La manna, tra leggenda e tradizione

Creato il 08 aprile 2014 da Makinsud

Nelle lingue naturali vive e usate dagli uomini per comunicare, accade spesso che, con il passare del tempo, alcune espressioni si cristallizzino e rimangano fisse, dando vita così a dei “modi di dire”, a cui tutti, o almeno la maggior parte dei parlanti riescono ad attribuire un senso anche se, magari, non conoscano precisamente il significato dei singoli vocaboli impiegati. Ad esempio, è facile notare come la stragrande maggioranza dei parlanti della lingua italiana sappia dare un senso alla frase “[quel qualcosa]…è stato una manna dal cielo“, ma potrebbe trovare qualche difficoltà ad attribuire un referente concreto alla parola “manna”, ad identificare “l’oggetto manna” in qualcosa di definibile e determinato.

Probabilmente a molti di noi è balenata subito in mente l’immagine biblica della pioggia di manna dal cielo che le sacre scritture tramandano come cibo che Dio somministrò al popolo ebraico durante le peregrinazioni nel deserto in seguito alla fuga dall’Egitto. Ma se questo rende effettivamente conto del “modo di dire” citato sopra, non ci è tuttavia di aiuto per formarci un’idea concreta su cosa sia la manna, né di che fine abbia fatto questo misterioso cibo divino di cui per secoli si è dibattuta l’origine celeste o vegetale.

Diciamo subito che la manna è un prodotto di origine vegetale, la cui produzione avviene ormai esclusivamente in Sicilia. Un dolcificante naturale dalle eccezionali caratteristiche organolettiche (particolarmente indicato per i diabetici), riconosciuto come Presidio Slow Food, con numerose proprietà officinali note sin dall’ antichità, usato nell’industria farmaceutica e cosmetica. La manna è ottenuta da alcune specie di piante del genere Fraxinus, cioè dai frassini, che vengono sottoposti a stress idrico (mancanza d’acqua) nella torrida stagione estiva siciliana e a cui vengono praticate delle esperte incisioni sulla corteccia con un particolare strumento, simile a una falce, detto mannaruolu. Da queste incisioni sgorga una linfa, la manna per l’appunto. Questa viene raccolta da lamine d’acciaio poste immediatamente sotto le incisioni e convogliata verso appositi fili di nylon che ne accompagneranno la caduta verso il basso, ove si accumulerà infine sulle cladodi, ovvero foglie di fico d’india. Durante il percorso, a contatto con l’aria e le alte temperature estive, andrà progressivamente solidificandosi, dando vita a preziose stalattiti zuccherine.

Una produzione quasi scomparsa ormai, vittima dell’omologazione di usi e costumi che ha devastato e sta devastando una miriade di tipicità locali nel nostro paese e non solo. A difendere l’ultima oasi mondiale della manna, all’interno del Parco Naturale delle Madonie, le roccaforti di Castelbuono e Pollina, provincia di Palermo, poste dalla storia e dalla tradizione a salvaguardia di un patrimonio naturalistico di inestimabile valore, assolutamente unico al mondo. I produttori, per lo più di una certa età, continuano a custodire e tramandare i segreti e le tecniche di questa coltivazione esotica, auspicando un ricambio generazionale, che consenta di non far estinguere la produzione di questa preziosa resina zuccherina dalle radici antichissime.


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