Mettiamola così. Se non fosse stato che avrei dovuto seguire la vicenda di Spider Truman per lavoro probabilmente la cosa non mi avrebbe appassionato, ma neanche un po’. Non per distinguermi dalle masse, non per snobismo. Molto semplicemente perché ho capito in questi anni che non esiste il popolo del web, né esiste una Rete da intendersi come entità astratta. Esistono le persone, quelle sì, che popolano la rete. Lo ha scritto molto bene Galatea. Allo stesso modo non esiste un giornalismo su carta e uno su web, esiste il giornalismo che trova nei vari mezzi di comunicazione la via più adatta di trasmissione. Sergio Maistrello me lo ha ricordato almeno in un paio di occasioni. Il mondo, in sostanza, continua a dividersi in stupidi e meno stupidi e la discrasia è rimasta invariata finanche in rete. Ora, intendiamoci. Non sto insinuando che Spider Truman e i suoi proselitismi facciano breccia esclusivamente sugli stupidi e che noi altri “luminari” siamo la parte buona che aveva capito tutto e subito. Sto soltanto cercando di dire che se monta la rabbia (e solo quella, pur comprensibilmente), si perde la ragione. Che l’opera di Spider Truman sia da ritenersi utile anche se scopiazza qua e là “segreti” anticasta già rivelati poiché li rende noti a chi era rimasto indietro, è vero solo su carta. Piuttosto si tratta di una tipica strategia di marketing politico, affabulatrice come tutte le altre spesso disprezzate e vituperate. Io, ad essere onesti, non ci sto a farmi comandare la “rivoluzione” in questo modo né intendo inneggiare a chi si cela dietro l’anonimato (un espediente da era giurassica, ormai) per sobillare le persone a proprio tornaconto. Per favore, ricominciamo ad occuparci delle cose serie.