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Ma anche al volante si diverte. E sogna un’auto ecologica. A batteria.
Mia Martini, signora e cantautrice. È tornata a cantare, dopo un lungo silenzio volontario, durato dieci anni e interrotto soltanto qui e là. Motivi personali, vicini al cuore. Il silenzio dev’essere una condizione abbastanza naturale, per questa ragazza nata con un nome così domestico, familiare: Domenica. Detta Mimì. Ma non per via della fioraia (pucciniana, malata e parigina), ma per un vezzo di casa, molto meridionale. Mimì, un nome svelto e allegro, per chiamare una bimba un poco schiva, invece. Mimì, comunque, serviva bene, per la vita di casa. Ma, come nome d’arte, si dimostrò inadatto. Perché di cognome, poi, questa Mimì si chiamava Berté, accidenti agli accenti. Era accaduto, dunque, che, agli inizi degli anni settanta, Alberico Crocetta, l’inventore del Piper a Roma, talentscout prodigio, capisse che la signorina Domenica aveva tanta voce in cuore da poter incantare anche le platee meno disposte ad ascoltare fino all’applauso.
Ma che ci scriviamo sopra i manifesti? “Mimì Berté”sapeva di caricatura, un nome esagerato; il pensiero correva a quel cafè-chantant che suggeriva immagini non pertinenti, anzi ingiuste, persino impertinenti. Alberico Crocetta sapeva pensare, E gelò la situazione in questo concetto: il cognome da scegliere dev’essere familiare anche alle orecchie più straniere, Dev’essere italiano, ma non creare problemi per la retta pronuncia, Di parole così, in italiano ne abbiamo solo tre: pizza, spaghetti e martini (aperitivo principe, inventato da un ragazzo di genio, di cognome Martini, oriundo d’Arma di Taggia, assunto al bar dell'Hotel Knickerbocker di New York nel 1906; il primo a gradire il martini di Martini fu John D. Rockefeller, l’uomo più ricco del mondo: gli altri vennero dopo). Tra i tre nomi, non sembrò il caso di contrastare la scelta di Martini. E Mimì diventò Mia, perché le piaceva il nome di Mia Farrow e c’era anche il gusto di appropriarsi, ancora più intimamente, di sè.
Mia Martini, dunque, dapprima cantante di musiche altrui (Piccolo uomo, Minuetto, Donna sola) investe gli anni settanta con questa voce che soffre in maniera dura, evidente. Una voce che cerca le sue pene più alte proprio lassù, dove il pentagramma ha le sue nevi intatte. E’ il successo. A questo punto, ecco l’evento straordinario del ‘77: arriva la tournée con Charles Aznavour, girandola d’emozioni, fino al trionfo: all’Olympia di Parigi. Ma è qui, che arriverà il silenzio. Per dieci anni. Una storia d'amore, naturalmente. Perché una donna può soltanto tacere per amore, avendo quella voce.
E l’auto? Dice Mia Martini Certo, mi diverte guidare. Un gioco, ecco cos’è. Di meccanica non so proprio nulla, La manutenzione, credo che si chiami così, non è materia per me.
L’altro giorno...». L’altro giorno ha rischiato. Per fortuna, alla fine è riuscita a fermarsi. La signora non vive in città. Frequenta la città, che poi è più spesso Roma, ma la sua casa è a Calvi dell’Umbria, in provincia di Terni. Giusto un niente d’arteria provinciale e c’è subito l’Autostrada del Sole. Dall’altro capo, Roma. In città, non guido, spiega Mia Martini.. E dice anche una cosa precisa: ora ha una Tipo Dgt, e quando la cambierà ne prenderà un’altra italiana.
Continuerà ad arrivare a Roma, la metterà diligente in garage e chiamerà il solito taxi. Guidare non l’affascina, anche se la diverte. Ora in Italia si fanno delle macchine belle, con la faccia simpatica. C’è gusto ad averne una. Specie adesso che si parla di vetture ecologiche, come la Panda, che va addirittura a batteria. Vivere in campagna spiega la signora, è una continua lezione. Una lezione d’amore per la Natura, e nella sua forma più chiara. Chi vive in città non ha un contatto serio con l’ambiente. Vorrei un’automobile capace di non inquinare, se esiste. Esiste? Ci farò un pensierino. Sarà una scelta meditata, E sorride. Ma le canzoni? E’ uscito, appena ieri, un nuovo disco pieno di passioni, di lancinanti assoli. Ora riprenderò, e proprio per la gioia di cantar bene cose scritte, sofferte da persone diverse da me. Interpretare è molto bello, penetrare i significati, segnare con la matita blu, ma il cuore degli altri….. Intervista di Marco Mascardi 1990
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