Le parole di Papa Bergoglio hanno riportato all’attenzione pubblica mondiale il massacro del popolo armeno per mano delle autorità ottomane. Il cinema ha trattato l’argomento in almeno tre film. Il più noto è Ararat, girato nel 2002 dal regista canadese di origine armena Atom Egoyan. Risale invece al 1982 il misconosciuto Assignment Berlin di Hrayr Toukhanian. La masseria delle allodole, uscito nel 2007, rappresenta invece una delle ultime produzioni dei fratelli Taviani.
La pellicola, ambientata in Anatolia durante il 1915, racconta un episodio di quella tragedia tratto dal romanzo di Antonia Arslan: la strage dei maschi armeni messa in atto dai Giovani Turchi e la deportazione delle donne ad Aleppo, dove le sopravvissute furono vendute o uccise. Al centro della trama la famiglia degli Avakian, che cerca scampo nascondendosi in una vecchia masseria di proprietà. Non tutti i turchi sono però contro gli armeni: il colonnello Arkan, capo della guarnigione locale, spera fino all’ultimo che fra i due popoli si possa instaurare un rapporto di reciproco rispetto. Anche l’ufficiale Egon non condivide le posizioni antiarmene, tanto che progetta di fuggire all’estero con la bella Nunik. L’epilogo sarà tuttavia tragico.
Paolo e Vittorio Taviani non si limitano a una rappresentazione diretta della violenza, la materia su cui si basa il film ne dà sufficiente occasione. Preferiscono invece liricizzare la storia, adottando una chiave poetica e favolistica mediata dagli occhi del piccolo Nubar, la cui mamma ha fatto indossare degli orecchini per camuffarlo da femmina e metterlo così in salvo. Plasmano episodi, personaggi e umanizzano il contesto: non insistono più di tanto sull’orco turco - i fatti parlano da sé - ma mettono in rilievo i dubbi personali, le contraddizioni, le contrapposizioni. Danno infine un tocco di surrealismo pennellando le figure dei mendicanti ed esaltano il personaggio di Nunik che, con il proprio sacrificio, permetterà ai bambini di sopravvivere.
I Taviani affrontano il dramma di un popolo, su cui gli storici stanno indagando appena da qualche anno, e raccontano con piglio appassionato una saga familiare dalle cadenze classiche. La confezione è un po’ alla moda vecchia, ma l’architettura narrativa è sufficientemente solida per reggere i toni più melodrammatici. Belli i costumi, eccellente la fotografia, cast internazionale di qualità per un cinema dell’impegno e della memoria. In una parola: necessario.
La masseria delle allodole, di Paolo e Vittorio Taviani, con Paz Vega, Moritz Bleibtreu, Alessando Preziosi, Angela Molina (Ita/Bul/Fra/Spa, 2007, 122’).