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Sono le due, io ed il libro ci teniamo compagnia in una notte nordica stellata. La camera da letto è ancora spoglia, e tra le parole della pagina 67, si insinuano pensieri su cosa mettere alle pareti, su quale murales o graffito possa dipingere, magari dei fiori, dei banali girasoli. La pagina rimane sempre la 67, la finisco e la ricomincio almeno tre volte. Leggo senza leggere, un romanzo del genere non merita questo trattamento. La concentrazione è altrove, continuo ogni tanto a fissare le pareti bianche, penso che potrei dipingerle di un altro colore, un bel rosa malva. No, è da Barbie dismessa. Un bel blu, magari mi faccio aiutare dai bambini, o magari le lascio bianche queste immense pareti, e permetto loro di disegnarci sopra, di scriverci. Sarebbe bellissimo. La pagina è sempre la 67, non posso ricominciare a leggerla per la quarta volta, non sarebbe corretto. Appoggio il libro sul petto, chiudo gli occhi e provo ad immaginare la stanza blu. Li riapro e sul soffitto vedo quella che inizialmente sembra essere una macchia nera. Non è possibile che in questa stanza norvegese spoglia ed immacolata, ci sia una macchia. Accendo la luce grande e mi rendo conto che non è altro che un bel ragno. "Piccolino, sei venuto a tenermi compagnia?".
Mi alzo, giro intorno al letto per trovare una posizione il più possibile perpendicolare al mio ospite: lo voglio osservare. Forse è casa sua, e l'ospite sono io "Grazie per avermi prestato la tua camera da letto, ragno. Come ti chiami?" Lui rimane immobile, forse è un po' duro d'orecchio "Ti ho chiesto: COME TI CHIAMI?. D'accordo, non mi vuoi rispondere, capisco, in fondo io sono solo un'ospite sconosciuta. Ma mettiamo che, invece, l'ospite sia tu. E che questa sia la mia camera, non trovi che in questo caso il tuo silenzio sarebbe oltremodo maleducato? Si tratta, a questo punto, di scegliere. Sei un ragno ospite zotico e ineducato, o sei un ragno proprietario di stanza silenzioso? Per il tuo bene facciamo che il proprietario sia tu. Quindi, caro, non ti sbatto fuori. Rimani pure lassù appollaiato, continua a mantenere un atteggiamento che oserei definire omertoso. Però se vuoi passare la notte qui, io ho bisogno di un nome.". Chissà che nome avrà. Ammesso io sia esperta in aracnidi, non potrei mai chiamarlo col nome della sua specie, quella non è altro che una convenzione scientifica. Sarebbe come se il mio gatto mi chiamasse homo sapiens eucaryota mammalia. Ed io voglio fortemente sperare che sotto quel ronron e grgrgr e miaomeomiao, non ci sia una fredda classificazione scientifica utile solo a studiare l'uomo e la sua evoluzione. Però potrei abbreviare, modificare, inventare; non so, magari è una tarantola ed io potrei chiamarlo Tarantolino. Apro la pagina di wikipedia e alla voce ragno leggo che esistono più di 44mila specie. Non ce la farò mai a battezzarlo con cognizione di causa. Allora decido io, liberamente. Lo osservo meglio, è grasso, non ci sono dubbi. Spero non si offenda nel caso riuscisse a leggere il pensiero. Guardandolo mi ricorda un ragno sardo, di quelli che stanno appollaiati sui cespugli della macchia mediterranea, e che se la spassano sotto al sole, tra un ginepro ed un mirto. "D'accordo, sembri sardo. Continua a rimanere in silenzio, io intanto ti chiamerò Efisio, che tu lo gradisca o no." Capisco che chiamare un ragno norvegese con un nome sardo, sia alquanto azzardato, ma se lui avesse parlato non mi sarei certo trovata costretta a battezzarlo secondo la mia inclinazione.
"Dunque, Efisio, patti chiari e convivenza serena. Tu rimani là, al massimo ti sposti di un metro, ma dormi dove sei adesso. Il letto è mio. Chiudo la porta, perché non devi passare la notte gironzolando liberamente per casa, non vorrei che ti infilassi in altre stanze, tipo in quella dei bambini. Se questa casa fosse munita di una scala di alluminio, magari avrei potuto raggiungerti sul soffitto ed ingabbiarti dentro un fazzoletto, per poi liberarti fuori, tra i ghiacci delle temperature polari. Ma anche ci fosse stata una scala in questa casa, io non l'avrei mai usata per sbatterti fuori, dato che sei un bel tipo e ho deciso di lasciarti vivere qui al caldo, per stanotte. Quindi, adesso che hai capito che tipo di umana sono, perché non rompi il silenzio? Perché non ti muovi e mi mostri che hai fiducia in me? Io so benissimo, che una volta che le luci saranno spente, tu ti esibirai in acrobazie, o comincerai a tessere quella tela che ancora non hai neanche imbastito. E lo sai perché lo farai? Perché tu, caro Efisio, sei un ragno stronzo. Pretendi silenziosamente il rispetto da me, ed una volta ottenuto, continui a rimanere diffidente e pronto ad attaccare. Capisco sia la tua concezione di lotta per la sopravvivenza, ma io sono un animale un tantino più evoluto. Forse hai avuto pessime esperienze con l'homo sapiens vertebrata ecc ecc, però non avevi ancora conosciuto me. E scusa, Efisio, se in questo caso ti potrò sembrare una maledetta presuntuosa, egocentrica supponente. Io sono meglio degli altri, lo pensano e lo dicono solo i nazisti, potrai dirmi. Beh, io sono peggio del mio prossimo sotto tantissimi punti di vista, ma per quanto riguarda la fiducia puoi dormire sonni tranquilli, Efisio. O forse la pensi come Ovidio, amore è credula creatura, per cui la fiducia si accorda solo con l'amore. Allora come lo spieghi che io, mi stia fidando di te?
Ovidio, non mi sarò innamorata di Efisio in meno di mezz'ora?".
Credo di essermi addormentata pensando proprio ad Ovidio, ad Aracne, che aveva osato con l'ironia e pagato il prezzo della propria intelligenza, con una condanna che va oltre la morte. Non c'è spazio per la sfida, non esiste un tempo, né un luogo, nel quale vincere per le proprie abilità. Soccombere, è la parola che troviamo alla fine. Sempre la stessa. Dannazione o morte.
Le mattinate norvegesi sono caratterizzate dal buio. Lo stesso che c'è alle due di notte, con le stesse stelle, la stessa luna. Il sole sorge relativamente tardi, ed il mio bioritmo si ribella sempre, manifestando insofferenza e mal di testa, paura, brividi anomali, occhi stanchi. La sveglia suona, ma fatico ad accettarla, e ho il torcicollo. Mi guardo allo specchio del bagno e solo dopo aver visto una macchia rossa, gonfia, sul collo, mi ricordo di Efisio. Corro in camera per cercarlo, ma lui non c'è. più. Passo al setaccio tutta la casa, con gli occhi fissi sulle pareti, sul soffitto. Mi fanno malissimo anche le gambe. Torno in camera e sul piumino candido del mio letto, così in armonia con il resto della nuda stanza, vedo Efisio.
"Non ci posso credere, sei venuto a dormire con me. Ma te li sei scordati i patti, la legge della convivenza serena? Sei stato tu a farmi questo sul collo? E adesso cosa dovrei farti? Dovrei ucciderti, secondo una conseguenza logica, la tua, quella della sopravvivenza. O la mia, quella della vendetta, cieca, fredda e risoluta. Sei capitato bene, caro Efisio, ma anche male, molto male. Perché io sono tendenzialmente un homo sapiens tetrapoda molto vendicativo. E ti va di sfiga che non sia neanche una vegana, che si distrugge l'intestino coi fagioli pur di non mangiare un'ala di pollo. Io non ho pietà gratuita verso gli animali, io li uso, come loro usano me. Vuoi vedere la colonia di formiche che si nutre della spazzatura, qui fuori? O vuoi fare due chiacchiere con le zanzare tue compaesane, che ogni estate mi massacrano? Parliamo dei gatti che ho vaccinato, amato, cresciuto, e che poi alla fine se ne sono andati senza lasciare neanche un biglietto, un post-it. O dei cani per i quali ho pianto tutte le lacrime del mondo, e che ho sfruttato fino alla fine, crogiolandomi nel loro amore incondizionato. Se vuoi ti racconto dei cavalli, dei miei 20 anni dedicati a vivere per loro, e di come ho rischiato di perdere la vita perché quello che strigliavo ed al quale parlavo e volevo bene, ha deciso un giorno di farmi cadere. Io vi conosco, oh se vi conosco, bestioline. Tu, sei furbo. Ma io sono più grande di te. Per cui, la nostra convivenza inizia e finisce qui, ma l'hai voluto tu, caro Efisio. Entra dentro questo bicchiere di plastica, subito, se non lo fai ti schiaccio. Ti lascio fuori a vivere nel bioma che trovi. Adesso te la vedi tu, e sono più che sicura che non troverai un'altra me che ti tiene al caldo per una notte. Forse sopravviverai, o forse morirai. Io, comunque, caro Efisio, mi chiamo Nicole."
- Mmmmmh
- Morirò, dottore?
- Ma no! Però che razza di idea dormire con un grosso ragno.
- Mi piaceva.
- Hanno il loro fascino...evidentemente non soffri di aracnofobia.
- No, mi fanno schifo solo i topi di fogna e gli insetti troppo grossi.
- Meno male. La paura ed il ribrezzo ci salvano tante volte.
- Quindi Efisio aveva paura di me? Oppure gli facevo ribrezzo? Che delusione, e che stupida sono stata ad aver pensato che la simpatia fosse ricambiata.
- Forse era un morso affettuoso. Sei così romantica, credici.
Mi è tornata in mente una puntata di Heidi, quando Clara ha la febbre e lei e la nonna, la signora Seseman, vanno al parco. Heidi cattura tante farfalle e le chiude in un cestino, poi torna da Clara e le libera dentro la stanza, facendole vivere la magia della primavera al parco.
Fossero stati ragni, secondo me Clara avrebbe camminato molto prima.
- Tutti si sforzano di arrivare alla legge - dice l'uomo, - e come mai, allora, nessuno in tanti anni, all'infuori di me, ha chiesto di entrare? -
Il guardiano si accorge che l'uomo è agli estremi, e, per raggiungere il suo udito che già si spegne, gli urla: - Nessun altro poteva ottenere di entrare da questa porta, a te solo era riservato l'ingresso. E adesso vado, e la chiudo.
Davanti alla Legge, Il Processo, Franz Kafka.
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