La parola “iniziazione” è una di quelle che mettono paura e io una certa paura ce l’ho. Non per cose serie, questo no, ma piuttosto per delle piccole inezie che comportano delle grandi responsabilità.
Io rispetto ai miei suoceri, sono quello che a miei tempi, nei giornaletti del capitan Miki, avrebbero definito un “gringo” nel senso che loro sono napoletani e io no. Quando durante le ferie mi capita di essere ospitato a casa loro avvengono delle cose curiose che vi voglio raccontare. Tutte le mattine, appena alzato, sono solito prepararmi il caffè. A casa mia però. Lì, invece, quando mi alzo mi accorgo che i miei suoceri mi hanno preceduto da un pezzo. Sento nell’aria un celestiale profumo di caffè che proviene dalla cucina la cui porta rimane chiusa. Ora, è proprio questo il problema: quando preparano il caffè chiudono sempre la porta. Me ne sto alcuni minuti ad aspettare in sala che il rito si compia fino a quando la porta non si apre e mi servono in una “tazzulella” quello che chiamano con deferenza mista a meraviglia “O’ cafè”. Apparentemente non ci sono misteri: sul fornello spento la solita moka tre tazze e niente più. Ma sono più che sicuro che quando la porta si apre ogni indizio sia stato rimosso.
Credo tuttavia di essere in qualche modo fortunato e vi spiego perché. Al piano di sotto c’è un gringo che come me subisce l’allontanamento dalla fucina del mistero ma contrariamente al sottoscritto lui aspetta sul pianerottolo che tutto sia pronto. L’altro giorno, vedendolo per l’ennesima volta seduto sulle scale, sconsolato, mi sono fatto coraggio e gli ho rivolto la parola. Mi ha raccontato di uno che aspetta in macchina e di un altro che viene sistematicamente rinchiuso in bagno e bendato. Io che rimango davanti alla cucina, mi ha detto, è raro e vuol dire solo una cosa: che si fidano di me e che presto avrò il diritto di entrarvi perché si avvicina per me il giorno della grande iniziazione e a questa mi devo preparare.
Lino Soddu
{lang: 'en-GB'}