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La memoria dei vinti

Creato il 30 aprile 2015 da Ilnazionale @ilNazionale

25 APRILE – Ricordare chi, per tanti motivi, è caduto nell’oblio della storia. Con le consuete polemiche legate alla giornata del Venticinque Aprile, anche quest’anno una piccola parte di Cagliari ha onorato la memoria dei Caduti di Salò, della Repubblica nata nel 1943 dalle ceneri del fascismo. Nella sacralità austera del Cimitero Monumentale di Bonaria, intorno alle dieci del mattino, i gruppi di Forza Nuova, Destra Sociale Quartu e il movimento giovanile degli Skinheads hanno reso omaggio ai giovani combattenti, sardi e non, e a coloro che in seguito agli sconvolgimenti bellici del Quarantatré hanno scelto con coraggio di schierarsi dalla parte dell’Italia e degli italiani. Quella “sbagliata, c’è chi direbbe. Ma lasciamo che questo lo stabilisca la coscienza della gente.

La commemorazione, in silenzio e mestizia, ha visto partecipi pochissimi intimi, tra i quali giovanissimi, qualche nostalgico, qualche simpatizzante, ma tutti accomunati da un unico credo. Nessun corteo, nessun coro, nessuno slogan; assenti anche le bandiere e i simboli di un Ventennio che dopo settantanni si cerca a fatica di dimenticare. Tutto si è svolto in un battito di ciglia, in una manciata di minuti che sono stati più che sufficienti per chi negli ultimi dieci anni ha preso parte fedelmente a questo tributo, ogni anno oggetto di proteste e ridotto ai minimi termini. Composti e rigidi, i camerati, dopo una semplice cerimonia di apertura, hanno recitato la Preghiera del Legionario, ricordando il valore dei volontari che hanno imbracciato le armi per difendere l’onore, perduto, di un Paese allo sbando e in preda alle più abiette nefandezze figlie della guerra. Come gesto solenne dell’intera manifestazione, due delegati hanno depositato un mazzo di fiori sulla lapide, memoria eterna di tutti i Caduti dal 1923 al 1945, dell’Associazione Nazionale Arma Milizia. Immancabile, naturalmente, il “presente”, suggello di una cerimonia parca, ma profondamente sentita. Al grido “camerati, liberi”, ci si saluta, ci si stringe la mano e si ringrazia chi, anche nel suo piccolo, ha contribuito in ogni modo. Niente di più, solo la consapevolezza nella mente di tutti di avere compiuto il proprio dovere di italiani.

Gianmarco Cossu

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