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La maturazione dell’anima

Da Sharatan
La maturazione dell’anima
“Ognuno di noi è artista della sua vita:
che lo sappia o no, che lo voglia o no,
che gli piaccia o no”
(Zigmunt Bauman)

Ogni giorno indossiamo abiti fisici e mentali poiché non possiamo mostrare il nostro vero volto, però pensiamo di essere quello che dimostriamo all’esterno. Nella nostra infanzia abbiamo subito il tradimento della nostra vera natura per adeguarci a quello che vogliono gli altri, per questo abbiamo la presunzione di conoscerci bene. Se non ci fossimo adeguati ora saremmo abbandonati nella solitudine, perciò ci adeguiamo alle opinioni estranee e viviamo nell’impossibilità di sentirci autentici.
Abbiamo dimenticato la nostra essenza e la nostra natura poiché raramente veniamo educati da persone che ci aiutano a non dimenticarci di come siamo, raramente veniamo educati senza subire delle forzature violente sul nostro essere. E’ molto raro, ma è una benedizione, avere ricevuto una educazione in cui ci viene insegnato a pensare con la nostra testa, in cui ci viene detto di seguire le nostre intuizioni, in cui viene rispettata la nostra natura senza modificarla forzatamente, in cui ci viene detto che siamo adeguati e possiamo affrontare la vita con serenità.
Il messaggio educativo è spesso del senso opposto, altrimenti l’uomo non sarebbe tanto incapace e goffo come appare nella realtà. La personalità umana viene strutturata in modo da generare un pensiero paranoico, infatti si teme il cambiamento come una disgrazia, si mantiene rigido il modo di ragionare, si diventa malfidati di tutti. Si crede che la vicinanza umana sia pericolosa, poiché il contatto ravvicinato può procurarci troppo male se ci lasciamo coinvolgere, perchè diventiamo troppo fragili e indifesi.
Dobbiamo evitare di essere troppo evidenti, poiché brillare della nostra luce ci rende visibili e attaccabili nella nostra diversità: di conseguenza non abbiamo il coraggio e la voglia di essere autentici. Nella società massificata, il manifestare la propria essenza viene pagato con la solitudine e con l’isolamento, perciò ogni sincera manifestazione viene evitata. Erroneamente si crede che la solitudine sia lo stare da soli mentre, invece, la vera solitudine è il sentirsi vuoti e isolati restando in una compagnia che non ci dona alcuna gioia di vivere: la vera solitudine umana è il procedere isolati, mentre si procede insieme agli altri.
I cabalisti dicono che l’uomo non nasce con l’anima completa, ma nasce con una consapevolezza e uno sviluppo dell’anima che si ottiene con il tempo infatti, nella vita dell’individuo, vi sono 5 anime che si manifestano progressivamente, e che rappresentano i 5 stadi diversi di un viaggio spirituale che facciamo verso la realizzazione. Quindi, il nostro viaggio spirituale dura per tutta la vita, perché la nostra maturazione è il prodotto della volontà personale e delle caratteristiche della nostra impronta spirituale.
Al momento della nascita abbiamo l’anima “Nefesh” che è donata all’inizio della vita essendo degli organismi biofisici con delle qualità uniche, sia a livello vitale che energetico. Già nell’infanzia noi non ci sentiamo più fusi, perciò l'anima “Nefesh” va sostenuta da una presenza fisica ed emotiva che si prenda cura di noi, e che ci rende sicuri e soddisfatti: della qualità positiva di questo accudimento noi risentiamo nella nostra fiduciosa aspettativa futura nei riguardi della vita.
Nell’adolescenza sperimentiamo l’anima “Ruach” che è“vento” o “spirito” oppure “tempesta” perchè la sola soddisfazione fisica diventa insufficiente per renderci felici. In questa fase non siamo soddisfatti perchè vi è un sentimento che soffia nel vento del nostro scontento, perciò sentiamo questo soffio freddo e siamo privi di tranquillità: nell’adolescenza si vive tormentati e travagliati dai conflitti e dai dilemmi, perciò siamo in guerra con l’intero mondo.
Quando siamo travagliati viviamo incompresi ed infelici, ma siamo anche "chiamati" dalla nostra grandezza, perciò restiamo aperti alle esperienze spirituali profonde, in quanto ci rendiamo aperti e disponibili alla ribellione contro le nostre limitazioni. Noi sentiamo l’anima “Ruach” quando viviamo dei periodi di crisi perchè emerge quando ci sentiamo insoddisfatti da ciò che abbiamo, in quanto non avvertiamo più l’apprezzamento di ciò che possediamo: è in questi periodi che abbiamo la necessità di riscoprire la nostra individualità e la nostra unicità per sentirci vivi.
Nella terza fase nasce l’anima “Neshamah” in cui la nostra impronta animica diventa molto più profonda, poiché “Neshamah” significa “respiro” ed è il respiro del nostro spirito che ispira, la consapevolezza spirituale dell’impronta che ci rende unici, essendo degli esemplari che non hanno uguali. Le fasi di “Ruach” e Neshamah” spesso s’intrecciano per farci capire che i nostri caratteri distintivi sono irripetibili e preziosi, ma sono anche molto difficilmente comunicabili agli altri.
Non è facile comprendere che la condivisione inizia quando riusciamo a riconoscere reciprocamente le difficoltà e le carenze infatti, è solo quando l’altro ci accoglie nelle nostre limitazioni, nei nostri dolori e nelle nostre difficoltà che ci sentiamo colmi e pienamente appagati. E’ in quel momento che sappiamo di avere trovato delle persone che ci tengono così tanto alle nostra impronta d‘anima, da riuscire a condividere e amare il nostro essere, che è composto di ombra e di luce, perciò ci sentiamo accettati e amati pienamente.
Al quarto stato l’anima è “Chaya” cioè “energia vitale” in quanto siamo vivi e vibranti nella nostra risvegliata individualità: è quando siamo così vivi e vibranti di energia, è quando siamo tanto aperti e recettivi che qualcuno potrebbe approfittare della nostra vulnerabilità e tenerezza, perciò questo livello non viene tenuto per molto tempo, ma emerge solo in circostanze straordinarie. Tutti sanno ricordare le sensazioni di apertura e di tenerezza dei momenti di maggiore gioia e di maggiore dolore, che sono le vette e gli abissi della vita di ognuno: queste sono le sensazioni dell'anima “Chaya.”
Al quinto livello dell’anima giungono solo pochi individui eccezionali, infatti lo stadio “Yechida” viene dalla radice “yachad” che significa “singolare” o “speciale” oppure “solo” ma anche “insieme.” E’ questo il punto in cui l’individuo si sente fuso e incluso pienamente nelle braccia del Tutto pur restando consapevole delle sue caratteristiche personali, esso è pienamente incluso pur restando speciale ed unico, e ci sentiamo accolti e cullati dall'Anima Universale.
Nella cabala si afferma che il primo uomo, Adamo, non era ancora stato diviso quando poteva contemplare il viso di Dio perciò sappiamo che, all’apice di questa fusione, noi siamo consapevoli della nostra personalità unica mentre riposiamo nel Tutto. Nella evoluzione “Yechida” entriamo nel mondo spirituale più elevato, in cui vi è il silenzio in cui ci ritiriamo per conoscere cosa siamo, e per ascoltare pienamente noi stessi.
Nella vita pratica il misticismo cabalista ci suggerisce di saperci chiedere se le strade che intraprendiamo nella vita, sanno conciliarci veramente a noi stessi, se conciliano la nostra armonia interiore, se le sensazioni e le esperienze che facciamo sanno infonderci soddisfazione e piena realizzazione. Quale gusto ha la nostra vita? Sentiamo un sapore soddisfacente, e siamo appagati dalle nostre scelte? Viviamo delle scelte che ci lasciano con l'amaro in bocca?
La prova del nove con cui testiamo i rapporti è il modo con cui viviamo il silenzio nello stare insieme, poiché il silenzio può attestare sia l'assenza che la presenza dell'altro. Molte persone passano ore in compagnia restando in silenzio, ma si sentono felici ed appagati mentre, altri restano silenziosi poiché non hanno dei contenuti con cui colmare il vuoto della comunicazione, infatti vi è l’assenza di ogni condivisione e ognuno vive nel suo mondo, pur restando insieme.
E’ nel silenzio della presenza che noi siamo in totale condivisione d’anima, poiché il nostro silenzio è talmente denso e pieno di significato che non possiamo trovare delle parole per esprimere l’estasi del momento. Nessuna parola può essere inventata, nessun linguaggio umano può esprimere la gioia e la pienezza di cui si gode quando la reciproca impronta viene testimoniata, e quando l’altro riesce a comprenderla e ad accoglierla totalmente. D’altro lato cosa si potrebbe dire che l’altro già non sappia, cosa potremmo comunicare se la nostra unione ci rende un tutt’uno?
Buona erranza
Sharatan

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