Parlare di mafia qui a Brescia non tira. Non va di moda!
E se non la leggi sui giornali, o (peggio ancora!) non la vedi alla televisione, una cosa non esiste.
Ecco: la mafia a Brescia non esiste.
Nelle ultime settimane ho potuto sperimentare sulla mia pelle cosa vuol dire parlare di mafia in questa città.
La reazione della gente? Perplessità e scetticismo.
Una serata contro le mafie viene vista come un’inutile perdita di tempo.
Ed è in questo contesto che si sta svolgendo proprio nel palazzo di giustizia della Leonessa d’Italia il processo alla ‘ndrina del lago di Garda;
Si tratta dei fratelli Fortugno, teste di ponte al Nord della potente famiglia dei Piromalli di Gioia Tauro.
Una storia, quella dei Fortugno, fatta, stando alle accuse, di estorsioni, ricettazione, traffico di armi e di droga e di sfruttamento della prostituzione, il tutto condito dall’aggravante (per due dei tre fratelli, il terzo, in compenso, sta scontando una pena di 16 anni per omicidio colposo) dell’associazione mafiosa, il famigerato 416bis; Una storia in cui si intrecciano svariati personaggi, e che si svolge sulle rive dal lago di Garda. Una storia di cui a Brescia nessuno sa niente…
Leggendo i particolari di questa vicenda su “Polo Nord, la nuova terra dei padrini del Sud” per qualche istante ho dimenticato che si stesse parlando della mia città. Sono fatti, quelli narrati, più consoni a realtà lontane; come Reggio Calabria per esempio, proprio in questi giorni alla ribalta per accadimenti simili.
Ma riflettendoci c’è solo una differenza tra Reggio Calabria e Brescia: nella città dello stretto la ‘ndrangheta la conoscono e la affrontano! Alle minacce verso i magistrati, i giornalisti, i testimoni o ai politici onesti la società civile reagisce schierandosi, sostenendo chi ha deciso di esporsi, formando le cosiddette “scorte civiche” che più che dare una reale sicurezza, servono a conferire quell’aiuto e quell’appoggio morale di cui tutti coloro che rischiano la loro vita per difendere la libertà hanno bisogno per andare avanti.
A Brescia invece la mafia c’è, ma non si vede…
O non si vuole vederla.
A temere più di tutti questo silenzio sono gli oltre 40 testimoni chiamati dal PM Paolo Savio a confermare la loro versione dei fatti di fronte alla corte presieduta dal giudice Giovanni Pagliuca. Molti di loro hanno subìto minacce e pesanti atti intimidatori, tutti quanti sono privi di scorta o di qualsiasi forma di protezione.
Si sentono soli, abbandonati.
Hanno paura e si rifiutano di parlare.
Solo pochi giorni fa ad un’udienza due delle tre persone chiamate a testimoniare non si sono fatte vedere. Una presentando un vaghissimo certificato medico (assenza ritenuta ingiustificata dal giudice Pagliuca che ha disposto l’intervento delle forze dell’ordine), l’altra dandosi alla macchia e risultando così irreperibile. Il terzo testimone invece è crollato alle prime domande, e, dopo, essersi rivolto al giudice con la frase “Lei mi sta mandando al macello”, ha deciso di allontanarsi dall’aula, scosso ed evidentemente terrorizzato.
Non possiamo pretendere che siano le sole forze dell’ordine a lottare contro la mafia. Non possiamo pretendere che la responsabilità di ribellarsi al potere mafioso sia sorretta da poche ed isolate persone!
Dobbiamo muoverci, dobbiamo essere noi a dare il via a quell’imprescindibile processo di sensibilizzazione senza il quale la mafia avrà sempre la meglio.
Non si può sconfiggere la mafia se non la si conosce! Non si può sconfiggere nemmeno se chi ha la possibilità di colpirla si rifiuta di farlo…
Dobbiamo aiutare queste persone. Dobbiamo fargli capire che non sono sole, che la società non li ha abbandonati, che una volta terminato questo terribile incubo per loro ci sarà una nuova vita. Dobbiamo stargli vicino, sostenerli.
All’ultima udienza un gruppetto di ragazzi con in testa lo scrittore Fernando Scarlata si è presentato a presidiare il palazzo di giustizia proprio con il duplice scopo di far conoscere alla cittadinanza l’esistenza di questo processo, e di manifestare solidarietà e vicinanza ai testimoni chiamati a deporre. La manifestazione ha suscitato l’effetto sperato, quello cioè di richiamare l’attenzione dei media locali su un processo davvero delicato ed importante, fino ad ora completamente ignorato.
Ma la missione non è certamente conclusa! I prossimi due Giovedì (il 4 e l’11 di Novembre) ci saranno altre due fondamentali udienze, alle quali sarà importante esserci. Per questo motivo invito tutti coloro che ne hanno la facoltà a venire a dare man forte: è da questi gesti, e soprattutto dalla passione ed il coraggio dei giovani, che si può e si deve cominciare la battaglia contro il potere malavitoso che sta attanagliando la nostra provincia!
Per concludere ecco due interessanti testimonianze del presidio svolto giovedì scorso (di cui potete trovare le foto qui):
Un bellissimo articolo scritto da uno dei ragazzi presenti: “Qui, sul lago di Garda”, ed il video con l’intervista a Fernando Scarlata: