Ragione sanguinosa
20 tesi contro il cosiddetto Illuminismo e i "valori occidentali"
di Robert Kurz
16.
Con il trascorrere del XX secolo, la concezione illuminista della metafisica della storia e del soggetto andava diventando sempre più incerta e fragile, senza che potesse essere risolta in forma positiva sul terreno della socializzazione del valore e della relativa relazione di separazione. Solo il passaggio alla critica del valore avvicina il superamento di questa forma moderna della società alla corrispondente possibilità di essere pensato. Viene costituita una teoria cerniera, o di transizione, soprattutto in rapporto alla teoria critica di Adorno. La riflessione di quest'ultimo mette in discussione la forma borghese del soggetto (al di là della teoria, limitata in termini di classe, del marxismo del movimento operaio) fondamentalmente in due momenti: prima, in quanto forma di relazione dell'interscambio di merci e, dopo, come forma del pensiero - concepita come concatenata alla prima - della logica identitaria, nel quale pensiero il mondo viene ridotto al minimo denominatore della forma astratta e, così, viene violato e finisce per essere distrutto.
Tuttavia, la critica che fa Adorno della metafisica soggettiva dell'illuminismo, si impantana a metà strada, e questo avviene sotto tre aspetti. Primo, la critica di questa forma è incompleta, in quanto rimane circoscritta alla forma di relazione primaria (l'interscambio di merci), senza coprire in maniera sistematica né il modo di produzione (lavoro), né la forma di relazione secondaria (soggettività giuridica, politica), comprendendo perciò la forma negativa della totalità del valore solo a livello della circolazione. Secondo, la critica è incompleta soprattutto perché anche Adorno, nonostante le note e gli schizzi sparsi, come Marx, non arriva alla forma gerarchicamente superiore della relazione di separazione. Terzo ed ultimo, Adorno finisce perfino per ritrattare la sua critica nella misura in cui si riferisce simultaneamente anche alla forma del soggetto della circolazione che per lui costituisce il supporto della logica identitaria distruttiva, come se fosse anche il supporto positivo indispensabile all'emancipazione di sé stesso, cosa che, evidentemente, può solo costituire un ampliamento e una caricatura dell'ideologia aporetica dell'Illuminismo, che si appoggia alla struttura reale aporetica del valore.
Così, in Adorno, visto che la liberazione dalla metafisica soggettiva rimane incompleta e, in fin dei conti, fallita, la questione si sposta sulla relazione con la metafisica storica illuminista. Invece di risolvere la costruzione storico-metafisica, Adorno si limita ad estenderla sotto il segno opposto: il luogo dell'ottimismo storico dell'illuminismo viene occupato da un corrispondente pessimismo storico. La storia del progresso si converte in una storia della decadenza, proprio perché non ha avuto successo la liberazione dalla forma del soggetto borghese.
Questo si sviluppa su due livelli che devono essere ben distinti, e che rivelano il doppio attaccamento di Adorno, non sempre risolto in forma conseguente, tanto alla filosofia illuminista quanto al marxismo del movimento operaio. Da un lato - soprattutto, al meta-livello dell'ontologia sovrastorica e antropologica - la liberazione dell'uomo dalla "prima natura", convenzionalmente con connotati femminili, si presenta come sostanzialmente fallita, trasformandosi nella "seconda natura" delle relazioni di potere (il dominio distruttivo sulla natura ed il dominio dell'uomo sull'uomo). Così, la storia in generale si trasforma in una storia della fatalità che minaccia di finire con la ricaduta nella "prima natura". Tuttavia, questo può anche essere letto come il fatto che il soggetto del valore, astrattamente universale e "maschile", poteva scivolare nell'attaccamento "femminile" alla natura e, di conseguenza, anche nella paura nei confronti del soggetto borghese del valore per le sue conseguenze. Dall'altro lato, Adorno pensa la storia della decadenza anche a livello di ontologia storica capitalista. In questo contesto, la "realizzazione della filosofia" gli si presenta come incompiuta; cosa che non significa altro se non che i supposti potenziali emancipatori (per così dire, allucinati) dell'ideologia dell'illuminismo - cui si aggrappa con le unghie e con i denti nonostante avesse comprovato egli stesso il contrario - purtroppo avevano fallito, e potevano appena essere ricordati con nostalgia ("in memoriam").
Per quel che si riferisce alla teoria, era proprio, e paradossalmente (in modo contrario all'apparente soluzione di Adorno, erronea, apologetica e, di per sé, aporetica), il modo di riflessione profondamente segnato dalla logica identitaria dell'illuminismo e del marxismo che, in quanto "filosofia", non aveva da realizzarsi, neanche in minima parte - e sarebbe sprofondato di fronte ad una simile sfida - ma che si "realizzò", di fatto, in forma reale e distruttiva, proprio in quanto processo di imposizione della socializzazione del valore e della relazione di separazione.
Per quel che si riferisce al portatore di quest'emancipazione apparentemente perduta, era il movimento operaio quello che, secondo Adorno, "di rigore", avrebbe avuto la vocazione di salvare e "realizzare" i contenuti suppostamente liberatori del soggetto della circolazione borghese (che in realtà costituiscono il contrario di una liberazione), per mezzo della sua generalizzazione trascendente; tuttavia, quello avrebbe fallito la sua vocazione e, per questo, alla fine l'opportunità storica sarebbe andata perduta. Ciò nonostante, il movimento operaio in realtà ha compiuto la sua vocazione limitata alla socializzazione del valore e proprio per questo è appassito.
Di conseguenza, Adorno si trova intrappolato tanto nella metafisica storica illuminista, quanto in quella del marxismo del movimento operaio, solo che si tratta di una visione negativa e pessimista. Gli è che nella storia della "fatalità" di una liberazione fallita dalla "prima natura", cui finisce per ridurre tutta la storia dell'umanità pre-moderna, avrebbe avuto luogo la nascita del soggetto del valore, del soggetto della circolazione provvisto di una logica identitaria (il cui alter ego del soggetto del lavoro, in un'ontologizzazione non riconosciuta, rimane implicitamente presupposto) la quale avrebbe offerto la possibilità di fermare il corso di una tale fatalità - quando in realtà invece l'ha accelerata fino a portarla al punto culminante, cosa osservato anche da Adorno, in forma immanente e nel senso della costruzione storica.
E, nel fraintendere la lotta del movimento operaio (e lo stesso movimento operaio) per il riconoscimento nella forma del soggetto borghese - ideologicamente, come possibile trasformazione emancipatrice che porti oltre la socializzazione del valore - il suo approfondimento (sebbene pensato in forma incipiente) finì per assomigliare ad una ricaduta nella marcia della fatalità, verso cui, già, di per sé, si era incamminato.
- (continua …) - - Robert Kurz -
fonte:EXIT!