Adulterazioni degli alimenti su scala industriale: una guerra al ribasso dei prezzi
Perdonate il francesismo, ma non ho trovato termini più adeguati per questa faccenda. Com’è possibile che aziende con marchi seri si rendono responsabili di queste adulterazioni? La risposta migliore l’ho trovata in un dossier del The Guardian.
Fonti del settore e funzionari di sicurezza alimentare della Food Standard Agency (FSA) dicono che ci sono diversi tipi di alterazione in atto. Quando tracce di DNA della specie suina per esempio, sono state trovate nel settore delle carni, la spiegazione più probabile è una contaminazione da mancata pulizia delle linee di produzione tra diverse lavorazioni; oppure è il DNA presente in proteine di additivi ampiamente utilizzati nel settore, perché a buon mercato. Un beefburger economico può legittimamente contenere non più del 47% di carni bovine. I produttori aggiungono altri ingredienti a basso costo, tra cui l’acqua e il grasso, e utilizzano proteine concentrate per legare l’acqua e il grasso. Una delle più economiche fonti di questi additivi proteici è la cotenna di maiale. E’ possibile che anche la carne di cavallo è utilizzata. L’adulterazione diffusa del petto di pollo con proteine di maiale e manzo e acqua è stato scoperto in scandali precedenti. Le proteine derivate da carne sono molto spesso idrolizzati di pelli bovine. Non è illegale utilizzare questi concentrati proteici purché siano identificati correttamente al fabbricante.
Concorrenza al ribasso
Le industrie alimentari e al dettaglio si sono molto concentrate e globalizzate negli ultimi decenni. Una manciata di giocatori chiave dominano la trasformazione delle carni bovine e la gestione dei supermercati in tutta Europa. Hanno sviluppato catene di distribuzione molto lunghe, in particolare per le loro linee più economiche, che consentono loro di comprare gli ingredienti base per gli alimenti trasformati ovunque si trovino, al prezzo più conveniente, in base ai tassi di cambio e dei prezzi delle materie prime sui mercati mondiali. Le reti di mediatori, operatori del freddo, buyers e laboratori di sezionamento di carni subappaltate, sono emersi come fornitori di ordini fluttuanti “just in time”. I consulenti di gestione della KPMG stimano che ci sono circa 450 punti in cui l’integrità della catena può venire abbattuta.
Supermercati e grandi marchi hanno guidato verso il basso i prezzi, per promuovere le offerte speciali sui prodotti a base di carne e agevolare le spese dei consumatori di fronte alla recessione. La stretta sui prezzi è giunta in un momento in cui i costi per i produttori si sono impennati. Il prezzo delle carni bovine sono saliti a livelli record, proporzionalmente al prezzo del grano necessario per nutrire il bestiame. Il costo dell’energia, molto utilizzato nei processi industriali e nelle catene di distribuzione, è aumentato vertiginosamente. Si è creata una forbice tra il costo reale del manzo e ciò che le aziende sono disposte a pagare. Nel frattempo, per via del taglio dei costi pubblici, il numero di ispettori decresce. I laboratori di sezionamento non sono più soggetti a ispezione quotidiana.
Tracciabilità e certificazioni? Carta straccia
Le industrie da anni vantano la piena tracciabilità della catena di fornitura avvalorata da puntigliosi controlli. Lo scandalo attuale dimostra che che la tracciabilità non vale la carta su cui è generalmente scritta. La maggior parte delle fabbriche coinvolte nello scandalo hanno l’accreditamento con sistemi di controllo riconosciuti, come quello gestito dal British Retail Consortium (BRC) o dall’International Food Standard (IFS). Nonostante ciò, non sono riusciti a individuare il problema.
Intanto, i governi polacco e rumeno sottolineano che le loro industrie di macellazione di cavalli non sono abbastanza grandi per alimentare la scala di adulterazione che sta emergendo. Le organizzazioni per il benessere degli animali invece hanno messo in guardia i governi da diversi anni, per il crescente commercio di cavalli a fine carriera tra Irlanda, Regno Unito, Francia e Belgio, e tra Nord e Sud America, e l’Europa continentale. Questi enti hanno documentato le migliaia di cavalli che sono stati spostati dalle reti di commercianti, senza i passaporti. Si tratta di cavalli allevati per le corse e cavalli domestici.
I cavalli vengono regolarmente trattati con un farmaco antinfiammatorio chiamato fenilbutazone, o “bute”. Il Bute è vietato dalla catena alimentare umana, perché può in rari casi, provocare una malattia potenzialmente pericolosa per la vita, l’anemia aplastica, o insufficienza del midollo osseo. I passaporti dei cavalli servono a registrare le eventuali somministrazioni di fenilbutazione in modo che gli animali possano essere esclusi dalla catena alimentare. E’ evidente che con un gran numero di passaporti falsi in circolazione, alcuni cavalli contenenti bute sono stati mangiati da migliaia o milioni di persone.
L’indagine ha individuato tre fabbriche irlandesi come la fonte di carni bovine che erano state contaminate o adulterate: Silvercrest Food, Dalepak Meat Yorkshire e Liffey in Irlanda. Silvercrest e Dalepak sono entrambe controllate del gruppo alimentare ABP, uno dei maggiori trasformatori di carne bovina in Europa.
ABP ha puntato il dito contro i suoi fornitori continentali, nei Paesi Bassi e in Spagna. In seguito ha detto che la carne equina era entrata nella sua catena attraverso fornitori in Polonia. Enormi blocchi di carne congelata in un deposito frigorifero in Irlanda del Nord, appartenenti alla Freeza Food, messi in quarantena da parte dei funzionari hanno dato come riscontro l’ 80% di cavallo. Freezer Foods dice che i blocchi di carne sono stati forniti da una società di intermediazione, McAdam. McAdam a sua volta dice che la carne gli è stata venduta da un commerciante di carne a Hull, che importa dalla Polonia e altrove. ABP ha confermato di aver ricevuto forniture da McAdam, ma le due società hanno dato resoconti contrastanti rispetto alle consegne registrate. ABP ha anche confermato di aver ricevuto carne di manzo anche da Norwest Foods, con sede a Cheshire, con attività in Polonia e Spagna, che ora è anche parte delle indagini della FSA.
Insomma un vero e proprio intrigo internazionale che ogni giorno chiama in causa un nome importante: da Findus a Nestlè, da Buitoni a Tesco, da Coop Suisse a Lidl. Oggi anche Ikea con le sue polpette di manzo (o cavallo), domani, a chi tocca?