La Memoria di Lavoro: cos’è e quali sono i limiti

Da Psychomer
By
Matteo Radavelli
novembre 2, 2010Posted in: psicologia

Con l’affermazione tra gli anni ’60 e ’70 negli stati uniti del paradigma dello Human Information Processing, che in un certo senso continua la tradizione associazionista e comportamentista, ma dall’altro apre la strada al cognitivismo, iniziano ad essere creati diversi modelli della memoria.

Tra i principali spicca sicuramente quello di atkinson e Shiffrin , questo modello multi processo (1968), nato nel tentativo di unificare le diverse teorizzazioni sulla memoria, prevede il mantenimento dell’informazione in un magazzino sensoriale prima di essere passata alla memoria a breve termine, che poi, tramite la reiterazione la rielabora e la passa alla memoria a lungo termine.

Nel 1974 Baddeley e Hitch analizzarono il concetto di memoria a breve termine, al quale sostituirono quello di Working Memory. Gli autori definirono la memoria di lavoro come un sistema per il mantenimento temporaneo e per la manipolazione dell’informazione durante l’esecuzione di differenti compiti cognitivi, come la comprensione, l’apprendimento e il ragionamento. Il modello appena definito è costituito da tre differenti componenti: phonological loop, visual-sketchpad e esecutivo centrale.

Il taccuino visuo-spaziale permette sia la ritenzione temporanea delle caratteristiche visuo-spaziali delle informazioni in entrata, ad esempio come è scritta e dove è collocata, nello spazio, una parola, sia la visualizzazione e manipolazione delle immagini mentali. Baddeley ha individuato locazioni diverse all’interno dell’emisfero destro tra memoria visiva e memoria spaziale.

Il loop fonologico, sicuramente la componente più indagata dall’autore, è a sua volta composto da due differenti elementi: un magazzino fonologico, che mantiene l’informazione linguistica e un processo di reiterazione articolatoria basato sul linguaggio interno, capace di rinfrescare le tracce mnestiche e rimandarle al magazzino fonologico. Per dimostrare la presenza di questi componenti, tramite una serie di esperimenti, Baddeley ha individuato diversi fenomeni presenti di varie prove di memoria, tra cui ad esempio l’effetto della lunghezza delle parole, l’effetto di soppressione articolatoria, l’effetto dell’informazione a cui non si presta attenzione e l’effetto di similarità fonologica.

L’ultima componente del modello, l’esecutivo centrale, è un sistema di controllo simile ai sistemi attenzionali più che a quelli di memoria. Baddeley lo interpretò inizialmente come caratterizzato da tutte quelle funzioni non espressamente assegnate agli altri due sottosistemi, tra cui: coordinazione dei servosistemi, coordinazione dell’esecuzione contemporanea di compiti diversi e responsabile dell’attenzione selettiva e dell’inibizione.

…continua…

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