La maledizione di Montezumolo

Creato il 02 ottobre 2012 da Albertocapece

Massimo Pizzoglio per il Simplicissimus

Nuove prove sembrano confermare le teorie del grande Thor Heyerdahl, il geniale esploratore norvegese che con l’imbarcazione di papiro Ra dimostrò come fosse possibile per gli antichi egizi raggiungere l’America tremila anni prima di Colombo.
Alcuni reperti trovati in Messico pare contengano interessanti rivelazioni.
Pare che una imbarcazione sia partita dalle coste nordafricane in tempi remotissimi, recando a bordo i sacerdoti e i fedeli di una setta egizia, scacciati dalla loro terra d’origine perché tacciati di eresia e condannati a una triste fine.

La religione che professavano, con fanatico fondamentalismo, venerava Montìbis, divinità di origine padana, che richiedeva sacrifici umani crudeli ed efferati.
In auge per un breve periodo del terzo millennio, ha dato origine a leggende su cui gli studiosi odierni stanno cercando di dare conferma documentale.
Narrano di decimazioni di massa: intere categorie sociali furono spazzate via con un’arma letale di cui non si conoscono le caratteristiche tecniche, ma il nome, Dekh Reth, e gli effetti devastanti.
Con un solo colpo falciò quasi mezzo milione di esodattili, bipedi mansueti e sfortunati che si estinsero in breve, come più tardi il Dodo.
La dea Fowr-nher , già nota per il culto di Imùbis, riuscì a decimare milioni di anziani della setta dei Pen Sion Hat con la sola minaccia di usare quell’arma.

In breve i settari si inimicarono il popolo, stremato anche se bove, e furono costretti alla fuga.
Costruirono una grande imbarcazione di papiri (in alcuni testi si suppone potesse essere costituita da pratiche Inps, un particolare materiale dei tempi di cui si sa ben poco) che chiamarono Pass-he-Rah, che significa fiore di maggio (si suppone sia il giglio), imbarcarono i sacerdoti, che si definivano Teh-nikh o Teh-no-khrat (padri pellegrini della patria, n.d.t.) e i fedeli e salparono verso un nuovo mondo di cui parlavano alcuni anziani superstiti.
Dopo una lunga e perigliosa navigazione tra scogli e pescecani giunsero in vista delle coste dell’attuale America centrale.
Il capo coffiero, vedendo la terra avvicinarsi, gridò “è-il-nuovo-che-avanza”, frase il cui significato resta tuttora oscuro, ma che, per la gradevole sonorità, è rimasta nell’uso comune ancora in tempi recenti, come esclamazione, quando non si sa cosa dire.

L’incontro con la popolazione indigena, all’oscuro delle pratiche sanguinarie dei nuovi arrivati, fu amichevole.
I sacerdoti, coscienti di aver a che fare con una popolazione primitiva e ingenua, lasciarono che i propri adepti si mescolassero a loro e procreassero una nuova generazione di “creoli politici” (definizione tecnica) e sviluppassero una nuova “Italia Futura” (anche di questo termine non abbiamo una traduzione sensata, n.d.t.).

Secoli dopo, sempre sotto il controllo dei discendenti dei sacerdoti, detti Qah Ker, la popolazione indigena dei Maya si estinse e venne soppiantata dalla nuova razza degli Azz…teknici.
Essi acquisirono quasi tutte le attitudini sanguinarie degli “invasori” egizi, come il taglio delle teste, la “cassa a zero ore” e il “metodo Pomigliano” (termini di cui non esiste un’interpretazione univoca, n.d.t.), che consolidarono con una maggior robustezza fisica.
Assumevano sostanze stupefacenti, forse derivate da funghi, tra cui, in particolare, una detta “cassa in d.roga”.

Un significativo rappresentante della nuova specie fu un tal Mark Jonne, a.k.a. Sergio, che seminò fame e distruzione in due continenti.
Già, perché, nel frattempo, si era passati dall’estrema difficoltà dei Padri Pellegrini della Patria ad attraversare l’oceano all’uso del medesimo come ponte e collante tra i due mondi.

Ed è qui che entrano in scena i reperti messicani!

In alcuni frammenti si narra di un virgulto di quel giglio che denominò l’imbarcazione, che sarà simbolo di città e nazioni, che per magia resterà sempre bambino, “il fanciullo che è tra noi”, così giovane che un importante ex-capo di stato, già coinvolto in querelle sessuali, rifiuterà di incontrarlo per non incorrere in accuse di pedofilia.

Ma il vero scoop è che l’ultimo imperatore della razza creata dall’unione dei Bastardi (come accademicamente vengono chiamati i fuggitivi egizi) e dei Babbioni (nome tecnico degli indigeni), pare fosse, secondo i ricercatori neozelandesi che hanno condotto gli studi, un uomo minuto, ma determinato, dalla lunga criniera e dalle vesti di flanella di cashmere e di vicuña:
Montezumolo!

Della sua vita si sa moltissimo, non essendosi mai negato a una telecamera o a una macchina fotografica:
molte mogli, vistose e non,
molte presidenze, prestigiose e non,
molti amici, inquisiti e non,
molte teorie politiche, … e non.

Di Montezumolo si conosce la titubanza e il tentennamento, il continuo salire in cattedra e scendere in campo (si suppongono delle coltivazioni a terrazzamenti), l’indole pusillanime, ma anche le repentine sparizioni dalla scena.
Per allitterazione fu detto “il fantasma di Montezitorio”, ma di lui si temette, soprattutto, il carattere rancoroso.

E, visto il periodo storico in cui, pare, visse e la “materia” di cui, si narra, fosse costituita l’epoca, di lui si paventò eminentemente
la vendetta di Montezumolo!

(Qualcuno spenga il ventilatore!)


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