Massimo Pizzoglio per il Simplicissimus
La maionese è un’emulsione di uovo e olio, lavorati con cura fino ad ottenere una salsa compatta e omogenea, ideale per guarnire moltissimi piatti o per servire da base a molte altre salse.
Della sua origine nulla si sa, persino la provenienza del nome è incerta: forse francese, forse italiana, addirittura fenicia.
Il principio è semplice: si prende un tuorlo d’uovo e lo si monta con l’olio aggiunto a poco a poco, con un cucchiaio, una frusta o un tecnologico frullino.
Ognuno ha i suoi metodi, spesso opposti, tutti assoluti: uovo da frigo? Nooo! Uovo fuori frigo!
Olio di oliva? Nooo! Olio di semi! Limone? Nooo! Aceto! E viceversa…
E così via per tutti i passaggi dell’operazione: difficilmente sentirete un maionesaro conclamato affermare che si può fare anche in un altro modo.
Se le materie prime sono di buona qualità e ci si applica con un minimo di pazienza, la maionese riesce quasi sempre ed è clamorosamente più buona di quelle industriali, che, ovviamente, sono fatte con materiali più economici (per essere generosi) e con l’aggiunta di conservanti, insapidenti e, soprattutto, addensanti.
Già, perché in quel “quasi” si nasconde l’incubo di ogni massaia: la maionese può “impazzire”, cioè non si crea quell’emulsione vaporosa, ma l’uovo e l’olio restano ostinatamente separati, la secessione in cucina!
Le soluzioni, a quel punto, sono svariate: gli industriali, come detto, usano degli addensanti, cioè dei “collanti” che, snaturando i prodotti di base, li “obbligano” a unirsi.
Le nonne propongono i rimedi più fantasiosi: un cucchiaio di aceto caldo, una puntina di senape, mezzo bicchiere d’acqua tiepida e così via, credo potremmo arrivare alle lingue di drago e agli occhi di rospo.
In realtà la soluzione più semplice e meno stressante è quella di prendere un altro tuorlo, un’altra ciotola e un altro cucchiaio di legno, tirare un bel sospiro zen e ricominciarne un’altra, che, di solito, riesce al primo colpo.
A quel punto, pian pianino potete aggiungere l’inguardabile miscuglio che era quella “impazzita” che, normalmente, si monta a sua volta fino ad arrivare ad avere una maionese doppia, rispetto a ciò che vi serviva, ma perfetta.
In alcuni, rari, casi, però, non c’è nulla da fare: per vari motivi, spesso per problemi di qualità degli ingredienti, quella impazzita non solo non si recupera, ma “smonta” anche quella buona.
Inutile insistere, si butta tutto e basta!
Non so se, per il Pd, Veltroni sia l’uovo, l’olio, il cucchiaio o la ciotola.
Di sicuro c’è che questa maionese, da lui tentata quattro anni fa, non è mai riuscita: mescolare devoti ex-democristi con trinariciuti ex-comunisti aggiungendo uno spruzzo di ex-radicali e una spolverata di ex-qualcosaltro, forse non era già un nobile esperimento, ma il Nostro con una presunzione intellettuale seconda solo a quella del suo eterno rivale D’Alema, ci si è buttato anima e corpo (e quello ha già il suo bel peso), trascinando nel vortice il suo ex-partito, gli avanzi della balena bianca e le frange di quanto gli stava intorno.
Il suo trucco, pensava l’infelice, era quello dell’addensante Berlusca, che avrebbe convinto i più riottosi a mantenersi legati e, forse, il “conservante” delle pubbliche amministrazioni, con tutti i privilegi e i denari da “conservare”, appunto, insieme.
Fin dai primi giri del cucchiaio, però, fu chiaro che qualcosa non funzionava: se le molecole si tirano l’una l’altra per la giacchetta e si sgambettano ad ogni piè sospinto, difficilmente creeranno un insieme vaporoso e appetitoso. E, infatti, perde il governo del paese e, lo sciocco, anche quello della capitale, mentre le molecole sgomitano e si “distinguono”.
Si inventa anche la meravigliosa boutade del partito “liquido”, come, in effetti, ogni maionese impazzita è e resta.
E con il crollo dell’addensante B, gli occhioni d’olio e i grumi d’uovo di staccarono sempre più, decantano in poltiglie imprecisate.
Non credo che l’aceto caldo o la punta di senape servano più, a questo punto.
Forse conviene davvero prendere una nuova ciotola, un nuovo cucchiaio, tirare un bel sospiro zen e ripartire ex-novo (che qualche ex ci vuole sempre), aggregando quelle anime sante che stanno amministrando bene tante parti del Paese e quell’entusiasmo “vaporoso e appetitoso” che vedo nelle molte iniziative di coesione e solidarietà che punteggiano l’Italia, le sue piazze e tanta gente, per renderla un paese migliore per tutti, proprio tutti.
Allora, forse, non sarà più la maionese a far da esempio, ma il mercurio dei vecchi termometri, che quando si rompevano si spezzava in mille goccioline che, inesorabilmente, si riunivano, attraendosi e fondendosi.
Ma, si sa, io sono un cuoco irrimediabilmente visionario…