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“La Metamorfosi”, il romanzo-confessione di Kafka

Creato il 02 giugno 2014 da Annalina55

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Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
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Franz Kafka “Il corpo sopravvive alla forma spirituale e a tutte le metamorfosi dell’anima [...] Divora e ama tutto ciò che gli arriva a tiro; è estremamente demoniaco a guardarlo bene [...]Cosa ci portiamo mai in giro!Una realtà spaventosamente estranea.” (Gottfried Benn) Protagonista de “La Metamorfosi” è Gregor Samsa, commesso viaggiatore, vive una notte piena di incubi e, come d’improvviso, si risveglia trasformato in scarafaggio. Gregor crede di sognare ma l’impatto che segue è traumatico, il racconto che ne fa ripugnante. Questo è l’esordio: Gregor fa tardi a lavoro. I familiari, essendosi accorti del suo strano ritardo,  giungono ma nessuno immagina, nessuno comprende. Arriva poi anche il suo capo-ufficio, preoccupato per l’assenza.  Gregor è lì, dietro la porta ma è inerme, non riesce ad alzarsi dal letto, ad aprire la porta, vorrebbe spiegarsi, muoversi,  ma risultano tutti disperati tentativi. Quando la porta si apre, la madre sviene e tutti assistono assistono alla più terribile delle scoperte. L’orribile scarafaggio viene costretto a rintanarsi nella sua stanza, troppa è la vergogna, bisogna nasconderlo. Lo Scarafaggio passeggia per le pareti, cerca di far sentire la sua presenza ma tutti ignorano. La famiglia, di stampo piccolo-borghese, venuto meno il lavoro di Gregor che si occupava del sostentamento di tutti, vive in ristrettezze economiche. Si hanno dei capovolgimenti devastanti che rompono ogni equilibrio. Il padre non è più quell’uomo severo che trascorreva la sua vita osservando, a distanza,  quella del figlio. Il figlio-scarafaggio ed il padre-padrone adesso giocano a rincorrersi. La sfida è nella fuga di Gregor, perché essere un insetto costitutiva una colpa imperdonabile. La madre e la sorella Grete sono figure onnipresenti ma emotivamente imperscrutabili. La famiglia, che dovrebbe proteggerlo, lo evita e lo isola. Continuare ad esistere, per Gregor, è il gesto più coraggioso e rivoluzionario che possa compiere. Nella nuova vita del commesso viaggiatore, c’è pietà e c’è orrore. I ruoli cambiano ma restano ingombranti. Gregor vorrebbe controllare tutto, ma i suoi pensieri restano intrappolati nella testa incastrata in un corpo repellente con cui dovrà necessariamente convivere. La dimensione umana e quella naturale coesistono. Il nostro protagonista  non  puo’ evadere, la regressione ha inizio proprio con la metamorfosi. E vi è tutta l’angoscia di chi conserva sentimenti umani istinti, possiede ricordi ma è diventato animale. In questo romanzo, accanto alla trascrizione di una situazione autobiografica che riguarda il suo rapporto conflittuale con il padre, (al quale scriverà anche la famosa “Lettera al Padre”),  troviamo il tema della solitudine dell’uomo che viene rifiutato dalla società (con un’attenzione particolare, per forza di cose, alla quella praghese). Forte è senso di pietà che prima emerge e poi si annienta,  tipico dell’angoscia esistenziale di Kafka, considerato uno dei precursori dell‘esistenzialismo.

Kafka mostra come la vita senza saper vedere le cose,possa essere una condanna ( il riferimento al romanzo “Con gli occhi chiusi” di Tozzi viene spontaneo). Ma cosa ambisce a vedere il personaggio di Kafka? A questa domanda risponde acutamente il critico Giacomo Debenedetti nel suo “Il romanzo del Novecento”. Il personaggio kafkiano, secondo Debenedetti, cerca Dio in una delle immagini più consuete, severe e dolci al tempo stesso, ovvero il Padre. Nell’opera di Kafka vi èla confessione di un complesso edipico, la forza dello scrittore sta anche  nella lucidità con cui analizza sul versante del visibile ciò che proviene dalle spinte e dai travagli inconsci. Il fenomenale paradosso di Kafka, come nota ancora Debenedetti, è che egli ha tutta l’aria di portare alla propria e alla nostra coscienza qualcosa che continua ad operare con l’intatta forza dell’inconscio. In parole povere Kafka riesce a farci toccare con mano l’invisibile.

In un lasso di tempo davvero brevissimo Gregor si trova a dover fare i conti con la nuova realtà che gli si prospetta. Non puo’ reagire, è impotente, preda, vittima, è l’uomo di oggi. Dall’inizio alla fine, constatiamo l’annullarsi di ogni sentimento, come in un percorso discendente. Di peggio puo ‘esserci solo la perdita di ogni contatto con se stessi. Perché la nostra voce somiglia a quella di qualcun’altro? Qualcuno che però non conosciamo?  Perché il corpo che ci faceva da scudo e ci conteneva ora è corazza, guscio, limite? La vicenda di quest’uomo solo che, rassegnato,  finisce per rifiutare il cibo e deprimersi ogni giorno di più, si conclude con la sua morte. Una morte voluta, che non causa dispiacere, come se fosse quasi meritata, attesa da padre, madre e sorella per porre fine ad una serie di incubi. In questo atteso epilogo, c’è la riconciliazione, la speranza di una nuova vita,  il mostro è finalmente esiliato e il cerchio si chiude. “La Metamorfosi” pubblicato nel 1912, ci racconta la vicenda dell’uomo immerso nella tragedia del suo tempo : un essere alienato che, però,  non si rassegna. Ci sembra opportuno chiudere proprio con una “confessione” del grande scrittore: “Un’immagine della mia esistenza sarebbe una pertica inutile, incrostata di brina e neve, infilata obliquamente nel terreno, in un campo profondamente sconvolto, al margine di una grande pianura, in una buia notte invernale”. (dai Diari).  



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