Cresce e ha sempre Flora in testa nonostante lei si sia trasferita da anni in Svizzera: lei torna come assistente di Salvo Lima e lui ce l'ha lì a portata di mano come mai gli era successo.
Eppure la mafia si intromette anche questa volta uccidendo Salvo Lima.
Avrà un futuro l'amore di Arturo e Flora , fino ad ora sentimento tristemente unilaterale?
La mafia uccide solo d'estate è l'esordio alla regia di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, autore e personaggio televisivo, già assistente alla regia di Marco Tullio Giordana ne I cento passi.
Travestito da romanzo di formazione ( o di deformazione a seconda dei punti di vista) il film di Pif è in realtà un racconto storico, personale di una stagione della vita palermitana, quella degli anni di piombo, della contrapposizione tragica tra Stato e mafia, in cui l'innocenza dello sguardo di un bambino è messa continuamente a dura prova dai crimini efferati che accadono, condizionando la vita sua e quella degli altri palermitani molto più di quello che lascino vedere.
Palermo è una città senza occhi e senza orecchie, che si disinteressa quasi ai morti ammazzati, da una parte e dall'altra e del terrore che la condiziona da molti anni a questa parte.
Arturo in una virata al grottesco si sceglie l'idolo sbagliato: avrebbe a disposizione gente come Boris Giuliano, Rocco Chinnici o il generale Dalla Chiesa, tutta gente che ha conosciuto in prima persona eppure lui è soggiogato da Andreotti e dai suoi aforismi minimalisti che lo rendono non esattamente un personaggio di primo piano nella lotta alla criminalità mafiosa.
Anzi.
Eppure Arturo prosegue con pervicacia il suo percorso pur con il destino che gli si pone continuamente di traverso e si accorge sulla sua pelle che la mafia non uccide solo d'estate.
Quello di Pif è un esordio registico di buonissimo livello, usa il doloroso materiale di repertorio come un maglio per arrivare al cuore dello spettatore, riesce a sfumare il comico nel tragico e viceversa, il tutto attraverso gli occhi di un bambino che vuole vedere e capire quello che accade attorno a lui.
Perchè in fondo , anche se si volesse ignorare tutto il resto, non sarebbe possibile.
La storia è lì , in bella evidenza, gli omicidi importanti che hanno segnato la vita siciliana di questi ultimi trenta anni e più ci sono tutti, raccontati trasversalmente secondo la prospettiva del piccolo Arturo.
E anche quando è ormai uomo fatto sembra essere l'unico che voglia in qualche modo ribellarsi a uno stato di cose inaccettabile.
La mafia uccide solo d'estate è anche la storia di una presa di coscienza da parte di una città che ha sempre preferito guardare altrove, un apologo tenero e toccante su un figlio che diventerà a sua volta padre e vorrà che il suo bambino abbia subito la consapevolezza di quello che è accaduto in Sicilia negli ultimi anni e quel tour delle lapidi, cicatrici dimenticate di una lotta selvaggia è una chiusura emozionante senza essere troppo retorica che fa salire le lacrime agli occhi un po' come succedeva con il finale de I cento passi quando si vedeva il corteo funebre delle esequie di Peppino Impastato.
Arturo non è Peppino ma non vuole crescere suo figlio nell'omertà, la sua è una ribellione civile in una città cloroformizzata.
E' questo il cinema italiano che vogliamo!
( VOTO : 7,5 / 10 )