Con il tempo Sergio, oggi medico psicoterapeuta e agopuntore, ha approfondito la conoscenza di entrambe le medicine e dal 1991 ha compiuto frequenti viaggi in Cina per sviluppare competenze dettagliate presso alcune delle più importanti facoltà del Paese. Le sue visite a Guangzhou, Beijing, Nanjing, Shanghai e Tianjin gli hanno permesso di tracciare un filo conduttore tra Occidente e Oriente, sulle orme di un avvicinamento culturale che dai tempi di Marco Polo non cessa di produrre risultati straordinari. Nel suo recente libro “Un medico in Cina” (Armando Editore) è narrata la storia della sua crescita personale attraverso l’esplorazione di un mondo antico e moderno al tempo stesso, sofisticato e mai banale, tradizionalista e innovatore.
Durante la narrazione le città cinesi trascinano l’autore in un vortice di attività e movimento, verso un dedalo di palazzi vertiginosi e strade affollate. La laboriosità cinese, espressa ad ogni angolo e in ogni forma, viene immortalata nel libro come nei suoi quadri – Sergio è anche un artista – con tinte cariche di vivacità ed emozione. La metropoli sembra talvolta soffocare la spiritualità locale, ma essa sfugge alla gabbia di cemento per esprimersi nei parchi e nei giardini con l’antica arte dei massaggi, del qi gong, del taijiquan, o semplicemente con le gare di canto tra i volatili amorevolmente accuditi all’interno delle loro gabbiette.
Durante il suo quinto viaggio, quando insieme ad altri colleghi italiani si stava recando in Cina su un volo partito da Fiumicino, l’assistente di volo ha richiesto la sua assistenza per soccorrere un passeggero vittima di malessere. La diagnosi era attacco di panico con dipsesia associata a nausea. Sergio e un altro medico, tutti e due italiani, hanno iniziato a praticare l’agopuntura a una donna cinese di mezza età. Svolto con successo il loro compito hanno potuto attendere con serenità l’atterraggio a Beijing, il cuore politico della Cina, loro che da sempre proseguivano verso il suo cuore culturale.
Flavio Alagia
Dopo una laurea in giornalismo a Verona, mi sono messo lo zaino sulle spalle e non mi sono più fermato. Sei mesi a Londra, un anno in India, e poi il Brasile, il Sud Africa… non c’è un posto al mondo dove non andrei, e non credo sia poco dal momento che odio volare. L’aereo? Fatemi portare un paracadute e poi ne riparliamo.