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E allora ho fatto spazio sulla mia scrivania, ho gettato tutto ciò che non serviva, ho accantonato le cose che avrei usato in un secondo momento e ho raccolto in uno scatolone il vecchio e il vissuto. Largo all'immaginazione. Che c'è di male nel perdersi tra i pensieri, nel vagare con la mente, nel fantasticare su quello che verrà o nel modificare il presente? Niente di male.
Lavoro di fantasia e per vivere lavoro concretamente insegnando a grandi e piccini. Quando ieri ho visto la fotografia di Robert Doisneau ho ripensato a quando, tra i banchi di scuola, immaginavo chissà quali rocambolesche avventure che poi raccoglievo e annotavo in tanti quadernini (non erano mai sufficienti e mi ritrovavo sempre a metà storia, pagine finite e senza un quaderno nuovo in casa).
Da insegnante amo scrutare la fantasia che si cela dietro alla spontaneità infantile. Spesso si dispiega un mondo culturalmente ricco dove abbonda l'amore per la pittura e la scultura, il bisogno, quasi ossessivo, di disegnare, scrivere e ricordare, la necessità di sapere, di chiedere e imparare cose nuove, di dare un senso alle esperienze. E questo senso viene raggiunto attraverso l'immaginazione e la fantasia, attraverso il gioco e, se vogliamo, l'illusione.
Crescendo si perde questa magica capacità di guardare la realtà ed è un peccato poiché col tempo si rischia, se non si aggiusta il tiro, di vedere tutto grigio. E se i colori sbiadiscono, viene meno anche la forza dell'immaginazione. Scritto in: Doisneau, fotografia, Henri Cartier Bresson, immaginazione, infanzia, inizio, insegnamento, insegnante, pensieri sparsi, Sara Durantini, scuola, sogni Invia tramite email Postalo sul blog Condividi su Twitter Condividi su Facebook
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