra di miele e di rosari, di quiete, di silenzio in un gran concerto di violini che ti strappa il cuore , un silenzio senza fine che ti porta faccia a faccia con il destino, il tuo destino.
- Don Gigi De Rosa
Anch’essa solenne e lieve, nonostante la sua altezza (due metri e mezzo), è una statua in vetroresina, perché deve avere caratteristiche particolari, deve essere forte e leggera, deve saper galleggiare sull’acqua, come una nave, appunto. “E la Madonna è una nave, di fede, di speranza, di futuro, per tutti”, mi dice don Gigi De Rosa, sul pronao del Santuario, a fianco della statua, che deve essere restaurata. Eccolo il vecchio Rettore del Santuario, l’amico dei tempi eroici, – un abbraccio, un sorriso, un ola – quasi vent’anni dopo. E’ un po’ più curvo, un po’ più magro, un po’ più pallido, ma col sorriso di sempre, bonario, aperto, fanciullesco, pronto alla marachella (questa idea della nuova Madonna – penso io – è sicuramente opera sua); eccolo con l’infaticabile voglia di fare cose nuove, continuare a stupire con la sua fantasia, la sua grande immaginazione, la sua grande capacità intuitiva. E’ ancora lui, pioniere della cultura popolare, intatto, come vent’anni fa, quando si andava insieme a far conoscere in tutto il meridione chi era San Gerardo Majella, o il grande Don Tonino Bello; eravamo in giro per la Puglia, per la Campania, per la Lucania. E’ lui sempre presente, lui, il prete finto pigro della pennichella, il prete dalla voce baritonale che non aveva bisogno di microfoni, (il microfono ce l’ho incorporato, diceva), sempre pieno di idee, di iniziative, pieno di fervore e di energie interiori, eccolo sui gradini di uno dei santuari più belli e fascinosi d’Italia che mi racconta una nuova storia della “città bella”.
- La vita è sogno
Trent’anni fa ero stato uno dei fautori del primo libro di Giuseppe Albahari, grande storico cronista di Gallipoli, “La Rosa Azzurra”, in cui tra i vari personaggi di cui ritesseva la storia leggendaria mi rimase impresso proprio quello dell’umile vecchio pescatore Andrea, “coi cazzi ‘nfordacati” (pantaloni arrotolati fino al ginocchio), che per campare raccoglieve e vendeva le canne del luogo detto “Canneto”, una palude malsana a ridosso della riva del porto peschereccio, e propriò dove ora sorge la chiesa trovò un medaglione col ritratto della Madonna (la stessa icona che troneggia sulla parete di fondo alle spalle dell’altare maggiore). Era l’ora sesta e volò un gabbiano. Andrea udì una voce (era quella del gabbiano?) che gli diceva che lì, in quel posto, dovevano edificare una chiesa intitolata alla Madonna, la Madonna del Canneto. Lui ne parlò al parroco, ma quasi alla chetichella, e rimase in attesa fino alla morte che l’ulteriore prodigio (la costruzione della chiesa) fosse compiuto. Di leggende di Madonne se ne vedono, se ne sentono, se ne leggono ogni giorno, da secoli e secoli, tuttavia nessuna mi aveva colpito come questa: era piena di pudore, di una rude salsa grazia, di una magia dell’essenza, della discrezione, della verità interiore, gelosa, da dire a mezza voce, insomma era una specie di seduzione della riflessioni tra sé e sé, un nodo di luce, una di quelle solitudini che fa innamorare. E allora chiesi all’amico Giuseppe (che mi aveva dedicato uno dei suoi racconti) dove l’aveva trovata quella storia lì, e lui mi disse papale papale che l’aveva sognata.
Ed ecco che don Gigi mi fa: “Vedi questa Madonna che è stata fusa in vetroresina nella fonderia Magnifico di Modugno? Bene l’ha realizzata Tiziano Scarpina, il nipote del più grande cartapestaio di Gallipoli di tutti i tempi (un vero e proprio genio nella realizzazione dei carri allegorici grotteschi del carnevale gallipolino, spentosi qualche anno fa), ed è nata quasi per caso, come nascono le cose grandi belle utopistiche, cose che poi magari avranno un seguito, una tradizione, una consuetudine, una leggenda, una storia. La prima edizione di questa Madonna del Canneto, che emerge dall’acqua è nata da un sogno“. Il prete mi guarda, poi s’avanza a passi lenti, con lo sguardo in basso, sembra che legga un breviario. Poi alza la testa e guarda il mare con aria di approvazione, anche il mare – sembra voler dire – è un breviario, parla di Dio e della Madonna del Canneto.
Un sogno? Sì, è Tiziano che ha fatto il sogno della Madonna del Canneto, e poi è venuto da me; ed io ero lì in attesa di questo, era quasi un convegno, un appuntamento con il destino, capisci? Ero al santuario, nominato rettore da pochissimo, proprio per raccogliere il suo sogno e farne, insieme a tanti altri, ingegneri, pescatori, sub, architetti, costruttori di nuvole e di sogni, un qualcosa di vivo e reale, un evento… Ecco tutto. Già. La vita è sogno, diceva Calderon de La Barca, e quelli che sognano più di tutti sono i poeti, gli farà eco Luis Jorge Borges.
- E il naufragar m’è dolce in questo mare…
Lo guardo, questo briccone di un prete, capace di trasformare quel piccolo porto di pescherecci i cui moli sono intasati di macchine e motorini in una spiaggia infinita dei mondi. Del resto non esiste quinta scenica più straordinaria del Canneto, la Fontana Greca sulla soglia, il Rivellino e il Castello di fronte, e le antiche mura della città di fronte che ne fanno una città ideale, una città di sogno, la felicità di quell’esercito di foto-maniaci che siamo tutti diventati col digitale. Ma come fu questo sogno, Don Gigi? A me sembra che tu, in un paese di mare per eccellenza qual è Gallipoli, non potevi che avere in qualche modo la tua “Stella Maris” fantasmagorica come questa, come ce l’hanno tutti i paesi di mare, gli dico con affettuosa spietata sincerità. E allora lui mi porta a testimonianza l’artista, in carne e ossa, Tiziano Scarpina, che mi rivela che effettivamente ha sognato la Madonna, che emergeva dalle profondità delle acque, la madonna aveva il viso di una fanciulla gallipolina, figlia di pescatori, che ogni domenica viene a messa al Canneto. L’ha sognata mentre lui stava per affogare in mare e prima di morire, come tutti i naufraghi, aveva percepito la coscienza dell’infinito. La Madonna risalendo lo portava su, su, alla luce, all’aria e poi stendeva le sue braccia sulla città di Gallipoli, di cui è patrona speciale e perpetua, stendeva le sue braccia azzurre verso la Chiesa del Canneto, la sua chiesa e verso i pescatori, i marinai, i naviganti di cui è da sempre la più dolce fascinosa straordinaria protettrice, la più amata e invocata. Gli facevano corona i gabbiani che si disponevano in modo da formare delle lettere, una sorta di gigantesca data: DUE LUGLIO, e tutto intorno a lei, le campane delle chiese, le onde del mare, il vento cantavano e si spargeva d’intorno una melodia dolcissima, sembrava come una gigantesca tastiera dell’universo. Ma poi, improvvisamente, tutto si mutò, le forbici degli occhi della Madonna tagliarono la melodia, gli specchi della labbra si fecero scuri, i frutti del vento spazzarono via la quiete delle navi, e il cielo si fece di cenere. Dall’incanto Tiziano passò al tormento, mentre in lontananza il clarinetto della distanza era come un mare che lo bagnava di sonno. E ricordò gli ultimi versi dell’infinito leopardiano: “…e il naufragar m’è dolce in questo mare…” Per risolvere il rebus si recò al Canneto, andò a parlare con il neo-Rettore. Perché questo sogno?, chiese a don Gigi.
- La Madonna del Canneto
Non lo so, disse don Gigi, ma qualcosa t’avrà voluto dire quel sogno. Qui da sempre la Madonna del Canneto viene festeggiata il 2 luglio, data in cui in passato era festeggiata la visitazione di Maria alla cugina Elisabetta, a causa dell’accostamento mai definitivamente chiarito fra la “Madonna del Canneto” e la “Madonna della Visitazione”. In tale occasione, nel passato, si svolgeva, sino agli inizi del ‘900 anche una fiera di prodotti tipici della nostra terra, famosa in tutto il Salento, una delle più importanti della Puglia. Forse questo è il messaggio: che la festa della Madonna del Canneto ritrovi gli antichi fasti.
Sia l’artista Tiziano Scarpina che l’acchiappanuvole don Gigi non aspettavano altro per poter mettersi all’opera. Avevano vissuto lunghe estasi di noia e una totale nudità di progetti, avida di qualsiasi abbandono. Ed ecco che dalla fertile immaginazione del Rettore un affastellarsi di idee, musiche, venti, uomini di mare, subacquei, soprattutto, e ingegneri, architetti, pescatori, quelli che da sempre portano sulle spalle il Santuario, i vivi e i morti:
Tuo padre giace a nove metri di profondità/ Le sue ossa son diventate corallo;/ i suoi occhi ora son perle. / Non c’è in lui parte alcuna / che non si trasformi per opera del mare / in qualcosa di ricco e meraviglioso (Shakespeare).
E in quel mare, breviario di Dio, che ci insegna la contemplazione delle cose nel tempo sospeso, ecco il miracolo delle cose invisibili, un’apparizione subitanea continuamente mutante nel trascorrere del tempo. Fra un attimo, al tramonto del giorno 2 luglio 2011, vedrai il lampo di fuoco della Madonna che emergerà dalle acque, ma sarà solo un attimo che non si ripeterà mai più, sarà unico, come un’apparizione fenomenica, un attimo che si ripeterà negli anni a seguire, magari fino al 2088, quando don Gigi e Scarpina forse non ci saranno più, ma tornerà quell’apparizione della Madonna del Canneto ad eternarsi, a fermare il tempo. Questi sono i miracoli che solo l’arte può garantire.
Il resto, i cori, la musica, la processione della Madonna per mare, ad opera dei sub, fino allo scalo d’alaggio del Rivellino, dove verrà consegnata sulle spalle possenti dei pescatori e traslata al vicino Santuario, per essere benedetta e venerata, il bagno di folla, le televisioni, i vescovi, i sindaci, i prefetti, gli ufficiali della Capitaneria di Porto, i carabinieri, la finanza, la polizia, le fiaccolate, la batteria dei mortaretti, tutto dejavù, cose già viste.
Quel che rimane è l’attimo, la scintilla, il raggio di sole che ferisce la statua della Madonna del Canneto, l’attimo di eternità.