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Da ragazzino, uno dei miei passatempi preferiti era allestire ipotetiche formazioni dell’Inter, seguendo le indicazioni che il campionato proponeva. Le pagine del diario scolastico erano piene di nomi, schemi, frecce che indicavano i movimenti di ogni singolo giocatore. Voglio ora rifare quel gioco, sulla base però dei calciatori che effettivamente hanno vestito la casacca nerazzurra, nell’arco di tempo che va dallo “scudetto dei record” (1988-89) di Giovanni Trapattoni ai nostri giorni. Scarto gli anni della mia infanzia perché appartengono al mito e non potrei essere obiettivo. Calciatori come Lele Oriali, “il pirata” Giampiero Marini, Alessandro “Spillo” Altobelli, Karl Heinz Rummenigge per un tifoso di dieci anni erano supereroi, indipendentemente dai risultati che portavano a casa.
Scegliere undici nomi non è semplice. Ogni tifoso ha le sue preferenze, dettate spesso dalle emozioni provate. Per dire, la cavalcata di Nicola Berti a Monaco di Baviera è entusiasmante anche a 23 anni di distanza. Mi affido al 4-3-1-2, mettendo da parte il 4-2-3-1 del Triplete. L’allenatore ideale però è “lui”, José Mourinho, il condottiero che ci ha fatto entrare nella leggenda, infondendoci la consapevolezza e l’orgoglio di essere una grande squadra. In porta, mi spiace per Julio Cesar, ma non posso fare a meno di collocare Walter Zenga, il più grande portiere della storia dell’Inter, il ragazzo passato dalla Curva Nord alla porta e diventato “l’uomo ragno”, eletto per tre stagioni miglior portiere al mondo. Sulla linea di difesa, a destra “colosso” Maicon, un treno inarrestabile, da anni tra le migliori soluzioni offensive nerazzurre. Centrali, lo “zio” Beppe Bergomi, una vita con addosso una sola casacca, campione del mondo a 18 anni e detentore di molti record di fedeltà poi superati da Zanetti, e Walter “the wall” Samuel, un mastino insuperabile nonostante i tanti gravi infortuni. Il più potente ed esplosivo terzino sinistro è stato Roberto Carlos, ma vado sul sicuro con Andreas Brehme, le cui “pennellate” hanno fatto la fortuna del capocannoniere Aldo Serena nel 1988-89. A malincuore, faccio accomodare in panchina Riccardo Ferri, storica spalla di Bergomi, Ivan Ramiro Cordoba, fenomenale per la velocità, Lucio e Materazzi, artefici di molte recenti vittorie.
Vertice basso di centrocampo, Esteban Cambiasso, un affarone. Prima del centrocampista argentino ci venivano quasi sempre rifilati bidoni a prezzi stratosferici. Il cuchu è stato il primo ad invertire la tendenza, un regalo del Real Madrid, che qualche anno più tardi replicò con Wesley Sneijder. Poi il “capitano” Xavier Zanetti, il calciatore che ha cancellato ogni record nerazzurro. Niente male per uno arrivato con la formula “due al prezzo di uno” assieme ad Sebastian Avioncito Rambert, praticamente noto soltanto per questo. Quindi Nicola Berti, per anni la prima immagine che vedevano i miei occhi al risveglio, a grandezza naturale sulla parete di fronte al mio lettino. Incontenibile in progressione, un centrocampista moderno con il vizio del gol, spesso decisivo. Non riesco ad immaginare un’Inter priva della grinta di Lothar Matthäus, un vero trascinatore. Mi è capitato di vederlo dal vivo e ho compreso immediatamente il significato di “panzer”. Restano fuori giocatori del calibro di Diego Pablo Simeone, Youri Djorkaeff, Luis Figo, Dejan Stankovic. Ma questo è il gioco.
In avanti, la scelta non è meno sofferta. Zlatan Ibrahimovic, Diego Milito, Bobo Vieri hanno segnato caterve di gol, ma dovendo fare due nomi dico Ronaldo, l’unico vero fenomeno, che era quasi riuscito nell’impresa di vincere uno scudetto praticamente da solo, in una squadra che prevedeva un unico schema (“palla a Ronaldo”); accanto a lui, Samuel Eto’o, un autentico fuoriclasse, capace di essere decisivo sia in fase realizzativa che in copertura. Per credere, rivedere la prestazione contro il Barcellona al Camp Nou nell’anno del Triplete. Ricapitolando: Zenga; Maicon, Bergomi, Samuel, Brehme; Zanetti, Cambiasso, Berti; Matthäus; Ronaldo, Eto’o. Allenatore: Mourinho
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