La magra si strabica sul cibo dei bastimenti d’oceano
con cristalli per l’acqua dei tramonti e delle lische
mano nella mano canta al suo cane bianco l’innamoramento
che solo le donne sterili esprimono con parole d’osso
il cane le parla di un tabacco di Parigi che fumò con il bocchino
della volta da ubriaco sperduto dietro una locomotiva
tra lavande di Provenza già recise per cassetti
abbaia dagli occhi la disapprovazione
al mascara dal volto scivolatole sul collo
abbaia a un pianto strizzato come straccio
abbaia per il gusto d’ascoltarsi e stecca
al ricordo di se stesso abbandono da canile
la magra è ingrassata un altro anno
lo dice al cane quando le lecca il fianco di caviglia
e gli dice, Per il tuo compleanno
nel giorno dei fuochi a San Giovanni potrai mangiarmi
iniziando dal farcito di renella nel respiro
di calcolo all’aorta di conati immobili allo stadio detto feto
le incoerenze galleggianti nell’alchermes saranno perdonate
per il sapore d’arancia e rose e infanzie da piccole feste
dove le donne serie assaggiavano soltanto quel rosso
in calicetto, le meno serie anche un poco di stregato
il cane ama intera la donna col suo disordine di testa
la mangerà con cura scartando di lei soltanto la paura di se stessa.