la mia piccola Venezia sulla terraferma

Da Martina Frattini @frattini88

Tempo di esami. Treviso.

Il tempo continua ad essere poco clemente. Lo studio ti assilla. Hai una dipendenza dai muffin e dall’acutil fosforo.

Impari tante cose su come si gestisce un’azienda, anche se non sai ancora gestire te stessa.
Vedi posti, conosci persone, ridi, piangi, ti fai venire il panico.
Meno male che c’è Real time, con i suoi programmi tanto deliranti quanto geniali che ti tengono compagnia.
 

Hai due nuove mutande, 3 nuove magliette, 2 nuovi vestitini, una nuova gonna e una nuova cinturona a vita alta. Compri regali, perché le persone che non sono con te ti mancano un po’ e perché hai la sindrome da shopping compulsivo come l’amica di tua nonna.
 

Dormi in letti sconosciuti come se fossi nel tuo, non senti la mancanza del tuo quotidiano, perché il tuo quotidiano sei tu, ovunque tu sia. Forse è per questo che ti piacciono così tanto le tartarughe, perché hanno la casa sopra la testa, o meglio sono loro stesse la loro casa. Un concetto di perfezione unica. Le tue poi sono bellissime, le più belle del mondo (Gheochelone elegans). E’ come se le loro case fossero state progettate da architetti famosi.
 

Mangi a tutte le ore, non dormi mai, cammini tanto. Continui a cambiarti perché non ti senti mai a posto, poi decidi di passare un giorno in pigiama per compensare.
Capisci da queste piccole cose di essere una persona instabile, ma in fondo ti piaci così: tu e le tue mille piccole fragilità.
 

Pensi intensamente di partire, di fare il viaggio. Sì, perché fino ad ora i tuoi sono sempre stati viaggi di ritorno, ritorno in qualche posto che chiami casa. Sempre brevi, inesperienziali, accompagnata da piccole valigie con dentro tutti i frammenti della tua vita.
Senti forte il bisogno di fare un viaggio vero, un viaggio di partenza, senza meta, senza progetti. Una scatola vuota tutta da riempire d’esperienza. Senti che i tuoi occhi hanno bisogno di vedere cose, il tuo naso necessita di odorare profumi e il tuo cervello vuole ragionare sulla diversità e sull’ignoto. Vuoi partire con la valigia vuota, vuota di te e del tuo mondo, per tornare a casa con una nuova capienza, emotiva, più che fisica.
Solo allora potrai essere veramente completa, o almeno è quello che speri.
 

Peccato che tu ti sia dimenticata l’i pod a casa e sul treno non riesci a dormire, per colpa della solita famiglia di animali (madre, ragazzina e bambino) che urlano ed ascoltano la musica (improponibile) a volume massimo. Forse anche loro hanno dimenticato le cuffie a casa o forse semplicemente nessuno li ha mai insultati a dovere. Lo faresti tu, ma non hai nemmeno la forza per alzarti (e per insultare per bene la gente si deve essere carichi). Ti addormenti come sempre quando mancano dieci minuti.
 

In realtà questo ultimo viaggio non è andato poi così male.
Una tua amica ti ha portato da Padova il braccialetto con il metro che volevi da un sacco.



 http://www.ilcentimetro.it

In questo viaggio hai imparato che gli scout non sono solo un branco di sfigati con sciarpine colorate al collo, ma che per alcune persone sono importanti perché infondono sicurezza, che in siciliano la birra si dice bira e che il burro d’arachidi è schifoso, ma è buonissimo sui biscotti. Hai insegnato che in italiano birra si dice birra e che il caffè croato è il più buono del mondo, almeno secondo te. 



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