Di Valentino Garavani mi ha sempre colpito l’orgoglio che comunica con la sua figura, i suoi gesti e le sue parole. L’origine ne deve essere la consapevolezza di avere realizzato qualcosa di davvero importante, ma alla base non può che esserci l’umiltà del lavoro, il mettersi continuamente alla prova, come ha fatto ancora una volta, nonostante il suo ritiro, con l’impresa del primo museo virtuale della moda. L’originalità del progetto dimostra come non si tratti di un’operazione nostalgica, bensì di una nuova pagina nella storia della comunicazione della moda. Non appena conclusa la diretta della conferenza stampa di presentazione del “Valentino Garavani Virtual Museum” non ho resistito alla tentazione di scaricarlo immediatamente e concedermi un viaggio virtuale attraverso 45 anni di carriera.
Ad accogliere all’ingresso c’è la medesima teca rossa della mostra all’Ara pacis, e poi 8 aree raggiungibili con qualche clic del mouse. Si inizia con Themes&Variations, una serie di sale tematiche. White: con la collezione p/e 1968 in cui la V sostituì la fibbia della cintura e diventò i bottoni delle tasche, e abiti celebri come quello del ’91 con la scritta pace nelle diverse lingue, o l’abito del 2006 oggetto di una simpatica sequenza de’ “L’ultimo imperatore; black&white: dai grafismi degli anni’60 ad un sofisticato optical degli anni’80, passando per i pois e non tralasciando l’abito della collezione a/i ’91-92 che poi indossò Julia Roberts quando vinse l’Oscar; black: una serie di abiti in cui alla monotonia del colore fa da contro altare la singolarità e òa grande cura dei particolari, tra piume, ricami e paillettes; animal prints: Valentino è stato uno dei primi stilisti ad utilizzare questo tema iconografico nella moda, in particolare il leopardo e la zebra; embroddery: una sezione in cui la minuzia delle lavorazioni a servizio di un ecletismo culturale e ispiratorio; red: il giusto trionfo per una tinta di colore diventata un simbolo riconoscibile e riconosciuto in tutto il mondo.
La seconda sezione è intitolata Very Valentino, si tratta di una lunga galleria del tempo divisa per decenni in cui si sintetizza il lavoro del maestro attraverso gli abiti più rappresentativi e le immagini più celebri. Si prosegue con Valentino&Giammetti, una sezione che presenta due interviste a questa indissolubile (professionalmente) coppia: il maestro svela interessanti aneddoti su abiti celebri come quello del matrimonio di Jackie Onassis, Giammetti racconta invece il loro primo incontro nella Roma della Dolce Vita.
Valentino seen by…presenta diverse sale: ci sono i ritratti dello stilista (dal dipinto pop di Andy Warhol fino allo scatto di La Chapelle in Piazza di Spagna), una serie di illustrazioni di grandi artisti e infine gli scatti dei più celebri fotografi del secolo chiamati a raccontare la moda di Valentino (la mia preferita è quella in cui l’etoile Alessandra Ferri è ritratta danzando con un abito rosso): foto senza tempo, eleganti, ma anche sensuali (i nudi di Herb Ritts). Library è un vero e proprio archivio storico in cui pre ogni decennio sono raccolti collezioni, redazionali, bozzetti e ben 95 video di sfilate a partire dal 1977. Non appena entrati in Muses&Friends ci si trova di fronte un cubo su cui scorrono le immagini dei personaggi che gravitano attorno al mondo Valentino: le grandi star del cinema di ieri e di oggi (Jane Fonda, Angelica Houston, Audrey Hepburn, Virna Lisa, Gwyneth Paltrow per citarne alcune), l’aristocrazia che è sempre stata sedotta dall’eleganza e ricchezza dell’alta moda, le modelle da Penelope Tree e Veruschka a Naomi e Linda Evangelista.
Exhibitiones&Events raccoglie i video di alcune importanti manifestazioni che hanno segnato le pagine più importanti della storia del marchio: la mostra al MET del 1982, il party dei 40 anni a Los Angeles, le celebrazioni romane dei 45 anni di carriera, il White Fairty Love Ball del 2011. Infine Maison Valentino getta un occhio sul futuro del brand che è sopravvissuto al suo fondatore e che con l’eccellente lavoro di maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli sta ridisegnando l’eleganza contemporanea.
Se non siete tra i 10mila che hanno già scaricato il Museo nelle prime 30 ore fatelo subito, è semplicissimo!