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La mia prima India 1#

Creato il 26 ottobre 2013 da Chandy
Ti ho vista dai finestrini dell'aereo,era notte e quelle lucine soffuse viste dall'alto hanno fatto brillare il mio cuore.
Man mano che l'aereo scendeva sentivo già il tuo abbraccio e ricordo che ho subito pensato nonostante tutto quello che dicono di te sei buona 
Ricordo il primo impatto,appena scesi dall'aereo,quell'aria umida e dolciastra che si spingeva addosso a chi arrivava e si cuciva come una seconda pelle senza possibilità di scelta.
Il piccolo aeroporto,avvolto dal silenzio,sembrava così squallido,spoglio,sudicio.
C'erano solo quelli del nostro volo e accodandoci ai turisti che sembrano più sicuri ,siamo scesi al piano inferiore,convinti di prendere subito i bagagli.
Qualcuno ci ha infilato tra le mani un modulo da compilare e abbiamo aspettato tra quei vecchi pensionati.
Eravamo gli unici italiani e ci sentivamo un pò smarriti.Non sapevamo cosa scrivere nella voce indirizzo a Goa ma poi mi è venuto in mente il nome della pensioncina che il nostro amico ci aveva già prenotato.
Oceanic.
Quando sono andata in bagno,una signora indiana piccina, che era sull'uscio della porta, si è infilata dentro con me.
I bagni erano sporchi,ovviamente.Davanti al rubinetto per lavarmi le mani,lei mi ha preceduto,ossequiosa,aprendo il getto.Stordita dal volo, tutto appariva così ovattato,come un sogno lucido.
Mi ha versato del sapone misto ad acqua da una bottiglietta vecchia.Con quello strano miscuglio è caduto anche un insetto morto dalla bottiglia.Nonostante la nausea,ho fatto l'indifferente.
Dal rotolo di carta igienica che aveva tra le mani,ha strappato un pezzettino sottile che mi ha dato per asciugarmi e in me  il senso di disagio aumentava insieme allo sporco.
Nelle tasche non avevo soldi per lei che comunque non ha fatto una piega ed è andata oltre.
Ho pensato che era la prima volta che sentivo le mani sudicie,dopo essermele lavate per giunta.
Non la dimenticherò mai.
Un chicco di grano può racchiudere l'infinito
Remy De Gourmont

Vi era già vicino al nastro ad aspettare gli zaini,intorno delle signore altezzose che non muovevano un dito mentre degli uomini indiani,uno per donna, portavano i carrelli,poi prendevano per loro i bagagli dal nastro.
E' stato strano (anche se adesso vedo fare la stessa cosa qui,ma sono le giovani signore salentine e le buste gliele portano i giovanotti senegalesi per qualche spicciolo)
Verso l'uscita un uomo in divisa mi ha fermata con garbo niente da dichiarare?
E io mezza impaurita no no! Siamo scoppiati a ridere insieme.
Deva,l'autista, era già lì,con un cartello in mano Chandana,Vincenzo
I nostri amici gli avevano detto di venire con calma a causa dell'orario,si conoscono da una vita,da quando faceva un altro lavoro e l'hanno visto crescere,diventare uomo e sposarsi.
Lui però era già lì (E' il mio lavoro,ha detto deciso) , sveglio e sorridente,nei suoi baffoni.Si è rivelato subito un gran chiacchierone.
Dicono che l'arrivo in India sia  traumatico,ma non per noi.I nostri cari ci hanno preparato una rete d'atterraggio,facendo in modo che l'impatto fosse dolce.
Volevamo arrivare a Bombay ma non c'è stato verso.
Venite direttamente a Goa ed hanno insistito così affettuosamente che abbiamo fatto così.
Per noi la prima India (quella dei primi istanti,dei primi giorni) è stata Goa...anche se molti dicono che Goa non è l'India ma su questo non sono d'accordo.
(E' come dire che il Salento non è l'Italia,solo perchè ha delle caratteristiche differenti dalle altre regioni)
Dipende cosa si cerca,cosa si vuol vedere.
In macchina Deva parlava,mostrandoci gli alberi con i frutti nonostante il buio.Si vedevano solo le sagome amichevoli come a dire benvenuti!
Nei pressi di un ponte ha rallentato il veicolo per mostrarci le barche dei pescatori nel mare.
(Ricordo la bottiglia d'acqua con il tappo sigillato,ben riposta dietro il sedile,da parte dei nostri amici)
Lungo la strada deserta sbirciavo curiosa dai finestrini,guardavo le casette...ho visto un indiano che dormiva in veranda su una sedia.
Dopo un'oretta circa siamo arrivati a Candolim,Deva ci ha mostrato dei punti di riferimento che ci sarebbero tornati utili per orientarci nei giorni successivi.
Il primo è stato il Bob's Inn,un buon ristorante, da quanto ci è stato detto.
Il furgoncino di Deva si è infilato per stradine strettissime (che nei giorni seguenti avrei amato e sentito mie ) portandoci davanti la nostra piccola pensione spartana a due passi dal mare.
Si tratta di un posto che non si trova sulle guide o su internet,come se non esistesse,collegato ad uno shack sulla spiaggia,frequentato per lo più da meditatori che sono approdati negli anni 60.
Mai contatto con una terra straniera è stato più dolce per me.
Nei giorni seguenti ho visto per la prima volta il villaggetto di capanne a due passi da casa.I bambini giocavano divertendosi con un niente,le donne sempre intente a ramazzare, lavare panni,oppure sedute sulle porte.
Un banyan maestoso a proteggerli.
C'era una bambina che dormiva sotto l'albero mi ha detto Vì il primo giorno,al ritorno da un'uscita con C.
A Candolim vivevamo nella nostra piccola oasi silenziosa,un pezzettino di giungla,niente a che vedere con la porzione del paese che si snoda dalla parte opposta di Calangute,dove ci sono ristoranti e localini frequentati prevalentemente da russi.
Noi bazzicavamo tra le palme, percorrendo le stradine rosse,costeggiando le case portoghesi,sostando vicino ai banyan,sorvolati dai corvi.
Ogni tanto venivamo invitati alle serate musicali tenute dai "vecchi"sannyasin.
Qualcuno suonava la chitarra,noi altri si cantava o qualcuno danzava (anche io! ),poi ci salutavamo presi per mano,in cerchio.
Allora poteva capitare di avere accanto un russo o una giapponese,era una bellissima sensazione.
Ricordo la prima cantata,a poche ore dall'arrivo,c'era la luna piena.
Un'altra sera,sotto il chiarore della luna,abbiamo raccolto i frangipani caduti dall'albero,che profumo!
Terminavano alle dieci di sera precise,a quell'ora non c'era già  più nessuno in giro.Una volta tornati a casa,  sostavamo sul balconcino a leggere e sgranocchiare qualcosa.Poi andavamo a letto e la nostra copertina dei sogni era il rumore del mare.
In quei primi giorni di assestamento ci spostavamo sulla strada asfaltata solo per andare al piccolo supermercato a fare la spesa e curiosare tra scaffali d'incensi e biscotti e cosmetici Himalaya, o al baracchino accanto,a bere dal cocco,stupendoci della maestria con cui veniva aperto!
In uno di quegli attimi felici,mi sono affacciata oltre l'angolo per vedere cosa ci fosse e basita ho scoperto la fila di catapecchie fatiscenti e silenziose.Ci siamo anche noi,dicevano,nascoste ma ci siamo.
A volte, i vicoletti ridenti della nostra zona,si oscuravano per qualche scena strana  ai nostri occhi occidentalizzati come la donna che frugava la spazzatura per raccogliere le bottiglie di plastica oppure i ragazzi che lavoravano con un cesto di pietre sulla testa,per poche rupie al giorno.
Ma nelle ore seguenti ti colpiva non quello che coglievi a prima vista,quanto ciò che realizzavi.
La tranquillità,lo sguardo sereno,la scioltezza nei movimenti
Saprei camminare ugualmente con fierezza,saprei apprezzare il momento in quelle circostanze come quel ragazzo che camminava tranquillo con chili di pietra in testa canticchiando la musica che proveniva  dal piccolo cellulare che adagiato nella tasca posteriore dei jeans?

La mia prima India 1#

Dove pasteggiavano i corvi e il toro


La mia prima India 1#

Lungo la strada della spesa


La mia prima India 1#

Sempre lungo la strada della spesa


La mia prima India 1#

"Casa"


La mia prima India 1#

"La casa dei fantasmi"


La mia prima India 1#

Al mercato dei locali


La mia prima India 1#

Lavoratore (forse)  rassegnato 


Le foto più belle sono quelle che non ho scattato,quegli attimi improvvisi,sacri,illuminati.Gli scatti del cuore.
Come la vecchina secca secca che, china per terra e avvolta in religioso silenzio, sistemava ordinatamente il pesce secco (Proprio vicino alla a casa dove vedevamo sempre i porcellini selvatici)
I bambini che,nei pressi del bouganville,giocavano con una lametta arrugginita,come se fosse il tesoro più prezioso.
Quelli che ci chiedevano one rupee il primo giorno,che non avevamo ancora cambiato soldi ( e che poi non abbiamo visto più)
Le immagini veloci,colte dal finestrino della macchina, dei piccoli templi,con gli altoparlanti che diffondevano i canti a tutto volume e la gente del posto che entrava e usciva o che sedeva nelle sedie di plastica.
E quei momenti dentro il bus per andare al mercato.Tranne noi tre erano tutti indiani.E stavamo tutti stretti stretti e calmi.
Il sapore dei primi Idli,in un locale non frequentato da turisti a Calangute, con C.che ci faceva scivolare, a fine colazione,quegli "zuccherini" di anice colorato tra le mani,per poi masticarli e sputarli nel fazzoletto.
Il primo rickshaw preso sempre con lui e lo stupore di sentirlo dire delle frasi in hindi al conducente.
Il nostro amico,padre adottivo,che in una vita sola ha vissuto mille vite come dice Vì.
Gli occhi trasparenti della J.
Le vecchina del Rajasthan al mercato,rannicchiata nei colori sgargianti del suo abito,il visino rugoso.
Un signore uguale a Gandhi,ad Arambol,e lo stupore di sentirlo poi parlare in italiano.
Gli hippies incartapecoriti.
Il nastro adesivo marrone,sui finestrini del bus notturno per Hampi,il senso di libertà che non si può fotografare.



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