Pif, il “testimone” innocente
Stupefacente esordio alla regia di Pif, La mafia uccide solo d’estate (2013) è un film personale, malinconico, scanzonato e mai irriverente. Un ritratto ironico e innocente della mafia e di Palermo, che fa sorridere e commuovere.
Innamorato di Flora e fervente appassionato di Andreotti (del quale ha un poster in camera e i comizi elettorali su vinili e di cui conserva, scrupolosamente, ritagli di giornale), Arturo nasce a Palermo il giorno in cui Totò Riina, Bernardo Provenzano, Calogero Bagarella e due uomini della famiglia Badalamenti uccidono, vestiti da finanzieri, Michele Cavataio. Da quel momento la sua vita è intrecciata a doppio filo con gli eventi mafiosi e i paladini che la combattono.
Stupisce la capacità del regista di alternare registri diversi, di passare dalla delicatezza al dramma, dall’ironia alla realtà. Perché Pif racconta la storia di Arturo (interpretato da lui stesso) all’interno di una vicenda più grande, ovvero vent’anni di mafia. Pif racconta Boris Giuliano, Chinnici, Riina, Provenzano, Andreotti, Dalla Chiesa, Salvo Lima, Falcone e Borsellino. Ma li narra con uno sguardo nuovo (privo di patetismi), personale, che muove i suoi passi all’interno di una Palermo inglobata dalla delinquenza. Due storie che si intrecciano, che si sommano e si scontrano con la dura realtà fatta di materiale di repertorio e di avvenimenti reali, che sanno far commuovere e sorridere amaramente. Perché Pif scarta i cliché, tramuta il comico in tragico e costruisce il suo romanzo di formazione in modo spensierato, lasciandosi (da bambino) catturare dal fascino del male (incarnato da Andreotti) per poi cercare di reagire, comunicandolo a tutti (agli spettatori seduti in sala e a suo figlio nelle battute finali). La mafia uccide solo d’estate è cinema impegnato di prima linea, che parla con il cuore e mette di fronte agli occhi la dura realtà, senza scadere in falsi moralismi ed evitando di “celebrare” la mafia, con riverenza e paura.
Pif si fa appassionato e guarda la mafia con occhi diversi, di chi ci ha vissuto, di chi è stato sedotto ma ha compreso la necessità di ribellione per disinnescare un microcosmo, che ha esteso i suoi lunghi tentacoli in tutta Italia. Ed è proprio per questo motivo che la pellicola parla, con sinistra ironia, a tutto il Paese. Empatico e drammaturgicamente valido, La mafia uccide solo d’estate è il film che non ti aspetti, che scardina omertà e connivenza in modo anticonvenzionale, senza scadere in sentimenti effimeri e sterili. Un bell’esordio difficile da replicare perché personale e viscerale; uno sguardo innocente e ingenuo, che sgretola la sacralità della delinquenza mafiosa, che disegna come ignobili e codarde macchiette gli “uomini d’onore”, che hanno facilmente prosperato a causa di una città passiva, “muta”, che si è risvegliata e ha chiesto giustizia troppo tardi. La mafia uccide solo d’estate ostenta umanità sincera; una favola amara nella quale la realtà rovina tutto e rimescola, tragicamente, le carte.
Uscita al cinema: 28 novembre 2013
Voto: ****