Magazine Cinema
di Pif / Pierfrancesco Diliberto (Italia, 2013)
con Pierfrancesco Diliberto, Cristiana Capotondi, Alex Bisconti, Ginevra Antona
durata: 90 min.
★★★★☆
Capita ogni tanto di uscire dal cinema con gli occhi lucidi per la commozione. E se il film in questione è quello di un esordiente, e per giunta italiano, viene quasi voglia di gridare al miracolo... Pierfrancesco Diliberto (in arte Pif) viene dalla televisione, ha lavorato per Le Iene e Mtv, e se questo lo ha certamente aiutato a farsi conoscere dal grande pubblico, possiamo solo immaginare la diffidenza con la quale sarà stato accolto il mondo del cinema, mai troppo tenero (è un eufemismo) con i protagonisti del piccolo schermo che decidono di passare dietro alla cinepresa.
E invece il debutto cinematografico di questo quarantenne siciliano è di quelli che lasciano il segno: con assoluta cognizione di causa possiamo affermare che La mafia uccide solo d'estate è uno dei film più belli e importanti della stagione, oltre che incredibilmente coraggioso sia per l'argomento che tratta che, soprattutto, per come lo tratta. Si parla di mafia, lo avrete capito, ma in tono stralunato, dissacrante, volutamente naif, quasi a testimoniare come la criminalità organizzata sia un cancro con cui i ragazzi imparano a convivere fin da subito, una specie di castigo divino, un po' come i rifiuti tossici della Terra dei Fuochi o le emissioni nocive dell'Ilva di Taranto.
Qui siamo a Palermo, e la storia inizia nei primi anni '70. Arturo è un bambino sveglio e capace, con due grandi passioni: la voglia di diventare giornalista e una ragazzina bionda di nome Flora, non necessariamente in quest'ordine. Arturo è innamorato cotto di Flora ma non trova mai il coraggio di dichiararsi, mentre nel frattempo la sua poco interessante adolescenza viene sempre lambita dagli attentati di Cosa Nostra, senza però mai sconvolgerlo del tutto. Questo è l'aspetto più toccante del film: Diliberto vuole dimostrarci, riuscendoci alla grande, di come la mafia sia ovunque, faccia parte ormai del tessuto sociale, come un virus invisibile e contagioso da cui si resta immuni solo se si fa finta che non esista, come un assordante rumore di fondo che però è ormai così radicato che nessuno lo sente più...
Per questo il padre di Arturo tranquillizza bonariamente il figlio dicendogli che la mafia esiste eccome, ma l'importante è non evocarla e stuzzicarla, così da non nuocere a nessuno: al massimo colpisce solo in estate, mentre quando è freddo è sufficiente tenere la bocca chiusa. Arturo ci crede fino a quando non diventa adulto, quando ritrova Flora che nel frattempo è diventata assistente di Salvo Lima, il discusso politico locale amico fraterno di quel Giulio Andreotti per il quale lui stravede. Ma Lima viene freddato barbaramente da due uomini in motocicletta, e qualche mese dopo la stessa sorte toccherà a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Davvero troppo per tenere ancora gli occhi chiusi: Arturo finalmente ha capito dove vive e chi sono gli amici e i nemici, e ora sa benissimo quello che deve fare.
Il film di Diliberto è un continuo crescendo di spessore e di emozioni: comincia come una commedia sarcastica e surreale, finisce con la macchina da presa che indugia sulle targhe che ricordano le vittime della mafia. Non vi diciamo come mai, ma sappiate che difficilmente riuscirete a trattenere le lacrime. Una volta si diceva che questi film erano necessari, parola impegnativa che non abbiamo mai amato. Così come non ci sono mai piaciuti gli insegnanti che fanno vedere i film nelle scuole (perchè la cultura non va imposta, semmai incoraggiata). Ma se per qualche titolo è doveroso fare un'eccezione, questo è davvero uno di quelli giusti.
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