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La Madre

Creato il 07 agosto 2013 da Mikdarko
"Un fantasma è un'emozione piena di rabbia, costretta a ripetersi all'infinito finché non rimedierà al torto che ha fatto". La paura si fa lunga. E più profonda. Sì perché l'idea originaria di questo terrificante horror soprannaturale intitolato "La Madre" - in uscita nelle sale italiane il 21 marzo - risale a qualche anno fa, il 2008, quando il giovane esordiente Andy Muschietti, messicano, riuscì ad attirare l'attenzione dello "specialista della paura" Guillermo Del Toro con il corto "Mamà", girato due anni prima in una sola giornata.
La Madre
Del Toro abitualmente visiona decine di cortometraggi all'anno e, sin dai primi fotogrammi, fu colpito dalla potenza visuale e dall'idea in nuce di questo thriller. Da questa ispirazione nasce dunque la pellicola di cui Del Toro è produttore esecutivo. Il tratto di Muschietti - nato nel settore degli spot internazionali - è effettivamente ficcante e spettacolare, e ben si adatta alla storia narrata. Colonna portante della vicenda è senza dubbio quella di rendere due bambine le vere protagoniste di un racconto horror: questo perché il contrasto paura/infanzia e il richiamo alle atmosfere delle fiabe (seppur in forma distorta) è naturalmente efficace. E dunque eccole, le innocenti Victoria (Megan Charpentier) e Lilly (Isabelle Nelisse) travolte da un insolito destino, trascinate da un padre disperato a bordo di un'automobile lanciata nella neve, coinvolte in un prevedibile incidente e finite abbandonante in un bosco. Mai più ritrovate, le due bambine crescono come bestie selvagge nella natura, ma sopravvivono anche grazie a una misteriosa "presenza", che loro chiamano "Madre".
Cinque anni dopo, alcuni cacciatori ritrovano le bambine, che finiscono affidate allo zio Lucas (Nikolaj Coster-Waldau, volto noto come protagonista della serie televisiva pluripremiata della HBO "Il Trono di Spade") e alla sua compagna, una musicista rock, Annabel (Jessica Chastain).
Cambiare vita per i due è difficile, mail senso di responsabilità li porta a tentare l'impresa: vanno a vivere in una grande casa e cercano di riportare alla normalità le due bimbe. Ma l'oscura presenza non vuole abbandonare quelle che considera proprie figlie acquisite.
I cliché degli horror in "La Madre" ci sono veramente tutti. Anche qualche soluzione naive, come per esempio la determinazione (illogica!) dei protagonisti di andare a cercare soluzioni ai misteri in luoghi terrificanti giusto giusto al calare dell'oscurità, quando invece qualsiasi individuo sano di mente ci andrebbe in pieno giorno e certo non in solitudine.
Sorvolando su questa debolezza intrinseca, l'horror di Muschietti è una vera colata di adrenalina: le scene action sono d'indubbio impatto, corredate di un montaggio e di effetti speciali che sono un vero pugno nello stomaco.
La figura della "Madre" viene, secondo buona regola dell'horror, distillata agli occhi dello spettatore in un crescendo inesorabile, e quando appare in tutta la sua potenza resta comunque terrificante, senza deludere (come spesso accade negli horror modesti) Muschietti (che è appassionato di arte) ha affermato di ispirarsi - per questo "mostro" - alle figure femminili allungate tipiche delle opere di Modigliani, una sorta di "Modigliani putrefatto", e allo stile "lowbrow", meglio conosciuto come surrealismo pop, reso celebre dall'artista visuale americano, esperto di effetti speciali ed animazione digitale "Chet Zar". 
Nonostante ciò "La Madre" è tutt'altro che il sapido rimasuglio di una tradizione fiabesca in estinzione, come qualcuno ha affermato. Si tratta piuttosto di un'opera tesa a riscattare l'insolita prospettiva di un fremito d'orrore tardo romantico, nella tradizione di Shelley o di certo Poe (più dalle parti di "William Wilson" o "Ligeia" che de "Il pozzo e il pendolo"), di una sensazione bocciata e messa al bando, perfino ridicolizzata dall'odierno divampare del grand-guignol. In quella rupe scoscesa dove si consuma il tragico (?) epilogo di una vicenda che sembra emersa dalle pagine di Walpole, rivive un'intera tradizione letteraria e cinematografica, che in tempi recenti ha stimolato un filone dell'horror iberico e di cui possiamo riconoscere gli influssi nel capostipite "Il labirinto del fauno" dello stesso del Toro. 
Il fatto che gran parte della critica abbia emarginato questo aspetto, includendo la pellicola nel novero degli horror a deriva psicologica, ha fatto sì che si abbattesse sul film la mannaia di giudizi sommari e fuorvianti, che hanno fatto oggetto di comune rimprovero l'estetica "da videogioco" (sic) su cui è modellata la figura di Madre. Plasticosa e grottesca, con i capelli untuosi e aleggianti (come quelli, per intenderci, della defunta Willa Harper mescolati alle alghe del fiume nel capolavoro di Laughton) e le scomposte movenze da danzatrice di batoh, nelle sue forme esasperate e apertamente fasulle si manifesta l'anelito di un'opera che vorrebbe richiamarsi alla tradizione vittoriana, ma, consapevole di quanto effimera questa scelta possa apparire nell'era 3.0, sceglie di dichiarare apertamente l'anacronismo nei bordi di un'immagine visibilmente artefatta e ambigua.
  Come lo stesso finale, eccellente slittamento di generi, in cui la tematica del rovesciamento giunge al parossismo e, in un'esplosione melodrammatica degna del più florido neorealismo d'appendice, indulgiamo alla compassione per lo strazio di Madre, anzitempo sciolta dall'affetto dei figli.

Pur mosso da un coro di lodevoli ambizioni, "La Madre" non riesce, purtroppo, a catalizzare come vorrebbe l'espressione di un cinema di genere maturo e consapevole, capace di confrontarsi con la tradizione, senza subirne i facinorosi ricatti commerciali. E ciò, come si è detto, a causa delle incertezze di una regia stimolante e creativa (capace di azzeccare un paio di scene magistrali), ma spesso ancorata alle secche del "vorrei, ma non posso" e troppo timorosa per astenersi dal perseguire certi radicati cliché. Non mancano, tuttavia, motivi per sperare che, col tempo, Muschietti abbandoni le esitazioni dell'esordio e possa sviluppare in proprio quel talento, di cui ci limitiamo, per ora, a segnalare le evidenti tracce in un film che, pur con i suoi limiti, sa muoversi con coerenza nel limbo dell'intrattenimento onesto.
FONTI:
http://it.cinema.yahoo.com (Ferruccio Gattuso)
http://www.ondacinema.it

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